Meraviglioso pomeriggio cultural-rievocativo, merito di un signore dalla cultura impressionante, dal dolce e tenero parlare, dai modi pacati, seri e sempre ben misurati. Correva l'anno 1981, quando ha pubblicato il suo libro sul paesello di montagna in cui ha deciso di vivere, lavorare e crescere la sua numerosa famiglia, oggi tutta lì riunita ad ascoltarlo per omaggiare la sua forza intellettuale.
Eravamo tanti, seduti di fronte a lui, a gustare le sue parole di spiccato elogio per la terra etrusca da valorizzare, mantenere, conservare, curare, proteggere e soprattutto amare.
Il suo amore per la scoperta, lo studio e il confronto penso che oggi non abbia eguali in questo angolo di Tuscia.
Il libro che oggi ha visto la seconda edizione merita considerazione e apprezzamenti intanto perché rivisitato e corretto con il cuore e con la mente, nella ferma convinzione che solo con il lavoro e la dedizione allo studio si possono generare quel consenso e quell'interesse utili a salvaguardare il nostro patrimonio storico-artistico.
Grazie Valentino per questo ulteriore strumento di conoscenza.
domenica 30 marzo 2014
venerdì 28 marzo 2014
CHI HA UCCISO PIER PAOLO PASOLINI?
Quarto incontro nella sala consiliare del Comune, questo pomeriggio si parla di Pier Paolo Pasolini. Quando si affrontano delitti irrisolti - e il Salotto alle sei ha come sottotitolo il lato oscuro del Belpaese - non si può non discutere dell'uccisione di Pasoloini, che tanto appassiona ancora.
Arrivano a gruppetti le persone e la sala si riempe tutta, tanto che si cercano sedie anche nelle altre stanze adiacenti. Ritardo a parte, l'incipit del moderatore è sempre lo stesso (bisogna tener conto che molti non sono mai venuti e quindi non l'hanno mai ascoltato).
Vengono presentati i due ospiti, con tanto di incarico prefesssionale, si tratta di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti.Il loro è un libro che tenta di ricosruire tutti i tasselli, le ultime ore di vita del regista, sul lido di Ostia.
Come sempre c'è una verità processuale, una verità accettata dai più, che cozza incredibilmente con le inchieste, alcune dichiarazioni rilasciate ai giornali e le varie ritrattazioni dei testimoni che nel corso degli anni aggiustano il tiro, si decidono a svelare i veri misteri di cui sono centro propulsore.
Anche per Pasolini è così, intanto perchè Pelosi dalle indagini è risultato l'unico colpevole, fino a quando non ha ritrattato con la scusa che era stato intimidito. Durante tutto l'incontro si mette più volte in evidenza che la morte di Pasolini non è collegata ai suoi "gusti sessuali" o almeno non solo a quelli, un ragazzo di strada non può aver compiuto un crimine così terribile da solo e ci sono le prove, come i soldi nella macchina di Pasolini, la descrizione del ragazzo, che ha cenato con lui al ristorante, che non combacia con l'indiziato, e ancora tante altre incongruenze che non fanno altro che avvalorare la tesi di un complotto, o almeno di un'oscura regia dietro a tutto. Pasolini era un intellettuale a 360°, aveva grande carisma e presa sui lettori del Corriere, su cui comparivano i suoi editoriali scomodi, che denunciavano la colpevole connivenza della politica con la corruzione e il degrado sociale..
I due autori si passano la parola, pacati, citano a memoria date, nomi, fatti e cercano di schiarire alcune ombre sulla morte di Enrico Mattei, sul conseguente avanzamento di carriere di Cefis, sullo scritto lasciato incompiuto da Pasolini e rimasto in attesa di pubblicazione per ben 17 anni.
Petrolio, questo il titolo del libro incompiuto, è composto da una serie di appunti numerati, perché così lo voleva l'autore, che alcuni ritengono profetici, ma non bisogna certo arrivare a tanto per apprezzarne comunque la forza di denuncia e di intuizione.
Quindi la verità, pur essendo molto vicina, ancora ci sfugge.
Arrivano a gruppetti le persone e la sala si riempe tutta, tanto che si cercano sedie anche nelle altre stanze adiacenti. Ritardo a parte, l'incipit del moderatore è sempre lo stesso (bisogna tener conto che molti non sono mai venuti e quindi non l'hanno mai ascoltato).
Vengono presentati i due ospiti, con tanto di incarico prefesssionale, si tratta di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti.Il loro è un libro che tenta di ricosruire tutti i tasselli, le ultime ore di vita del regista, sul lido di Ostia.
Come sempre c'è una verità processuale, una verità accettata dai più, che cozza incredibilmente con le inchieste, alcune dichiarazioni rilasciate ai giornali e le varie ritrattazioni dei testimoni che nel corso degli anni aggiustano il tiro, si decidono a svelare i veri misteri di cui sono centro propulsore.
Anche per Pasolini è così, intanto perchè Pelosi dalle indagini è risultato l'unico colpevole, fino a quando non ha ritrattato con la scusa che era stato intimidito. Durante tutto l'incontro si mette più volte in evidenza che la morte di Pasolini non è collegata ai suoi "gusti sessuali" o almeno non solo a quelli, un ragazzo di strada non può aver compiuto un crimine così terribile da solo e ci sono le prove, come i soldi nella macchina di Pasolini, la descrizione del ragazzo, che ha cenato con lui al ristorante, che non combacia con l'indiziato, e ancora tante altre incongruenze che non fanno altro che avvalorare la tesi di un complotto, o almeno di un'oscura regia dietro a tutto. Pasolini era un intellettuale a 360°, aveva grande carisma e presa sui lettori del Corriere, su cui comparivano i suoi editoriali scomodi, che denunciavano la colpevole connivenza della politica con la corruzione e il degrado sociale..
