Stavo riflettendo sulla settimana appena passata, attesa con tanta ansia da prestazione e volata via con forza; strana la vita: attendi un evento con patema d'animo, scalpiti e ti rovini l'esistenza con la scarica continua di nervi e poi tutto fila liscio, tutto procede che é una meraviglia, raccogli sorrisi e abbracci, lacrime di gioia e parole di incoraggiamento...
E allora, sta proprio nell'animo umano questo arrovellarsi continuo per qualcosa che dovrà accadere, senza tener conto dell'impegno e dell'aiuto altrui?
Se siamo circondati da persone amiche, fraterne, perché dobbiamo preoccuparci che non vada tutto bene? Se dovesse verificarsi qualche intoppo, qualche contrattempo, le persone da cui siamo attorniate cosa ci direbbero o di cosa mai ci accuserebbero?
Il bello é organizzare al meglio, rendere indimenticabile un giorno, un'occasione speciale certo, però qualora si dovesse ricordare anche per un guaio... avremmo comunque il supporto dei nostri cari, amici e parenti.
Allora ho capito che il segreto sta nel ricercare solo coloro che sono in sintonia con noi, chi ci ama per come siamo e non per come dovremmo apparire o essere; chi ci apprezza, chi conosce i nostri punti forti, ma soprattutto i punti deboli per farci da scudo.
Sorridere insieme, prendersi in giro, raccontare vari aneddoti dell'infanzia, della scuola, com'era una volta il vicinato, una confessione, lo sfogo sono tutti ottimi rimedi contro il pessimismo, la crisi e il non sentirsi adeguati.
E per questo non finirò mai di ringraziare il Cielo per chi mi sopporta, chi vuole esserci sempre, chi mi accetta così.
mercoledì 30 maggio 2018
domenica 27 maggio 2018
LA FELICITÀ? A VOLTE BASTA POCO
Domenica sera, tardi, tutti stanno dormendo, assaporo ancora un poco il silenzio della casa, mi coccolo al pensiero di una bella giornata importante trascorsa, andata che rimarrà nei ricordi della mia famiglia e di amici cari.
E allora, lo sapete, corre il mio pensiero, rifletto quel poco che riesco ad ingranare e condivido, poi ognuno contribuisca con una frase, una smentita, una pacca sulle spalle, le mie sono abbastanza larghe e forti, non sono più giovincella...
Leggo qua e là dell'importanza della presenza, del sostegno e del conforto di un amico o di una persona cara, nel momento del bisogno: ma propriamente, quale sarebbe questo frangente, attimo, istante?
Non sono per niente d'accordo, anzi.
Se devo trovarmi in difficoltà per avvertire la presenza amica, se devo soffrire o perdere qualcosa di importante per rendermi conto che qualcuno al mondo mi vuole bene, beh, lasciate stare, preferisco stare sola...
Adoro la festa, la compagnia, la gioia e le risate, il sorriso dei bimbi, la confusione del gioco, la baruffa per una seggiolina, il dispetto e la rappacificazione, insomma il ritrovarsi per una occasione qualsiasi, per cui la famiglia si unisce e si coccola.
Incontrarsi dopo tanto tempo in una camera d'ospedale, in un nosocomio o anche peggio per abbracciarsi, baciarsi, chiedere aggiornamenti su figli e nipoti... No, grazie.
Organizziamo una festa, creiamo confusione, giochiamo, beviamo, alziamo i calici, fotografiamoci, prendiamoci in giro, mangiamo insieme, scambiamoci pareri e opinioni, ricette di cucina, impressioni su musica e viaggi, informazioni sulle vacanze, questi sono momenti da amare, condividere e ricordare.
Non voglio ritrovarmi in difficoltà, soffrire o stare male, per sentire squillare il telefono e scoprire che dall'altra parte c'è una persona che non ha voluto la mia compagnia, ha rifiutato il mio invito o si è lamentata di me, dei pargoli o non so che altro.
La spalla per piangere, il fazzoletto per asciugare le lacrime, una sedia per sedersi e ascoltare una notizia infausta non mi interessano, no, voglio vedere i miei figli contenti, felici, soddisfatti, accerchiati da amore e sorrisi; chi non voglia far parte di tutto questo ma aspettare l'ennesimo momento nero, beh si accomodi pure alla porta.
Non dico, si intenda, un carnevale continuo, chi mi conosce sa bene che mi riferisco ad un cappuccino stessa ora stesso bar una mattinata libera, un evento, una festa particolare, una pizza il sabato sera bimestrale, una cuginata, un saluto al volo quando passo, insomma con il cuore, sempre.
E allora, lo sapete, corre il mio pensiero, rifletto quel poco che riesco ad ingranare e condivido, poi ognuno contribuisca con una frase, una smentita, una pacca sulle spalle, le mie sono abbastanza larghe e forti, non sono più giovincella...
Leggo qua e là dell'importanza della presenza, del sostegno e del conforto di un amico o di una persona cara, nel momento del bisogno: ma propriamente, quale sarebbe questo frangente, attimo, istante?
Non sono per niente d'accordo, anzi.
Se devo trovarmi in difficoltà per avvertire la presenza amica, se devo soffrire o perdere qualcosa di importante per rendermi conto che qualcuno al mondo mi vuole bene, beh, lasciate stare, preferisco stare sola...
Adoro la festa, la compagnia, la gioia e le risate, il sorriso dei bimbi, la confusione del gioco, la baruffa per una seggiolina, il dispetto e la rappacificazione, insomma il ritrovarsi per una occasione qualsiasi, per cui la famiglia si unisce e si coccola.
Incontrarsi dopo tanto tempo in una camera d'ospedale, in un nosocomio o anche peggio per abbracciarsi, baciarsi, chiedere aggiornamenti su figli e nipoti... No, grazie.
Organizziamo una festa, creiamo confusione, giochiamo, beviamo, alziamo i calici, fotografiamoci, prendiamoci in giro, mangiamo insieme, scambiamoci pareri e opinioni, ricette di cucina, impressioni su musica e viaggi, informazioni sulle vacanze, questi sono momenti da amare, condividere e ricordare.
Non voglio ritrovarmi in difficoltà, soffrire o stare male, per sentire squillare il telefono e scoprire che dall'altra parte c'è una persona che non ha voluto la mia compagnia, ha rifiutato il mio invito o si è lamentata di me, dei pargoli o non so che altro.
La spalla per piangere, il fazzoletto per asciugare le lacrime, una sedia per sedersi e ascoltare una notizia infausta non mi interessano, no, voglio vedere i miei figli contenti, felici, soddisfatti, accerchiati da amore e sorrisi; chi non voglia far parte di tutto questo ma aspettare l'ennesimo momento nero, beh si accomodi pure alla porta.
