Discussione durante il pranzo a casa di parenti: che faranno i nostri figli da grandi? Come incoraggiarli e istradarli?
Intanto non credo che lo sport possa diventare una ragione di vita: è sicuramente coinvolgente, facilita la socializzazione, crea e fortifica un gruppo di amici, coetanei, appassionati, ma certo non nasce un Totti come un mortaiolo sotto una pianta di castagno. Quanti ragazzi crescono con l'illusione di diventare grandi calciatori? Rimaniamo con i piedi saldi in terra, così come sono convinta che nasca un Mozart ogni secolo. E' giusto credere nelle capacità di un figlio, specie nei panni di un genitore, che cerca magari la rivalsa nella vita, ma da qui a esaltare le doti canore, artistiche o corporali, per creare un mito, ce ne passa.
Forse questa mia forma mentis deriva dalle mie vicissitudini esistenziali: nessuno mi ha regalato nulla, né a scuola né tanto meno nel lavoro: ciò che si guadagna si ottiene con fatica, anche sudore, applicazione costante e soprattutto studio.
Poi naturalmente c'è la dote naturale, l'innata capacità a svolgere un determinato compito, ma questa si evidenzia sin dalla tenera età: bambini prodigio, dotati e sicuri, che però devono essere seguiti, aiutati e sovvenzionati dalla famiglia. Ci vogliono talento, fortuna, tenacia, sono perfettamente d'accordo, ma non possiamo allevare un cucciolo nella convinzione che da grande farà... Perché così piace a noi adulti, genitori svezzati e vaccinati.
La strada è lunga, magari quel piccoletto non sopporta stare seduto al pianoforte ore e ore a provare, perché costringerlo, perché farlo sentire diverso ed estraniarlo dai coetanei? I genitori insegnino ai bimbi l'impegno nello studio, l'importanza dell'istruzione, delle regole e non pensino alle figlie come future veline fidanzate con aitanti sportivi, in vacanza a Formentera, si meritano ben altro, a mio modesto parere.
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