I due autori si passano la parola, pacati, citano a memoria date, nomi, fatti e cercano di schiarire alcune ombre sulla morte di Enrico Mattei, sul conseguente avanzamento di carriere di Cefis, sullo scritto lasciato incompiuto da Pasolini e rimasto in attesa di pubblicazione per ben 17 anni.
Petrolio, questo il titolo del libro incompiuto, è composto da una serie di appunti numerati, perché così lo voleva l'autore, che alcuni ritengono profetici, ma non bisogna certo arrivare a tanto per apprezzarne comunque la forza di denuncia e di intuizione.
Quindi la verità, pur essendo molto vicina, ancora ci sfugge.
Se fossimo tutti un po' di versi
Ho appena finito di leggere il libro di I. C. Felline ai miei pargoli, non è stato facile catturare al primo colpo la loro attenzione.
Non è una lettura "leggera e scorrevole", perché vengono affrontati temi particolari, speciali direi, che cozzano con il momento di relax abituale che ci concediamo a fine giornata. Proprio così, dal momento che filo rosso conduttore è la diversità, la stranezza, la particolarità che destabilizza, fa sorgere spontanee tante domande scomode e a cui è difficile rispondere.
Perché l'usignolo non vuole cantare, ma suona il violino? Perché la farfalla ha due teste? Il lupo vegetariano è lo stesso che mangia Cappuccetto Rosso?
La Felline è bravissima a sviluppare storie in rima, che questa volta non coccolano ma lasciano perplessi.
In classe i bambini non sono tanto teneri e comprensivi con il diverso, lo strano, il particolare e anche i genitori tendono a guardare con "sospetto" chi si distingue, magari semplicemente nel modo di vestire. Ho conosciuto questo libro proprio grazie alle mie amiche maestre, che lo ritengono un buon strumento di lavoro per affrontare un tema tanto delicato quanto attuale.
Chi è diverso?
La scrittrice dà vita a tanti animali che, secondo una "legge del contrappasso", nascono diversi dal resto del gregge e del gruppo, vanno contro natura e si ritrovano soli, emarginati, ma fieri di sentirsi se stessi e basta, senza convenzioni. Allora l'orso bruno vorrebbe volare, ma si allena in gran segreto, il riccio invece ha un pelo anomalo e buffo, perfetto per modellare il ciuffo alla Elvis Presley e ancora la talpa mostra tutto il suo fegato uscendo allo scoperto, perché amante del sole.
Non è una lettura "leggera e scorrevole", perché vengono affrontati temi particolari, speciali direi, che cozzano con il momento di relax abituale che ci concediamo a fine giornata. Proprio così, dal momento che filo rosso conduttore è la diversità, la stranezza, la particolarità che destabilizza, fa sorgere spontanee tante domande scomode e a cui è difficile rispondere.
Perché l'usignolo non vuole cantare, ma suona il violino? Perché la farfalla ha due teste? Il lupo vegetariano è lo stesso che mangia Cappuccetto Rosso?
La Felline è bravissima a sviluppare storie in rima, che questa volta non coccolano ma lasciano perplessi.
In classe i bambini non sono tanto teneri e comprensivi con il diverso, lo strano, il particolare e anche i genitori tendono a guardare con "sospetto" chi si distingue, magari semplicemente nel modo di vestire. Ho conosciuto questo libro proprio grazie alle mie amiche maestre, che lo ritengono un buon strumento di lavoro per affrontare un tema tanto delicato quanto attuale.
Chi è diverso?
La scrittrice dà vita a tanti animali che, secondo una "legge del contrappasso", nascono diversi dal resto del gregge e del gruppo, vanno contro natura e si ritrovano soli, emarginati, ma fieri di sentirsi se stessi e basta, senza convenzioni. Allora l'orso bruno vorrebbe volare, ma si allena in gran segreto, il riccio invece ha un pelo anomalo e buffo, perfetto per modellare il ciuffo alla Elvis Presley e ancora la talpa mostra tutto il suo fegato uscendo allo scoperto, perché amante del sole.
Libro adatto:
a bimbi grandicelli e adulti curiosi che possono afferrare a pieno il messaggio di coraggio a vivere serenamente la propria particolarità;
a tutti i lettori amanti di rime e filastrocche ben orchestrate;
ad appassionati di ogni età che fagocitano ogni tipo di storia, purché divertente e ben illustrata
mercoledì 26 marzo 2014
Nemo Propheta In Patria - Nessuno è profeta nella sua patria
Lo affermano anche i Vangeli (Luca 4, 24; Matteo 13, 57, Marco 6, 4, Giovanni 4, 44) figuriamoci se posso io cambiare la storia.
Ho sempre messo a disposizione della comunità le mie competenze, dai tempi degli studi universitari collaboro con scuole, varie associazioni, la parrocchia, per il bene comune, piccolo ma significativo contributo. Certo il mio impegno è proporzionale al tempo che ho libero da famiglia, casa, "lavoro"... Comunque, ho attivamente collaborato, narrato, spiegato, letto sempre volontariamente e altrettanto gratuitamente continuerò, perché mi piace, mi dà soddisfazione e posso mettere in campo le mie conoscenze.
Mi hanno cercato, telefonato, convocato, scelto quando si è trattato di sostenere un calendario estivo di incontri culturali ed uno invernale di conferenze. Poi il nulla.