Non dico, si intenda, un carnevale continuo, chi mi conosce sa bene che mi riferisco ad un cappuccino stessa ora stesso bar una mattinata libera, un evento, una festa particolare, una pizza il sabato sera bimestrale, una cuginata, un saluto al volo quando passo, insomma con il cuore, sempre.
sabato 26 maggio 2018
NON MI VA, NEANCHE PER IDEA...
Ma a voi capita mai di arrabbiarvi?
E pensare che giovedì sera don Enzo mi ha pure confessata, avrei dovuto star bene per un po' di giorni, invece eccomi qui a digitare il mio malumore sulla tastiera: ira, presunzione, superbia? Fate voi, però...
Mi sembra di meritare un po' di attenzione, magari un ringraziamento, non dico lodi sperticate o una ricompensa, ma almeno un messaggio o un saluto particolare, sia pure in privato... Ci stiamo dimenticando le buone maniere o diamo tutto per scontato? Ma ci rendiamo conto che non si può chiedere all'infinito e poi far finta di nulla?
Uno degli atteggiamenti che più mi ferisce, il passare inosservata, il non-saluto.
Capisco il momento di stress, la confusione, il caos, comprendo la miopia, l'astigmatismo, il mutismo, potrei anche risultare trasparente o molto magra, vedi che poi la dieta alla fin fine ha un valore aggiunto... Però che mi passi e trapassi vicino e non mi degni neanche di un cenno di mento, beh... Accipicchiolina, sarà che mio padre che mi costringeva a salutare tutti, come forma sublime di rispetto...
E coloro che mi vezzeggiano, mi sbaciucchiano di emoticon fino a quando servo e poi spariscono? In questo purtroppo la vita social mi ha ammazzato: la mia povera arte oratoria, la mia scarsa dote scrittoria mi ha procurato - come dire - amici diafani, corteggiatori abusivi, contatti ondeggianti che per quattro righe e qualche segno di punteggiatura ogni tanto fanno capolino, inviano e invitano, oppure "mi piace" tanti quanti servono a caricare e poi?
E niente, tutto qui, chiedo solo un po' di considerazione continua e continuata, non solo a tempo determinato, a orari, su appuntamento; che non mi cerchi per un piacere e poi si sparisca, lo sapete che poi sono debole e non so rinunciare ad una richiesta.
O forse potrei diventare un poco più perfida e maligna, restare sulle mie, a farmi desiderare e non rispondere sempre. Magari cosí mi prenderebbero un po' sul serio.
E pensare che giovedì sera don Enzo mi ha pure confessata, avrei dovuto star bene per un po' di giorni, invece eccomi qui a digitare il mio malumore sulla tastiera: ira, presunzione, superbia? Fate voi, però...
Mi sembra di meritare un po' di attenzione, magari un ringraziamento, non dico lodi sperticate o una ricompensa, ma almeno un messaggio o un saluto particolare, sia pure in privato... Ci stiamo dimenticando le buone maniere o diamo tutto per scontato? Ma ci rendiamo conto che non si può chiedere all'infinito e poi far finta di nulla?
Uno degli atteggiamenti che più mi ferisce, il passare inosservata, il non-saluto.
Capisco il momento di stress, la confusione, il caos, comprendo la miopia, l'astigmatismo, il mutismo, potrei anche risultare trasparente o molto magra, vedi che poi la dieta alla fin fine ha un valore aggiunto... Però che mi passi e trapassi vicino e non mi degni neanche di un cenno di mento, beh... Accipicchiolina, sarà che mio padre che mi costringeva a salutare tutti, come forma sublime di rispetto...
E coloro che mi vezzeggiano, mi sbaciucchiano di emoticon fino a quando servo e poi spariscono? In questo purtroppo la vita social mi ha ammazzato: la mia povera arte oratoria, la mia scarsa dote scrittoria mi ha procurato - come dire - amici diafani, corteggiatori abusivi, contatti ondeggianti che per quattro righe e qualche segno di punteggiatura ogni tanto fanno capolino, inviano e invitano, oppure "mi piace" tanti quanti servono a caricare e poi?
E niente, tutto qui, chiedo solo un po' di considerazione continua e continuata, non solo a tempo determinato, a orari, su appuntamento; che non mi cerchi per un piacere e poi si sparisca, lo sapete che poi sono debole e non so rinunciare ad una richiesta.
O forse potrei diventare un poco più perfida e maligna, restare sulle mie, a farmi desiderare e non rispondere sempre. Magari cosí mi prenderebbero un po' sul serio.
mercoledì 23 maggio 2018
AVREI TANTO VOLUTO...
Ma vi capita mai di guardarvi indietro, di sfogliare l'album delle foto e di non riconoscervi?
Avete mai considerato se la persona che siete diventati sia veramente quella che avevate sognato alle elementari?
Ho sempre desiderato una sorella, perché tutti intorno a me avevano qualcuno ed io a sette anni ancora non condividevo i miei oggetti, lo spazio e l'affetto dei miei genitori con nessuno, mi sentivo sola... Ero ferma nella convinzione di dover scrivere, ma certo anche di costruire una famiglia numerosa.
Il paesello: ad alcuni sta un po' stretto ed effettivamente quando cammini per strada e ti squadrano, quando cambi taglio di capelli o automobile e ti chiedono il motivo, quando ti ingrassi e ridono, quando dimagrisci e si insospettiscono, vorresti fuggire o almeno diventare trasparente.
E dove potrei andarmene?
Ci sono ragionamenti che mi stanno stretti e altri che non condivido; ho riguardo delle opinioni degli altri, ma certo pretendo il rispetto delle mie idee, anche se risultano antiche, antiquate, sorpassate, bibliche e bigotte.
E poi cerco la compagnia nei momenti di festa: mi piace stare in allegria, in gruppo, uniti e ho la folle pretesa di ricucire un rapporto, di dimenticare il passato e di ricominciare semplicemente con un invito, una telefonata, un messaggio vocale. Non aspetto di sentirmi male o di vedere un mio caro in un letto di ospedale per incontrare una vecchia conoscenza, no: se dobbiamo frequentarci in situazioni critiche, meglio che rimaniamo distanti, divisi e ognuno da una parte. Condividere un sorriso, una battuta, un'occasione, non una visita di cortesia e di conforto, grazie ne faccio volentieri a meno!
Scrivo le mie idee, scambio battute, fingo di capirci qualcosa di italiano, mi auguro un giorno di diventare famosa con le mie parole...
Ma guarda tu che gente che si trova in giro, sui social poi...
Avete mai considerato se la persona che siete diventati sia veramente quella che avevate sognato alle elementari?