In questi giorni nel piccolo paese di montagna qualcosa si è svegliato: in fase di preparazione l'ho saputo per vie traverse, invece a cose fatte ho letto gli inviti e i cartelloni pubblicitari. Avrei tanto voluto partecipare ai preparativi, consigliare, scrivere, etichettare, sempre aggratis naturalmente, ma no nessuno mi ha cercato o ha chiesto un mio parere, un intervento. Peccato.
Chiamatela ripicca, atteggiamento infantile, ma questa è la mia intenzione, parlerò di ciò che è accaduto e accadrà alle falde del Cimino se e quando lo riterrò opportuno.
Ho sempre messo a disposizione della comunità le mie competenze, dai tempi degli studi universitari collaboro con scuole, varie associazioni, la parrocchia, per il bene comune, piccolo ma significativo contributo. Certo il mio impegno è proporzionale al tempo che ho libero da famiglia, casa, "lavoro"... Comunque, ho attivamente collaborato, narrato, spiegato, letto sempre volontariamente e altrettanto gratuitamente continuerò, perché mi piace, mi dà soddisfazione e posso mettere in campo le mie conoscenze.
Mi hanno cercato, telefonato, convocato, scelto quando si è trattato di sostenere un calendario estivo di incontri culturali ed uno invernale di conferenze. Poi il nulla.
In questi giorni nel piccolo paese di montagna qualcosa si è svegliato: in fase di preparazione l'ho saputo per vie traverse, invece a cose fatte ho letto gli inviti e i cartelloni pubblicitari. Avrei tanto voluto partecipare ai preparativi, consigliare, scrivere, etichettare, sempre aggratis naturalmente, ma no nessuno mi ha cercato o ha chiesto un mio parere, un intervento. Peccato.
Chiamatela ripicca, atteggiamento infantile, ma questa è la mia intenzione, parlerò di ciò che è accaduto e accadrà alle falde del Cimino se e quando lo riterrò opportuno.
lunedì 24 marzo 2014
Pomeriggio FAI
Sembra proprio così, perciò siamo stati costretti a disdire la prenotazione per la visita naturalistica di Torre Alfina, frazione di Acquapendente.
Troppa la delusione per i miei pargoli. Decisione presa al volo, cambio di destinazione, si va a Bassano Romano, c'è il castello Giustiniani-Odescalchi aperto al pubblico.
Abbiamo effettuato la mossa giusta spostandoci presto, il pranzo domenicale blocca a tavola molte persone. Dopo aver sostato in un'anticamera in attesa che si formasse il gruppo, è partita la visita di questo splendido maniero dal cortile centrale al piano terra: la prima raccomandazione delle nostre guide riguarda il corrimano, troppo pericoloso per usarlo per salire al primo piano...
Le due volontarie del FAI che ci spiegano stanza dopo stanza la decorazione dei soffitti sono veramente brave, pacate, scelgono parole semplici, richiami culturali e storici al momento giusto, anche i miei bimbi grandicelli seguono con attenzione. Non è la prima volta che visito questo gioiello viterbese, ma la descrizione oggi mi piace particolarmente, le scene realizzate dalla scuola dei Carracci sono sorprendenti e spiegate così ti catturano ancor meglio.
Il percorso dura circa un'ora e mezzo, le signorine si congedano e scatta l'applauso del gruppo soddiscfatto, all'uscita chi non ha ancora contribuito lascia un'offerta nel bussolotto.
I visitatori intanto si accalcano all'entrata, i volontari cercano di soddisfare tutti formando gruppi di circa venticinque persone con a capo una sola guida.
Interessante la dimora che è stata set cinematografico de "Il Gattopardo" e "Il Marchese del Grillo" oggi completamente spoglia, priva di arredi e suppellettili, ma assolutamente da gustare quando grazie al FAI vengono aperti i suoi cancelli.
domenica 23 marzo 2014
Pomeriggio culturale viterbese: da "Profondo Jonio" a "Angelo Bernini"
Sabato pomeriggio ricco di iniziative viterbesi, roba da non crederci.
Ore 17:00 l'appuntamento è all'ICULT - ex mattatoio di Valle Faul, dove viene presentato, a cura di ProgettArte 3D, il libro di Valerio De Nardo "Profondo Jonio". Arrivo precisa, una decina di persone aspetta su strada, perché il portone d'ingresso è ancora serrato, intanto giunge un buon uomo, passeggino e pargoli al seguito che velocemente apre e, disattivato l'allarme, ci fa entrare. Velocemente prendiamo posto, intanto arrivano altre persone, alcune "celebrità" e il sindaco. Si inizia con quell'abbondante quarto d'ora accademico.
Sulla pedana rialzata ci sono le sedie di pelle colorata, prendono posto Daniele Camilli, la moderatrice Giuseppina Del Signore, l'autore e Luciano Dottarelli. Saluti e ringraziamenti obbligatori, ma ci si dimentica di presentare, prima di iniziare, gli ospiti, non si spiegano le loro qualifiche, il motivo per cui proprio loro commenteranno l'opera.
Prima domanda: si tratta di una storia di fantasia o è il vissuto dell'autore? De Nardo spiega che si tratta di un libro costituito da tante storie, scritte negli anni, non c'è un vero protagonista, ma un conduttore che è l'unico che parla in prima persona. Via via prendono la parola gli ospiti, ognuno offre una propria chiave di lettura, che candidamente l'autore ammette di aver scoperto solo ascoltandoli. La sala è gremita, molta partecipazione e grande attenzione del pubblico.