Ho sempre desiderato una sorella, perché tutti intorno a me avevano qualcuno ed io a sette anni ancora non condividevo i miei oggetti, lo spazio e l'affetto dei miei genitori con nessuno, mi sentivo sola... Ero ferma nella convinzione di dover scrivere, ma certo anche di costruire una famiglia numerosa.
Il paesello: ad alcuni sta un po' stretto ed effettivamente quando cammini per strada e ti squadrano, quando cambi taglio di capelli o automobile e ti chiedono il motivo, quando ti ingrassi e ridono, quando dimagrisci e si insospettiscono, vorresti fuggire o almeno diventare trasparente.
E dove potrei andarmene?
Ci sono ragionamenti che mi stanno stretti e altri che non condivido; ho riguardo delle opinioni degli altri, ma certo pretendo il rispetto delle mie idee, anche se risultano antiche, antiquate, sorpassate, bibliche e bigotte.
E poi cerco la compagnia nei momenti di festa: mi piace stare in allegria, in gruppo, uniti e ho la folle pretesa di ricucire un rapporto, di dimenticare il passato e di ricominciare semplicemente con un invito, una telefonata, un messaggio vocale. Non aspetto di sentirmi male o di vedere un mio caro in un letto di ospedale per incontrare una vecchia conoscenza, no: se dobbiamo frequentarci in situazioni critiche, meglio che rimaniamo distanti, divisi e ognuno da una parte. Condividere un sorriso, una battuta, un'occasione, non una visita di cortesia e di conforto, grazie ne faccio volentieri a meno!
Scrivo le mie idee, scambio battute, fingo di capirci qualcosa di italiano, mi auguro un giorno di diventare famosa con le mie parole...
Ma guarda tu che gente che si trova in giro, sui social poi...
AD OGNUNO IL SUO
Mi ero ripromessa di riposare, di andarmene a ninne presto, perché poi durante il giorno sono proprio rimbambita, però poi come al solito ho aperto il portatile, ho sbirciato i social, ho letto qualcosa per rilassarmi e messo in ordine due pensieri due da scrivere, da buttare giù, da condividere.
Intanto mi stavo chiedendo se ancora ho qualcosa da raccontarvi, se quello che penso e digito possa piacervi, interessarvi, coinvolgervi: chissà, quando vi stancherete di me e delle mie bazzecole, cosa mi ritroverò a concludere, magari andrò a letto prima...
A scuola ho assegnato, in seconda, un elaborato scritto sul talento: un autoanalisi che possa spiegare in poche righe quel che i ragazzi pensano, provano, sentono, quello che secondo loro li contraddistingue dagli altri, da tutti gli altri, a cui però ognuno si uniforma poi per non essere escluso, per non sentirsi diverso ed estraneo.
Ognuno di noi può vantare un talento, ne sono sicura; non solo quelli ordinari, comuni, conosciuti come il canto, la danza, la corsa... Direi che ci sono mille capacità nascoste che non aspettano altro che di essere valorizzate, esternate e riconosciute, naturalmente!
Se mi guardo indietro, vedo una bambina tanto volenterosa, incoraggiata in ogni modo dalla sua maestra: l'unica che abbia veramente creduto in me e nelle mie doti, incitandomi, spronandomi al meglio, mi spiace solo non aver compiuto molta strada, non aver realizzato tutti i miei sogni di allora, nella paura di trovarmi davanti ad un immenso mare che non avrei saputo o voluto navigare...
Ma poi quale capacità particolare? C'è chi sa ascoltare, chi riesce a mantenere la calma, chi sa esprimersi in modo chiaro e netto, chi non si stanca mai di ripetere.
La bellezza è un talento o una fortuna? Un ottimo biglietto da visita, sicuro, perché ci si ricorderà sempre di una bellezza non comune, di un modo di fare diverso, più femminile, per non parlare poi degli uomini eleganti, ai matrimoni reali per esempio...
C'è chi riesce a semplificare ogni problema, chi trova ogni possibile soluzione, chi non si lascia abbattere dalle avversità, chi esegue perfettamente gli ordini e anzi li migliora strada facendo. Meraviglioso chi sa parlare ai bambini, chi li sa ascoltare, chi li coinvolge e chi li valorizza, chi sa salire al loro livello, chi li prende sempre sul serio.
Bravo chi riesce a parlare con tutti, chi non tiene la puzza sotto al naso, chi sa mescolarsi alla gente, chi non recita mai, ma sa qual é la sua parte; grande chi sa farsi piccolo e umile, chi non approfitta degli altri, delle avversità e delle disgrazie.
Non so se sia riuscita a rendere l'idea del talento, magari credo di saper concludere qualcosa quando invece non sono che una fra tante, nemmeno poi così speciale.
Intanto mi stavo chiedendo se ancora ho qualcosa da raccontarvi, se quello che penso e digito possa piacervi, interessarvi, coinvolgervi: chissà, quando vi stancherete di me e delle mie bazzecole, cosa mi ritroverò a concludere, magari andrò a letto prima...
A scuola ho assegnato, in seconda, un elaborato scritto sul talento: un autoanalisi che possa spiegare in poche righe quel che i ragazzi pensano, provano, sentono, quello che secondo loro li contraddistingue dagli altri, da tutti gli altri, a cui però ognuno si uniforma poi per non essere escluso, per non sentirsi diverso ed estraneo.
Ognuno di noi può vantare un talento, ne sono sicura; non solo quelli ordinari, comuni, conosciuti come il canto, la danza, la corsa... Direi che ci sono mille capacità nascoste che non aspettano altro che di essere valorizzate, esternate e riconosciute, naturalmente!
Se mi guardo indietro, vedo una bambina tanto volenterosa, incoraggiata in ogni modo dalla sua maestra: l'unica che abbia veramente creduto in me e nelle mie doti, incitandomi, spronandomi al meglio, mi spiace solo non aver compiuto molta strada, non aver realizzato tutti i miei sogni di allora, nella paura di trovarmi davanti ad un immenso mare che non avrei saputo o voluto navigare...
Ma poi quale capacità particolare? C'è chi sa ascoltare, chi riesce a mantenere la calma, chi sa esprimersi in modo chiaro e netto, chi non si stanca mai di ripetere.
La bellezza è un talento o una fortuna? Un ottimo biglietto da visita, sicuro, perché ci si ricorderà sempre di una bellezza non comune, di un modo di fare diverso, più femminile, per non parlare poi degli uomini eleganti, ai matrimoni reali per esempio...
C'è chi riesce a semplificare ogni problema, chi trova ogni possibile soluzione, chi non si lascia abbattere dalle avversità, chi esegue perfettamente gli ordini e anzi li migliora strada facendo. Meraviglioso chi sa parlare ai bambini, chi li sa ascoltare, chi li coinvolge e chi li valorizza, chi sa salire al loro livello, chi li prende sempre sul serio.
Bravo chi riesce a parlare con tutti, chi non tiene la puzza sotto al naso, chi sa mescolarsi alla gente, chi non recita mai, ma sa qual é la sua parte; grande chi sa farsi piccolo e umile, chi non approfitta degli altri, delle avversità e delle disgrazie.
Non so se sia riuscita a rendere l'idea del talento, magari credo di saper concludere qualcosa quando invece non sono che una fra tante, nemmeno poi così speciale.
lunedì 21 maggio 2018
STELLA CHE CAMMINI
Ho pensato molto alle parole giuste per questo articolo, ho riflettuto anche se fosse possibile trovarne di appropriate, calde e ricce; se fossi o meno autorizzata a scrivere ancora di un dolore grande; no non basta grande come aggettivo, siamo di nuovo stretti nel Dolore, il più terribile. Siamo, intendo, noi del paesello, a pochi mesi di distanza; questo annus horribilis vede la disperazione di un'altra famiglia ancora, dopo una lunga malattia.
Persone squisite, forti, unite che hanno cercato in ogni modo umano e con tutte le energie possibili di proteggere il cucciolo di casa; speciale la loro tenacia e il sorriso nel quotidiano, alla ricerca di un po' di serenità, di quella quotidianità lontana dall'esserci, strappata da una sentenza inequivocabile.
Testimonianza che la gioia sta nelle piccole cose, che nessuno deve perdere la Speranza di vivere comunque giorno dopo giorno, non alla ricerca dello straordinario, ma del semplice e ora, del Noi e non dell'Io ad ogni costo, perché il bello sta proprio e solo nel Noi insieme.
Una breve esistenza, troppo breve secondo i parametri umani, quel bocciolo da schiudersi, quell'assaporare appena la dolcezza della vita come fanno proprio i bambini quando rubano un dolcetto e si sporcano le dita, la bocca e le guance e ridono nel momento in cui vengono scoperti, lei che quei dentini neanche li aveva cambiati tutti, quel sorriso per sempre.
Poco le mie parole, meglio il meraviglioso Quasimodo
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
E poi Antonello, inimitabile
Persone squisite, forti, unite che hanno cercato in ogni modo umano e con tutte le energie possibili di proteggere il cucciolo di casa; speciale la loro tenacia e il sorriso nel quotidiano, alla ricerca di un po' di serenità, di quella quotidianità lontana dall'esserci, strappata da una sentenza inequivocabile.
Testimonianza che la gioia sta nelle piccole cose, che nessuno deve perdere la Speranza di vivere comunque giorno dopo giorno, non alla ricerca dello straordinario, ma del semplice e ora, del Noi e non dell'Io ad ogni costo, perché il bello sta proprio e solo nel Noi insieme.
Una breve esistenza, troppo breve secondo i parametri umani, quel bocciolo da schiudersi, quell'assaporare appena la dolcezza della vita come fanno proprio i bambini quando rubano un dolcetto e si sporcano le dita, la bocca e le guance e ridono nel momento in cui vengono scoperti, lei che quei dentini neanche li aveva cambiati tutti, quel sorriso per sempre.
Poco le mie parole, meglio il meraviglioso Quasimodo
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
E poi Antonello, inimitabile
Stella che cammini, nello spazio senza fine
fermati un istante solo un attimo,ascolta i nostri cuoriCaduti in questo mondosiamo in tanti ad aspettaredonaci la pace ai nostri similipane fresco da mangiareProteggi i nostri sogni veri dalla vita quotidianae salvali dell'odio e dal dolorenoi che siamo sempre soli nel buio della notteocchi azzurri per vedere.
Questo amore grande, grande, grande
questo cielo si rischiara in un istantenon andare via, non ci abbandonarestella, stella mia resta sempre nel mio cuore.Proteggi i nostri figli puri nella vita quotidianae salvali dall'odio e dal poterecome il primo giorno come nella fantasiaocchi azzurri per vedere.Grande, grande, grandequesto cielo si rischiara in un istantenon andare via, lasciati cadere,
domenica 20 maggio 2018
E LA CERIMONIA?
E come potevamo sorvolare su una questione tanto importante e pregnante come quella della cerimonia? Per il Maschio Alfa un'altra difficilissima congiunzione astrale, un'altra prova di coraggio, sopportazione e tattica non indifferente che mette a repentaglio la sua incolumità, la sua tranquillità e il suo ovattato mondo.
La Donna comincia i preparativi per la cerimonia almeno un anno prima, con la lista dei lavori da realizzare in casa, preventivi alla mano, elenco dei numeri telefonici degli artigiani e asterischi di gradimento delle amiche, che hanno già provato la bontà dell'opera finita.
A seguire i tendaggi e la tappezzeria, altro improbo sforzo, a cui il Maschio si sottrae volentieri, con la scusa di non capire molto di abbinamento colore/stoffa/consistenza/stagione, appoggiato in questo dalla suocera, sempre solerte sulle sue mancanze in fatto di gusti tessili.
Gli abiti, nota dolente: il Sapiens sa che nell'armadio qualcosa si rimedia sempre, che sia una giacca o una camicia o un maglioncino anni Settanta, che naturalmente la Femmina strapperà dalle sue mani con evidenti smorfie di disgusto. Solo in un giorno di grazia, in un momento di sollecita pace l'Uomo si deciderà ad affrontare un negozio, ma non nell'ora di punta, no, meglio in orario assurdo e poco frequentato: prenderà la prima giacca che troverà e dopo averla provata, si accaparrerà la taglia più grande, di qualsiasi colore non troppo appariscente. Chiamato ad esprimere un parere sull'abito femminile da comprare, l'Uomo preferirebbe sprofondare in una voragine: si sente come Paride che con il suo giudizio è riuscito a scatenare la guerra la Troia.
E mentre la Donna affronta ogni tipo di traversie per fiori, bomboniere, scarpe, rinfresco, partecipazioni, foto, ristorante, invitati, saluti baci e abbracci, il Maschio penserà a comprare il materiale per ridipingere la ringhiera, una, del balcone, bicolore e basta, che poi gli sale il mal di schiena, gli gira la testa e si strappa i muscoli lombari. Finito l'immane restauro, che manco Michelangelo nella Sistina, il Maschio mani ai fianchi ammirerà il risultato tronfio, mentre la Donna ripulisce tutti i mobili, igienizza il bagno, rinfresca la biancheria e prepara la cena.