I personaggi del libro sono di fantasia, ma l'ambientazione si inquadra nella città di Catanzaro negli anni della sua storia recente, ricorrono spesso i nomi di Teresa Vesuviano e di Ilaia Alpi, due esempi di donne impegnate nella politica e nel lavoro, morte prematuramente. L'autore, pur vivendo da tanti anni a Viterbo, ancora "denuncia" l'attaccamento alla sua terra natale, il mare, l'abisso del cuore, è una dimensione esistenziale.
Camilli, nel suo intervento, calca la mano sull'interpretazione-inchiesta giornalistica, il giornalismo d'inchiesta che ha perso efficacia in Italia, e ancora la politica che è partecipazione non è più contrapposta al potere, che invece è violenza.
Ancora un'interpretazione degli ultimi venti anni di storia italiana dunque, questa volta considerati nell'ottica del prondo Jonio.
Finito l'evento al BIC Lazio, corro al Museo Colle del Duomo per gustare una piccola ma ben fornita esposizione su uno scultore, che non conoscevo affatto. Si tratta dell'inaugurazione della mostra su Angelo Bernini: arrivo in ritardo, pensieri e parole di presentazione già sono sfumati, ma posso ugualmente girare per la stretta e lunga sala dove sono state collocate le opere, per la maggior parte di soggetto religioso del maestro viterbese tanto devoto a Padre Pio. Decisamente interessante, c'è tanta gente, è stato aperto il buffet, si è fatto veramente tardi, meglio rientrare.
Ore 17:00 l'appuntamento è all'ICULT - ex mattatoio di Valle Faul, dove viene presentato, a cura di ProgettArte 3D, il libro di Valerio De Nardo "Profondo Jonio". Arrivo precisa, una decina di persone aspetta su strada, perché il portone d'ingresso è ancora serrato, intanto giunge un buon uomo, passeggino e pargoli al seguito che velocemente apre e, disattivato l'allarme, ci fa entrare. Velocemente prendiamo posto, intanto arrivano altre persone, alcune "celebrità" e il sindaco. Si inizia con quell'abbondante quarto d'ora accademico.
Sulla pedana rialzata ci sono le sedie di pelle colorata, prendono posto Daniele Camilli, la moderatrice Giuseppina Del Signore, l'autore e Luciano Dottarelli. Saluti e ringraziamenti obbligatori, ma ci si dimentica di presentare, prima di iniziare, gli ospiti, non si spiegano le loro qualifiche, il motivo per cui proprio loro commenteranno l'opera.
Prima domanda: si tratta di una storia di fantasia o è il vissuto dell'autore? De Nardo spiega che si tratta di un libro costituito da tante storie, scritte negli anni, non c'è un vero protagonista, ma un conduttore che è l'unico che parla in prima persona. Via via prendono la parola gli ospiti, ognuno offre una propria chiave di lettura, che candidamente l'autore ammette di aver scoperto solo ascoltandoli. La sala è gremita, molta partecipazione e grande attenzione del pubblico.
I personaggi del libro sono di fantasia, ma l'ambientazione si inquadra nella città di Catanzaro negli anni della sua storia recente, ricorrono spesso i nomi di Teresa Vesuviano e di Ilaia Alpi, due esempi di donne impegnate nella politica e nel lavoro, morte prematuramente. L'autore, pur vivendo da tanti anni a Viterbo, ancora "denuncia" l'attaccamento alla sua terra natale, il mare, l'abisso del cuore, è una dimensione esistenziale.
Camilli, nel suo intervento, calca la mano sull'interpretazione-inchiesta giornalistica, il giornalismo d'inchiesta che ha perso efficacia in Italia, e ancora la politica che è partecipazione non è più contrapposta al potere, che invece è violenza.
Ancora un'interpretazione degli ultimi venti anni di storia italiana dunque, questa volta considerati nell'ottica del prondo Jonio.
Finito l'evento al BIC Lazio, corro al Museo Colle del Duomo per gustare una piccola ma ben fornita esposizione su uno scultore, che non conoscevo affatto. Si tratta dell'inaugurazione della mostra su Angelo Bernini: arrivo in ritardo, pensieri e parole di presentazione già sono sfumati, ma posso ugualmente girare per la stretta e lunga sala dove sono state collocate le opere, per la maggior parte di soggetto religioso del maestro viterbese tanto devoto a Padre Pio. Decisamente interessante, c'è tanta gente, è stato aperto il buffet, si è fatto veramente tardi, meglio rientrare.
sabato 22 marzo 2014
Il delitto Coco, il primo magistrato ucciso dalle BR
Venerdì pomeriggio libero da impegni di lavoro, niente di meglio che informarmi su fatti di cronaca accaduti nei cosiddetti "anni di piombo", ammetto la mia profonda ignoranza.
Di nuovo presso la sala consiliare, appuntamento con Il salotto delle 6, questa volta per ascoltare il figlio del giudice Coco, freddato dalla Br durante la pausa pranzo dell'8 giugno 1976 a Genova.
Il moderatore, dopo i primi doverosi saluti, inizia a parlare ma si lascia sfuggire un'imperfezione, sbagliando la data del triplice omicidio.
Questo pomeriggio il sindaco neanche si è fatto vedere e nessuno ha riassunto in breve qualche notizia bibliografica sull'autore. Pazienza.
Bottone accenna a qualche timida domanda, ma Massimo Coco è meravigliosamente allenato a portare il discorso lì dove vuole lui, a dosare sarcasmo, ironia e rabbia.