Sistemato il pennello, il Sapiens ritorna in letargo, da cui si risveglia solo per lamentarsi delle continue spese, della frenesia della compagna, dell'isterismo familiare collettivo e per dolersi di doversi recare in chiesa, compito a cui si sottrarrebbe volentieri, se solo potesse passare inosservato. Il Maschio se spedito ad acquistare rifornimento per accogliere gli ospiti, si presenta a casa con qualche bottiglia di birretta e un prosecco, la morte sua dametterealfresco, scatenando senza neanche rendersene conto l'ira funesta della Donna che citienetroppoafarebellafigura...
L'Uomo allora scuoterà la testa e mesto chiederá una dettagliata lista della spesa.
La Donna comincia i preparativi per la cerimonia almeno un anno prima, con la lista dei lavori da realizzare in casa, preventivi alla mano, elenco dei numeri telefonici degli artigiani e asterischi di gradimento delle amiche, che hanno già provato la bontà dell'opera finita.
A seguire i tendaggi e la tappezzeria, altro improbo sforzo, a cui il Maschio si sottrae volentieri, con la scusa di non capire molto di abbinamento colore/stoffa/consistenza/stagione, appoggiato in questo dalla suocera, sempre solerte sulle sue mancanze in fatto di gusti tessili.
Gli abiti, nota dolente: il Sapiens sa che nell'armadio qualcosa si rimedia sempre, che sia una giacca o una camicia o un maglioncino anni Settanta, che naturalmente la Femmina strapperà dalle sue mani con evidenti smorfie di disgusto. Solo in un giorno di grazia, in un momento di sollecita pace l'Uomo si deciderà ad affrontare un negozio, ma non nell'ora di punta, no, meglio in orario assurdo e poco frequentato: prenderà la prima giacca che troverà e dopo averla provata, si accaparrerà la taglia più grande, di qualsiasi colore non troppo appariscente. Chiamato ad esprimere un parere sull'abito femminile da comprare, l'Uomo preferirebbe sprofondare in una voragine: si sente come Paride che con il suo giudizio è riuscito a scatenare la guerra la Troia.
E mentre la Donna affronta ogni tipo di traversie per fiori, bomboniere, scarpe, rinfresco, partecipazioni, foto, ristorante, invitati, saluti baci e abbracci, il Maschio penserà a comprare il materiale per ridipingere la ringhiera, una, del balcone, bicolore e basta, che poi gli sale il mal di schiena, gli gira la testa e si strappa i muscoli lombari. Finito l'immane restauro, che manco Michelangelo nella Sistina, il Maschio mani ai fianchi ammirerà il risultato tronfio, mentre la Donna ripulisce tutti i mobili, igienizza il bagno, rinfresca la biancheria e prepara la cena.
Sistemato il pennello, il Sapiens ritorna in letargo, da cui si risveglia solo per lamentarsi delle continue spese, della frenesia della compagna, dell'isterismo familiare collettivo e per dolersi di doversi recare in chiesa, compito a cui si sottrarrebbe volentieri, se solo potesse passare inosservato. Il Maschio se spedito ad acquistare rifornimento per accogliere gli ospiti, si presenta a casa con qualche bottiglia di birretta e un prosecco, la morte sua dametterealfresco, scatenando senza neanche rendersene conto l'ira funesta della Donna che citienetroppoafarebellafigura...
L'Uomo allora scuoterà la testa e mesto chiederá una dettagliata lista della spesa.
giovedì 17 maggio 2018
TEMPESTA SOCIAL
Guardate è successo, ma non ho colpa... O almeno non pensavo si scatenasse la tempesta: pioggia di messaggi diffusa, raffiche di parole, telefonino mosso e molto mosso, minuti in ribasso, auspicato un cambio di direzione!
Il fatto è che mi è arrivato un messaggio simpatico e anche gentile, così gentile che non ho potuto fare a meno di rispondere alla richiesta e, con tutta la pazienza che mi ci vuole per armeggiare con il cellulare, oggetto a me estraneo, ho cercato di condividere, pubblicizzare e allargare l'invito, così per solidarietà agli organizzatori, al paesello e all'evento in sé che credo comunque meriti attenzione.
Solo che poi sono stata subissata da risposte, richiami, richieste e ricerca di spiegazioni, a cui a volte neanche ho saputo rispondere, scema tecnologica io.
Chiedo venia, ho letto invocazioni inviperite di silenzio, reclami, scassamenti vari, rotture e imprecazioni, perché poi tutti hanno apprezzato il tono dimesso e cordiale della richiesta e, come in un gioco collettivo, tutti abbiamo risposto, riproposto, allargato, associato il click, per cui tempo qualche minuto e mi sono tornate indietro sollecitazioni, come posta impazzita, la stessa esortazione, la stessa comunicazione a partecipare alla festa.
Potenza del web, potere dei social, velocità di pollice e indice, affetto e attenzione agli amici che chiedono condivisione massima, l'anima ormai del commercio e della visibilità.
Spero almeno che ci incontreremo in quel posto, ci ritroveremo a ridere insieme del caso, non me ne vogliate... E poi ho pensato proprio che mi avessero spedito la pubblicità apposta, per auspicare una mia preziosa presenza, in quanto sono una blogger di successo, che puó contribuire alla riuscita di un evento...
Il fatto è che mi è arrivato un messaggio simpatico e anche gentile, così gentile che non ho potuto fare a meno di rispondere alla richiesta e, con tutta la pazienza che mi ci vuole per armeggiare con il cellulare, oggetto a me estraneo, ho cercato di condividere, pubblicizzare e allargare l'invito, così per solidarietà agli organizzatori, al paesello e all'evento in sé che credo comunque meriti attenzione.
Solo che poi sono stata subissata da risposte, richiami, richieste e ricerca di spiegazioni, a cui a volte neanche ho saputo rispondere, scema tecnologica io.
Chiedo venia, ho letto invocazioni inviperite di silenzio, reclami, scassamenti vari, rotture e imprecazioni, perché poi tutti hanno apprezzato il tono dimesso e cordiale della richiesta e, come in un gioco collettivo, tutti abbiamo risposto, riproposto, allargato, associato il click, per cui tempo qualche minuto e mi sono tornate indietro sollecitazioni, come posta impazzita, la stessa esortazione, la stessa comunicazione a partecipare alla festa.
Potenza del web, potere dei social, velocità di pollice e indice, affetto e attenzione agli amici che chiedono condivisione massima, l'anima ormai del commercio e della visibilità.
Spero almeno che ci incontreremo in quel posto, ci ritroveremo a ridere insieme del caso, non me ne vogliate... E poi ho pensato proprio che mi avessero spedito la pubblicità apposta, per auspicare una mia preziosa presenza, in quanto sono una blogger di successo, che puó contribuire alla riuscita di un evento...
mercoledì 16 maggio 2018
SE UNA SERA...