Coco figlio afferma di aver sdoganato il rancore, non la vendetta, suo padre è morto e dopo quasi 38 anni ancora non si è fatta luce sui colpevoli, non può perdonarli, come da più parti insistono che si faccia, innanzitutto perché ancora non si conoscono.
Inoltre non vuole, non ha alcuna intenzione di perdonare chi gli ha cambiato radicalmente la vita durante l'adolescenza, proprio il giorno del suo sedicesimo compleanno infatti il padre veniva seppellito.
Con voce calda e modi tranquilli, Massimo Coco narra quegli anni terribili: per lui e per le due sorelle maggiori era anche scattato il piano-sicurezza con la scorta; pur essendo giovani liceali, erano stati spiati, catalogati e archiviati dalle BR in tutti i loro spostamenti quotidiani.
Coco è fermo e deciso, nessun perdono per chi commette delitti a sangue freddo, non tollera che gli si dica come comportarsi con tali personaggi che oggi godono invece di una certa "fortuna", occupano posti importanti anche in politica o non hanno mai scontato per quello che hanno commesso.
Parla di centinaia di morti, tantissimi gli invalidi permanenti, molti dei quali non hanno mai ricevuto indennizzi, quando poi i colpevoli sentenziano, rilasciano interviste, scrivono e presentano libri con il patrocinio di enti amministrativi.
E' un continuum di considerazioni, dati, statistiche impressionante, per circa un'ora e mezzo di conferenza. Non ci si annoia, anzi questo affermato musicista è brillante, sarcastico e ironico, tanto che il moderatore lo definisce spassoso.
Esco dalla sala con l'amaro in bocca, troppi giovani non conoscono questi tristi fatti che hanno caratterizzato la storia recente dell'Italia.
Di nuovo presso la sala consiliare, appuntamento con Il salotto delle 6, questa volta per ascoltare il figlio del giudice Coco, freddato dalla Br durante la pausa pranzo dell'8 giugno 1976 a Genova.
Il moderatore, dopo i primi doverosi saluti, inizia a parlare ma si lascia sfuggire un'imperfezione, sbagliando la data del triplice omicidio.
Questo pomeriggio il sindaco neanche si è fatto vedere e nessuno ha riassunto in breve qualche notizia bibliografica sull'autore. Pazienza.
Bottone accenna a qualche timida domanda, ma Massimo Coco è meravigliosamente allenato a portare il discorso lì dove vuole lui, a dosare sarcasmo, ironia e rabbia.
Coco figlio afferma di aver sdoganato il rancore, non la vendetta, suo padre è morto e dopo quasi 38 anni ancora non si è fatta luce sui colpevoli, non può perdonarli, come da più parti insistono che si faccia, innanzitutto perché ancora non si conoscono.
Inoltre non vuole, non ha alcuna intenzione di perdonare chi gli ha cambiato radicalmente la vita durante l'adolescenza, proprio il giorno del suo sedicesimo compleanno infatti il padre veniva seppellito.
Con voce calda e modi tranquilli, Massimo Coco narra quegli anni terribili: per lui e per le due sorelle maggiori era anche scattato il piano-sicurezza con la scorta; pur essendo giovani liceali, erano stati spiati, catalogati e archiviati dalle BR in tutti i loro spostamenti quotidiani.
Coco è fermo e deciso, nessun perdono per chi commette delitti a sangue freddo, non tollera che gli si dica come comportarsi con tali personaggi che oggi godono invece di una certa "fortuna", occupano posti importanti anche in politica o non hanno mai scontato per quello che hanno commesso.
Parla di centinaia di morti, tantissimi gli invalidi permanenti, molti dei quali non hanno mai ricevuto indennizzi, quando poi i colpevoli sentenziano, rilasciano interviste, scrivono e presentano libri con il patrocinio di enti amministrativi.
E' un continuum di considerazioni, dati, statistiche impressionante, per circa un'ora e mezzo di conferenza. Non ci si annoia, anzi questo affermato musicista è brillante, sarcastico e ironico, tanto che il moderatore lo definisce spassoso.
Esco dalla sala con l'amaro in bocca, troppi giovani non conoscono questi tristi fatti che hanno caratterizzato la storia recente dell'Italia.
venerdì 21 marzo 2014
La donzelletta vien dalla campagna
Improvvisamente è scoppiato il caldo, un piacevole caldo che ti obbliga a uscire, a passeggiare, a respirare aria di primavera. Così l'altro giorno la pausa pranzo si è trasformata, grazie all'invito di mia cugina, in una lezione di palestra, fai da te.
Mi ha invitata ad affrontare una camminata lesta attraverso sentieri campestri comodi, poco trafficati e asfaltati, appena dopo pranzo, quando i bimbi piccoli ancora sono a scuola e i più grandicelli sono in pausa riflessiva davanti alla tele.
Abbiamo affrontatato il percorso con un certo ritmo, appunto; lei è ben allenata, io un po' meno, si parla di abbigliamento, comportamento, vacanze, spese impreviste, famiglia, sempre camminando. All'andata salutiamo tre persone, le uniche incontrate, intente nella potatura di piante di ulivo, due stanno arrampicate sulle scale appoggiate agli alberi, una terza è rimasta a terra e ammucchia i vari rami per poi bruciarli: salutiamo con cortesia e passiamo oltre. Al ritorno invece, ci fermiamo giusto il tempo di scambiare qualche parola e la signora ci apostrofa con: "Mentre noi lavoriamo e fatichiamo, voi passeggiate eh!"