Il quindici di maggio, al paesello, si snoda per le vie del centro la processione del Santo, co-patrono, vale a dire una delle tante nostre contraddizioni.
Luminarie, chiesa della Rocca aperta e addobbata a festa, facchini in completo bianco e amaranto, folla, ma non è il Santo protettore vero e proprio Sant'Eutizio.
Comunque pur piovendo tutto il giorno, fino a tardo pomeriggio, tanto da decidere di non organizzare per i fuochi artificiali, la processione si fa, prende il via dalla chiesa appunto all'interno del Rione più antico e poi in discesa. La gente si rammarica del freddo, dell'occasione infrasettimanale e molti infatti non hanno partecipato, spero non siano coloro che di solito si lamentano che al paesello non si svolga mai nulla di interessante, hanno anche perso l'occasione di godere della piazza ossigenata, cioè senza il traffico tossico di auto in cerca di parcheggio, tutto libero manco sembra vero.
Il Sindaco fasciato c'è, le guardie, il Comitato festeggiamenti e naturalmente noi, quelli del 75, pochi ma buoni e le altre Classi, quelle che hanno dato vita alla tradizione? Ah, la tradizione... Altra contraddizione del paesello mio, hanno cominciato quelli del 72, al loro quarantesimo anno, poi, dopo il 77 - come dire - qualcosa non ha funzionato...
Però esiste comunque un buon Comitato interclasse che ha lavorato per realizzare eventi e occasioni, per il concerto e tutto il resto.
La tradizione popolare, la richiesta di aiuto o di un miracolo, la preghiera collettiva, il ritrovarsi tutti insieme, lo scambio di battute e qualche buon sorriso, ognuno pensi al motivo che lo ha spinto a partecipare, per cui non sia rimasto al caldo di casa, coccolato in poltrona. E poi la musica della banda, dei nostri musicisti giovani e giovanissimi: a me piace partecipare, far parte del gruppo che ha lavorato un anno per la festa e la cittadinanza.
Perché non continuare con certi appuntamenti, impegni, idee?
Luminarie, chiesa della Rocca aperta e addobbata a festa, facchini in completo bianco e amaranto, folla, ma non è il Santo protettore vero e proprio Sant'Eutizio.
Comunque pur piovendo tutto il giorno, fino a tardo pomeriggio, tanto da decidere di non organizzare per i fuochi artificiali, la processione si fa, prende il via dalla chiesa appunto all'interno del Rione più antico e poi in discesa. La gente si rammarica del freddo, dell'occasione infrasettimanale e molti infatti non hanno partecipato, spero non siano coloro che di solito si lamentano che al paesello non si svolga mai nulla di interessante, hanno anche perso l'occasione di godere della piazza ossigenata, cioè senza il traffico tossico di auto in cerca di parcheggio, tutto libero manco sembra vero.
Il Sindaco fasciato c'è, le guardie, il Comitato festeggiamenti e naturalmente noi, quelli del 75, pochi ma buoni e le altre Classi, quelle che hanno dato vita alla tradizione? Ah, la tradizione... Altra contraddizione del paesello mio, hanno cominciato quelli del 72, al loro quarantesimo anno, poi, dopo il 77 - come dire - qualcosa non ha funzionato...
Però esiste comunque un buon Comitato interclasse che ha lavorato per realizzare eventi e occasioni, per il concerto e tutto il resto.
La tradizione popolare, la richiesta di aiuto o di un miracolo, la preghiera collettiva, il ritrovarsi tutti insieme, lo scambio di battute e qualche buon sorriso, ognuno pensi al motivo che lo ha spinto a partecipare, per cui non sia rimasto al caldo di casa, coccolato in poltrona. E poi la musica della banda, dei nostri musicisti giovani e giovanissimi: a me piace partecipare, far parte del gruppo che ha lavorato un anno per la festa e la cittadinanza.
Perché non continuare con certi appuntamenti, impegni, idee?
- La chiesa di Sant'Eutizio alla Rocca
- Le ragazze del '75: Simona C., Francesca, Alessia F., Cinzia U., Rosanna e Alessandra
- La banda
- I Facchini che si preparano al trasporto 2018
- Per le vie del paese, come sempre apre la processione la Croce
- Ultima stazione, in piazza, prima della corsa finale
martedì 15 maggio 2018
SANT'EUTIZIO, LA FRAZIONE: LA BANDA E IL SANTO
Il quattordici di maggio è tradizione portare in processione la statua del Santo Patrono per le vie delle campagne circostanti il convento dei Passionisti, una splendida tradizione che raccoglie tutti gli abitanti, compresi piccoli e piccolissimi. Questa sera l'aria non sembra per niente primaverile e i grandi fuochi agli incroci non bastano a scaldare i passanti, ma il cielo è trapuntato di stelle, non piove anche sa ha minacciato per tutto il pomeriggio e questo basta a calmare gli animi.
Bello partecipare, camminare recitando il rosario dietro ai facchini, alla banda, al Sindaco e alle autorità: padre Aldo e padre Pablo animano il pellegrinaggio con preghiere e invocazioni, considerazioni e discorsi, si sta in silenzio e si risponde alla fine.
Per il tragitto incontriamo tante persone ai lati della strada e davanti ai cancelli delle case: sono coloro che hanno provveduto con un ottimo lavoro certosino, curato impeccabile ad erigere altarini e punti di riposo, stazioni per rifocillare i portantini e permettere a tutti di riprendere fiato.
Sono andata per accompagnare il primogenito, che suona nella banda del paesello: emozione notturna, giro lungo ma comodo e spedito, ci illuminano il cammino piccoli ceri e candele, intorno il buio. Mi piace, l'ho scoperta solo lo scorso anno, un'occasione che mi era sfuggita negli anni passati, ma che ho rinnovato con molto piacere, perché si sente molto la partecipazione a partire dalle famiglie, con i passeggini, dei giovani con i genitori e degli anziani, attaccati alle tradizioni con forza.
Erano presenti anche i bambini della Prima Comunione, emozionati protagonisti loro
Come diciamo sempre, ad ognuno il proprio pensiero, ad ognuno il proprio modo di affrontare il mondo: probabilmente questo per molti non sarà né l'unico né il più efficace, pace.
Bello partecipare, camminare recitando il rosario dietro ai facchini, alla banda, al Sindaco e alle autorità: padre Aldo e padre Pablo animano il pellegrinaggio con preghiere e invocazioni, considerazioni e discorsi, si sta in silenzio e si risponde alla fine.
Per il tragitto incontriamo tante persone ai lati della strada e davanti ai cancelli delle case: sono coloro che hanno provveduto con un ottimo lavoro certosino, curato impeccabile ad erigere altarini e punti di riposo, stazioni per rifocillare i portantini e permettere a tutti di riprendere fiato.