Si tratta solo della nostra piccola, ginnica, innocua pausa pranzo: i pargoli stanno bene, poi torniamo al lavoro dopo la doccia, i pensieri grandi e piccoli ci aspettano dietro la porta di casa.
Una considerazione: se per caso un fotografo avesse scattato una foto in quell'istante, avremmo avuto tre persone anziane pensione-munite al lavoro in campagna e due giovani donne serenamente a zonzo. Questa è l'Italia, oggi!?
Mi ha invitata ad affrontare una camminata lesta attraverso sentieri campestri comodi, poco trafficati e asfaltati, appena dopo pranzo, quando i bimbi piccoli ancora sono a scuola e i più grandicelli sono in pausa riflessiva davanti alla tele.
Abbiamo affrontatato il percorso con un certo ritmo, appunto; lei è ben allenata, io un po' meno, si parla di abbigliamento, comportamento, vacanze, spese impreviste, famiglia, sempre camminando. All'andata salutiamo tre persone, le uniche incontrate, intente nella potatura di piante di ulivo, due stanno arrampicate sulle scale appoggiate agli alberi, una terza è rimasta a terra e ammucchia i vari rami per poi bruciarli: salutiamo con cortesia e passiamo oltre. Al ritorno invece, ci fermiamo giusto il tempo di scambiare qualche parola e la signora ci apostrofa con: "Mentre noi lavoriamo e fatichiamo, voi passeggiate eh!"
Si tratta solo della nostra piccola, ginnica, innocua pausa pranzo: i pargoli stanno bene, poi torniamo al lavoro dopo la doccia, i pensieri grandi e piccoli ci aspettano dietro la porta di casa.
Una considerazione: se per caso un fotografo avesse scattato una foto in quell'istante, avremmo avuto tre persone anziane pensione-munite al lavoro in campagna e due giovani donne serenamente a zonzo. Questa è l'Italia, oggi!?
lunedì 17 marzo 2014
Alla presentazione di "L'impero dei venti"
E' una splendida domenica di fine inverno - inizio primavera, giusta giusta per una passeggiata al lago, per mio marito, io invece ho deciso di dedicarmi alla cultura seria, impegnata, d'autore. Si tratta poi del mio ex compagno liceale, che ho ritrovato e riscoperto da poco. La vita è così.
Appuntamento ore 17:30 a Bolsena presso la Libr'osteria "Le sorgenti", è un'altra ghiotta occasione per ascoltre, imparare, riflettere.
Daniele arriva puntuale, subito accalappiato dal pubblico, ci salutiamo con un cenno dellla mano; prendo posto nella saletta interna del locale, rustico, ha le pareti non intonacate, a pietra viva e tanti gingilli a decorzione, il tutto rende l'atmosfera familiare, informale. La saletta è lunga e stretta, un sofà e davanti doppia fila di sedie. Prendono posto la padrona di casa e il presidente del Club Unesco Viterbo Tuscia ai lati del gionalista, introducono l'argomento, ringraziano ed entrano subito in medias res.
Il libro è interessante, ma straniante, in parte autobiografico, ma ricco anche di relazioni tecniche, è stato scritto a due mani, da un uomo nato e cresciuto nella Tuscia e da una donna che ha conosciuto e impararto ad amare questi posti. Questo si dice, ma anche molto altro.
Si discute di eolico, fotovoltaico, geotermia, energie rinnavabili, impianti, investimenti, civiltà contadina, Valutazione di Impatto Ambientale; poi ancora un excursus storico: dal boom economico, il Sessantotto, spostamento di milioni di uomini dal Sud al Nord Italia, con conseguenze allarmanti per il mantenimento dell'identità culturale. L'Italia è passata da una vita agricola ad una industriale, senza un'adeguata preparazione della politica, si è andata creando una voragine identitaria.
Daniele è bravissimo: risponde alle domande, segue gli interventi, cita nomi, date, articoli costituzionali, ha una fermezza e una grinta veramente invidiabili. Il pubblico, che intanto ha occupato tutti i posti a sedere, segue attento, alcuni intervengono quando la libraia esterna delle considerazioni ecologiste e delle possibili soluzioni personali, per migliorare la situazione ambientale, e non solo.
Passano così più di due ore, tutti partecipano al dibattito, o meglio al ragionamento come dice Camilli, si chiamano per nome, devo essere l'unica estranea, rimango in silenzio per pudore, ho paura di sparare qualche fesseria. Le soluzioni ci sono, come indica il giornalista, ma tutte partono dal presupposto che l'identità della nostra terra debba essere salvaguardata in quanto contadina, rurale e non energivora, abbiamo tanto bisogno di riscoprirci contadini, imprenditori agricoli, senza il terrore della fatica, dello sfruttamento dei padroni sui braccianti e sui fittavoli.
Daniele è un fiume in piena, travolge e convince, anche i più convinti tentennano per la forza del contradditorio. Dovrò proprio leggere questa ultima fatica di inchiesta della realtà della Tuscia con molta calma e attenzione.
Appuntamento ore 17:30 a Bolsena presso la Libr'osteria "Le sorgenti", è un'altra ghiotta occasione per ascoltre, imparare, riflettere.
Daniele arriva puntuale, subito accalappiato dal pubblico, ci salutiamo con un cenno dellla mano; prendo posto nella saletta interna del locale, rustico, ha le pareti non intonacate, a pietra viva e tanti gingilli a decorzione, il tutto rende l'atmosfera familiare, informale. La saletta è lunga e stretta, un sofà e davanti doppia fila di sedie. Prendono posto la padrona di casa e il presidente del Club Unesco Viterbo Tuscia ai lati del gionalista, introducono l'argomento, ringraziano ed entrano subito in medias res.