Sono andata per accompagnare il primogenito, che suona nella banda del paesello: emozione notturna, giro lungo ma comodo e spedito, ci illuminano il cammino piccoli ceri e candele, intorno il buio. Mi piace, l'ho scoperta solo lo scorso anno, un'occasione che mi era sfuggita negli anni passati, ma che ho rinnovato con molto piacere, perché si sente molto la partecipazione a partire dalle famiglie, con i passeggini, dei giovani con i genitori e degli anziani, attaccati alle tradizioni con forza.
Erano presenti anche i bambini della Prima Comunione, emozionati protagonisti loro
Come diciamo sempre, ad ognuno il proprio pensiero, ad ognuno il proprio modo di affrontare il mondo: probabilmente questo per molti non sarà né l'unico né il più efficace, pace.
domenica 13 maggio 2018
GIOCAVANO SULLE ACQUE...
Di sabato pomeriggio, abbiamo tante incombenze, ma noi genitori nel pallone non possiamo rinunciare alla convocazione del Mister, a Corchiano, anche se il cielo minaccia tempesta e i tuoni rimbombano: appuntamento al campo del paesello per le 16:30, tutti pronti.
Si arriva e si trova la partita precedente sospesa, il campo "terreno" spaventa, già come un grande stagno, si ciondola un poco, un caffè al bar, tanto per attendere la decisione arbitrale, che sembra scontata.
Chi era in attesa riesce a terminare il primo tempo - pausa - secondo tempo.
Non sappiamo neanche come sia finita perché ci allontaniamo per un giro a piedi e un gelato, fatto sta che quando ritorniamo tocca ai nostri campioni, completo giallo, lindo e sgargiante che dura dagli spogliatoi alla linea di centrocampo. Gli atleti si schierano, fischio e saluto a rotazione delle due squadre; poi i ragazzi si abbracciano e formano un semicerchio, tengono il lutto al braccio: si ricorda, con il silenzio, Riccardo.
Poi il gioco, due tempi da trentacinque minuti sempre in avanti, sempre aggressivi per due reti e vantaggio sia; il loro portiere si trova in netto affanno, ma le azioni dei Nostri non arrivano a buon fine: sfiorano, stoccano, fanno tremare la porta, i pali, ma non comportano una supremazia, anzi...
Gli avversari due occasioni si creano e due volte segnano, su rigore - inesistente? - e su punizione: sempre così, sembra un copione ormai scritto.
E dagli spalti arrivano suggerimenti in tutti i dialetti d'Italia dagli adulti accompagnatori: applausi, incoraggiamenti, qualche sfottó, presa in giro bonaria: i grandi ci tengono ai pargoli, specie se soffrono con loro, si emozionano e attendono in tutto "solo" quattro ore, perché dopo lo scontro diretto, bisogna pure togliersi il fango incrostato, dagli scarpini ai capelli.
Un pareggio ci sta stretto, specie se si considera che si primeggiava per due reti, ma la prendiamo con filosofia calcistica e un grande abbraccio sportivo, amici.
https://www.facebook.com/PolisportivaMC/
Si arriva e si trova la partita precedente sospesa, il campo "terreno" spaventa, già come un grande stagno, si ciondola un poco, un caffè al bar, tanto per attendere la decisione arbitrale, che sembra scontata.
Chi era in attesa riesce a terminare il primo tempo - pausa - secondo tempo.
Non sappiamo neanche come sia finita perché ci allontaniamo per un giro a piedi e un gelato, fatto sta che quando ritorniamo tocca ai nostri campioni, completo giallo, lindo e sgargiante che dura dagli spogliatoi alla linea di centrocampo. Gli atleti si schierano, fischio e saluto a rotazione delle due squadre; poi i ragazzi si abbracciano e formano un semicerchio, tengono il lutto al braccio: si ricorda, con il silenzio, Riccardo.
Poi il gioco, due tempi da trentacinque minuti sempre in avanti, sempre aggressivi per due reti e vantaggio sia; il loro portiere si trova in netto affanno, ma le azioni dei Nostri non arrivano a buon fine: sfiorano, stoccano, fanno tremare la porta, i pali, ma non comportano una supremazia, anzi...
Gli avversari due occasioni si creano e due volte segnano, su rigore - inesistente? - e su punizione: sempre così, sembra un copione ormai scritto.
E dagli spalti arrivano suggerimenti in tutti i dialetti d'Italia dagli adulti accompagnatori: applausi, incoraggiamenti, qualche sfottó, presa in giro bonaria: i grandi ci tengono ai pargoli, specie se soffrono con loro, si emozionano e attendono in tutto "solo" quattro ore, perché dopo lo scontro diretto, bisogna pure togliersi il fango incrostato, dagli scarpini ai capelli.
Un pareggio ci sta stretto, specie se si considera che si primeggiava per due reti, ma la prendiamo con filosofia calcistica e un grande abbraccio sportivo, amici.
https://www.facebook.com/PolisportivaMC/
lunedì 7 maggio 2018
A VOLTE MI VERGOGNO
L'altro giorno ero impegnata nello scritto di due esami universitari, un primo passo per diventare una buona insegnante, con me almeno altre cinquanta persone più o meno giovani; mi guardavo attorno cercando di capire l'età di ognuno e sentirmi meno stupida. Non sono più ragazzetta e qualche volta penso a cosa abbia combinato fino a questo momento per ritrovarmi ancora precaria, mi pongo la domanda e mi rispondo da sola naturalmente: da giovane, invece di pensare alla carriera, ad un lavoro serio, ho fatto la mamma, tutta presa con pediatra, pannolini e pappe. Certo ho sempre lavorato, ma in modo che potessi comunque essere presente, accontentandomi di paghe non proprio esaltanti e di orari flessibili. Tutto questo ha alle spalle mille personali e familiari motivazioni, fatto sta che ora mi ritrovo con un'ottima possibilità ad un' età non proprio consona.
Poi considero chi mi circonda e mi rendo conto di quanti si rimettono in gioco, si ricreano, si specializzano e riprendono a studiare... E allora mi rincuoro.
Il mio abbigliamento, sempre comodo e quasi mai adeguato.
Ho da tempo - se mai abbia cominciato - abbandonato l'eleganza e lo stile giusto, preferendo la praticità e la comodità appunto: qualche volta me ne vergogno, forse non mi valorizzo, perdo punti e passo inosservata nelle migliori occasioni; ipotesi mia: meglio colpire e rimanere impressi per ciò che sai che per ciò che sembri sapere. E poi molti ti sottovalutano fermandosi all'aspetto esteriore, allora tu sei lì a colpirli con la tua intelligenza, forse.