Il libro è interessante, ma straniante, in parte autobiografico, ma ricco anche di relazioni tecniche, è stato scritto a due mani, da un uomo nato e cresciuto nella Tuscia e da una donna che ha conosciuto e impararto ad amare questi posti. Questo si dice, ma anche molto altro.
Si discute di eolico, fotovoltaico, geotermia, energie rinnavabili, impianti, investimenti, civiltà contadina, Valutazione di Impatto Ambientale; poi ancora un excursus storico: dal boom economico, il Sessantotto, spostamento di milioni di uomini dal Sud al Nord Italia, con conseguenze allarmanti per il mantenimento dell'identità culturale. L'Italia è passata da una vita agricola ad una industriale, senza un'adeguata preparazione della politica, si è andata creando una voragine identitaria.
Daniele è bravissimo: risponde alle domande, segue gli interventi, cita nomi, date, articoli costituzionali, ha una fermezza e una grinta veramente invidiabili. Il pubblico, che intanto ha occupato tutti i posti a sedere, segue attento, alcuni intervengono quando la libraia esterna delle considerazioni ecologiste e delle possibili soluzioni personali, per migliorare la situazione ambientale, e non solo.
Passano così più di due ore, tutti partecipano al dibattito, o meglio al ragionamento come dice Camilli, si chiamano per nome, devo essere l'unica estranea, rimango in silenzio per pudore, ho paura di sparare qualche fesseria. Le soluzioni ci sono, come indica il giornalista, ma tutte partono dal presupposto che l'identità della nostra terra debba essere salvaguardata in quanto contadina, rurale e non energivora, abbiamo tanto bisogno di riscoprirci contadini, imprenditori agricoli, senza il terrore della fatica, dello sfruttamento dei padroni sui braccianti e sui fittavoli.
Daniele è un fiume in piena, travolge e convince, anche i più convinti tentennano per la forza del contradditorio. Dovrò proprio leggere questa ultima fatica di inchiesta della realtà della Tuscia con molta calma e attenzione.
domenica 16 marzo 2014
ITINERE, Palazzo Orsini Bomarzo
Ore 18, fremono gli artisti, fremono i curatori, siamo tutti riuniti nell'ampio salone d'entrata, dove campeggia un'enorme scultura in ferro di Tommaso Cascella intitolata "Colonna", si attendono gli ultimi ritardatari, le autorità.
Paolo Berti con voce ferma e squillante richiama l'attenzione, momento d'obbligo di ringraziamenti e saluti; accanto a lui sono presenti il presidente dell'associazione Bomarte, un assessore di Bomarzo in rappresentanza dell'amministrazione e la gallerista romana Tiziana Todi.
Vengono anche appellati in ordine alfabetico gli artisti che espongono e per chi risponde scatta l'applauso, è un'atmosfera elettrizzante.
Denominatore comune dei discorsi pronunciati è la ferma volontà di continuare a produrre arte, a rispondere al momento critico attuale con una notevole capacità di coinvolgere chi fa arte e chi la fruisce, chi è intermediario e chi compra, si parla di "cooperativa di teste pensanti".
La mostra vera e propria si snoda su due piani, due sale al piano terra, altre cinque al piano nobile, mentre nei sotterranei si svolge un'altra esposizione a cura invece dell'associazione Bomarte, che presenta un mix di arti figurative e musica.
Gli artisti si fanno fotografare davanti alle loro creazioni, è un momento suggestivo, la prova del nove direi, perché l'esecutore ci mette la faccia, stando lì presente capta immediatamente l'umore del pubblico, può intuire se la sua creazione interessa o meno.
Più di ottanta opere, tra quadri appesi alle bianche pareti e sculture, meravigliosa opportunità di respirare cultura, produzioni del genio umano, alcuni prodotti artistici mi intrigano più di altri, de gustibus.
sabato 15 marzo 2014
A "Il salotto delle 6"
Venerdì 14 marzo, secondo incontro presso la sala consiliare ore 18:00, si parla dei delitti accaduti nella capitale. Arrivo di poco in anticipo, ma la sala è semivuota, riconosco poche persone, la nostra meravigliosa bibliotecaria c'è. Prendo posto nelle retrovie, buona la visuale.
Arriva finalmente il sindaco con un certo ritardo, trafelato, arrangia qualche scusa e un piccolo discorso di ringraziamento per la felice intuizione della bibliotecaria e dell'assessore, poi si dilegua, c'è un consiglio da preparare.
Pasquale Bottone è il moderatore, prende la parola e con ritmo serrato legge a gran voce da un quaderno, ci introduce al dibattito, ma omette di presentare i tre illustri ospiti, neanche qualche accenno sulla loro professione: Roma, magnifica e splendida, ma decadente.
Poi la parola passa alternativamente ad Aldo Musci, Nicola Longo e Marco Minicangeli: si illustrano a grandi linee i delitti più efferati e oscuri accaduti nella capitale e le relative indagini.
La storia si ripete, molti degli episodi recenti hanno radici nel passato, è cambiata la criminalità, l'organizzazione mafiosa ha allungato i suoi tentacoli e si è spartita i quartieri della città, il territorio è stato diviso e si assiste alla preoccupante assuefazione del pubblico.
Si accenna agli omicidi di due donne, arrivando alla conclusione che molte indagini sono state approssimative, cosa manca? La capacità investigativa della polizia italiana non è all'altezza o possiamo parlare di imperizia? Intanto sulla parete alle spalle dei relatori scorrono delle immagini sia a colori che in bianco e nero, sono foto di vittime, luoghi del delitto, ritagli di giornali.
Nel passaparola perdo il filo del discorso.
Longo illustra due tipi di verità: quella processuale e quella vera, marca le incongruenze di certe conclusioni sul delitto di Via Poma, si paventa la presenza di poteri esterni, forti, devianti: si può parlare infatti di Stato deviato o parallelo. Si passa quindi al caso Moro, esecuzione politica, pesanti interventi di stati esteri, Servizi Segreti, segreto di stato, complotto, di tutto un po'.
Si crea una certa confusione tra i casi, non si segue una scaletta, non si dividono per tipologia, i relatori ricordano a braccio nomi, circostanze, date.
Per finire il caso Marta Russo, ambiente universitario.
I tre ospiti sono quindi invitati a rispondere ad una domanda finale, ognuno esprime una propria considerazione circa la democrazia, la situazione attuale della giustizia italiana: si conclude con un appello a modificare radicalmente le regole, per migliorare la nazione.
Un dibattito durato poco più di un'ora, crudo, avvincente, a tratti però confuso e destabilizzante.
Il prossimo incontro venerdì 21.
Arriva finalmente il sindaco con un certo ritardo, trafelato, arrangia qualche scusa e un piccolo discorso di ringraziamento per la felice intuizione della bibliotecaria e dell'assessore, poi si dilegua, c'è un consiglio da preparare.
Pasquale Bottone è il moderatore, prende la parola e con ritmo serrato legge a gran voce da un quaderno, ci introduce al dibattito, ma omette di presentare i tre illustri ospiti, neanche qualche accenno sulla loro professione: Roma, magnifica e splendida, ma decadente.
Poi la parola passa alternativamente ad Aldo Musci, Nicola Longo e Marco Minicangeli: si illustrano a grandi linee i delitti più efferati e oscuri accaduti nella capitale e le relative indagini.
La storia si ripete, molti degli episodi recenti hanno radici nel passato, è cambiata la criminalità, l'organizzazione mafiosa ha allungato i suoi tentacoli e si è spartita i quartieri della città, il territorio è stato diviso e si assiste alla preoccupante assuefazione del pubblico.
Si accenna agli omicidi di due donne, arrivando alla conclusione che molte indagini sono state approssimative, cosa manca? La capacità investigativa della polizia italiana non è all'altezza o possiamo parlare di imperizia? Intanto sulla parete alle spalle dei relatori scorrono delle immagini sia a colori che in bianco e nero, sono foto di vittime, luoghi del delitto, ritagli di giornali.
Nel passaparola perdo il filo del discorso.
Longo illustra due tipi di verità: quella processuale e quella vera, marca le incongruenze di certe conclusioni sul delitto di Via Poma, si paventa la presenza di poteri esterni, forti, devianti: si può parlare infatti di Stato deviato o parallelo. Si passa quindi al caso Moro, esecuzione politica, pesanti interventi di stati esteri, Servizi Segreti, segreto di stato, complotto, di tutto un po'.
Si crea una certa confusione tra i casi, non si segue una scaletta, non si dividono per tipologia, i relatori ricordano a braccio nomi, circostanze, date.
Per finire il caso Marta Russo, ambiente universitario.
I tre ospiti sono quindi invitati a rispondere ad una domanda finale, ognuno esprime una propria considerazione circa la democrazia, la situazione attuale della giustizia italiana: si conclude con un appello a modificare radicalmente le regole, per migliorare la nazione.
Un dibattito durato poco più di un'ora, crudo, avvincente, a tratti però confuso e destabilizzante.
Il prossimo incontro venerdì 21.
lunedì 10 marzo 2014
Carnevale 2014, ultimo atto a Civita Castellana
E quando dico tutta, intendo proprio dal più giovane in carrozzina al meno giovane, capelli brizzolati e sporgente dentiera. I passeggini che sfilano sono camuffati, gli uomini, in maggioranza, sono travestiti da donna, le majorettes sono esilaranti.
I carri sono tanti, tantissimi i gruppi mascherati, molteplici i temi presentati, un fiume in piena di persone che ballano, agitano mani e piedi e bevono. Praticamente tutti i maggiorenni tengono in mano o un bicchiere o una bottiglia, il cui contenuto varia di colore dal biondo birra al rosso vino, passando dal bianco frizzante al giallo prosecco. I Civitonici con l'acqua si lavano le mani e si rinfrescano.
Peccato che il flusso di figuranti non vada tutto nello stesso verso di marcia, capita anche questo a Civita. Intanto perché molti si impegnano a salutare le persone ferme dieto le corde, altri entrano a prendere un "caffé" al bar alle nostre spalle, tanti giovani riescono ad andare avanti e indetro zigzagando tra le maschere.
I più vanesi si fermano ad ogni spettatore dotato di macchina fotografica chiedendo di essere fotografati nelle pose più strampalate: mio marito munito di attrezzatura professionale ha avuto continue richieste, anche da giovani avvenenti ragazze.
Comunque è uno spettacolo colorato, festoso, ritmato, si lanciano in aria chili di coriandoli, si regalano confezioni con mascherine e trombette - gioia dei miei figli - ma anche caramelle, cioccolatini e merendine.
La sfilata è durata tanto: siamo rimasti ad osservare pappagalli, vigilesse, tate, paperi, trenini e quant'altro per quasi tre ore. Ce ne andiamo al passaggio di un grosso pallone da football, l'ultimo carro, dietro indaffarati tanti operatori armati di pale e scope e mezzi meccanici aspiranti.
Bello, solo