A volte penso di poter risolvere ogni problema, ogni ostacolo con la forza della parola, con il confronto e il dialogo: non succede così nella realtà, spesso le persone non sono disposte ad ascoltarti, rimangono arroccate nella loro idea, nella convinzione di essere nel giusto, senza aperture o concessioni, punto. Me ne vergogno, sono troppo infantile e ottimista.
A volte penso di poter aspirare a entrare nell'Olimpo degli dei, nella cerchia delle persone che contano, per qualche arcano pregio socio-letterario che mi attribuisco, una parvenza di cultura che invece non merita evidentemente attenzione altrui. Ecco allora che mi vergogno solo dell'idea balzana e gli altri mi rimettono velocemente al mio posto.
Qualche volta credo che da grande diventerò una brava scrittrice, di quelle che sanno riversare in pensieri e parole i propri sentimenti, umori, soluzioni, fatti e misfatti; poi però mi ricredo, torno con i piedi per terra e mi vergogno di aver scoperto tanto di me.
Poi considero chi mi circonda e mi rendo conto di quanti si rimettono in gioco, si ricreano, si specializzano e riprendono a studiare... E allora mi rincuoro.
Il mio abbigliamento, sempre comodo e quasi mai adeguato.
Ho da tempo - se mai abbia cominciato - abbandonato l'eleganza e lo stile giusto, preferendo la praticità e la comodità appunto: qualche volta me ne vergogno, forse non mi valorizzo, perdo punti e passo inosservata nelle migliori occasioni; ipotesi mia: meglio colpire e rimanere impressi per ciò che sai che per ciò che sembri sapere. E poi molti ti sottovalutano fermandosi all'aspetto esteriore, allora tu sei lì a colpirli con la tua intelligenza, forse.
A volte penso di poter risolvere ogni problema, ogni ostacolo con la forza della parola, con il confronto e il dialogo: non succede così nella realtà, spesso le persone non sono disposte ad ascoltarti, rimangono arroccate nella loro idea, nella convinzione di essere nel giusto, senza aperture o concessioni, punto. Me ne vergogno, sono troppo infantile e ottimista.
A volte penso di poter aspirare a entrare nell'Olimpo degli dei, nella cerchia delle persone che contano, per qualche arcano pregio socio-letterario che mi attribuisco, una parvenza di cultura che invece non merita evidentemente attenzione altrui. Ecco allora che mi vergogno solo dell'idea balzana e gli altri mi rimettono velocemente al mio posto.
Qualche volta credo che da grande diventerò una brava scrittrice, di quelle che sanno riversare in pensieri e parole i propri sentimenti, umori, soluzioni, fatti e misfatti; poi però mi ricredo, torno con i piedi per terra e mi vergogno di aver scoperto tanto di me.
venerdì 4 maggio 2018
LA POLEMICA SCEMA
Non che ci sia bisogno della mia opinione, a questo mondo, ma ora mi interessa parlarvi dell'ultima polemica social, che mi ha scatenato un po' di orticaria, così.
Allora il 1 maggio tutti a Roma, davanti a San Giovanni in Laterano, una delle quattro principali basiliche da visitare ad esempio nell'Anno Santo, quello giubilare, ma qui ci interessa il concertone - che orribile lemma - lo spettacolo canoro gratuito, organizzato dalle sigle sindacali tutte. Si parla di lavoro, di disoccupazione, di sicurezza e non mi sembra poco. To', sul palco c'è Ambra Angiolini, una delle bambine di Non è la Rai di Boncompagni, ormai grande, vaccinata, famosa, amica di un certo allenatore di una certa squadra bianconera, sarà facoltosa, ricca o una poveraccia trovata per caso a cui affidare un lavoro per racimolare qualche quattrino?
Beh, i soliti geni della lampada social si scatenano, perché codesta icona televisiva indossa un maglioncino, il primo trovato nell'armadio o nel cassetto, di una stilista italiana. Scandalo.
Ma dai? Ambra sarebbe dovuta salire sul palco dalla Capitale per presentare - lavoro suo - tutti i grandi nomi della musica leggera con una vestaglietta, una blusa, una camicia usata?
Ma fatemi il piacere...
Che ipocrisia è mai questa?
Ma ci scopriamo puristi comunisti il 1 maggio?
Ma fatemi il piacere, di nuovo...
Come se non volessimo tutti avere a disposizione una carta illimitata per spendere e spandere a via Condotti, a Piazza di Spagna occhesoio... Una icona della televisione, osannata, fotografata, spiata che fa vendere migliaia di copie di giornali scandalistici, che dettava le regole della moda quando aveva quindici anni alle sue coetanee dalla trasmissione di Canale 5, ora dovrebbe vestire si stracci...
Ipocrisia pura.
E il prossimo anno chiamassero Chiara Ferragni.
https://www.huffingtonpost.it/2018/05/02/le-polemiche-per-il-pullover-da-325-euro-di-ambra-angiolini-ecco-i-comunisti-sul-palco-del-concertone_a_23425291/
Allora il 1 maggio tutti a Roma, davanti a San Giovanni in Laterano, una delle quattro principali basiliche da visitare ad esempio nell'Anno Santo, quello giubilare, ma qui ci interessa il concertone - che orribile lemma - lo spettacolo canoro gratuito, organizzato dalle sigle sindacali tutte. Si parla di lavoro, di disoccupazione, di sicurezza e non mi sembra poco. To', sul palco c'è Ambra Angiolini, una delle bambine di Non è la Rai di Boncompagni, ormai grande, vaccinata, famosa, amica di un certo allenatore di una certa squadra bianconera, sarà facoltosa, ricca o una poveraccia trovata per caso a cui affidare un lavoro per racimolare qualche quattrino?
Beh, i soliti geni della lampada social si scatenano, perché codesta icona televisiva indossa un maglioncino, il primo trovato nell'armadio o nel cassetto, di una stilista italiana. Scandalo.
Ma dai? Ambra sarebbe dovuta salire sul palco dalla Capitale per presentare - lavoro suo - tutti i grandi nomi della musica leggera con una vestaglietta, una blusa, una camicia usata?
Ma fatemi il piacere...
Che ipocrisia è mai questa?
Ma ci scopriamo puristi comunisti il 1 maggio?
Ma fatemi il piacere, di nuovo...
Come se non volessimo tutti avere a disposizione una carta illimitata per spendere e spandere a via Condotti, a Piazza di Spagna occhesoio... Una icona della televisione, osannata, fotografata, spiata che fa vendere migliaia di copie di giornali scandalistici, che dettava le regole della moda quando aveva quindici anni alle sue coetanee dalla trasmissione di Canale 5, ora dovrebbe vestire si stracci...
Ipocrisia pura.
E il prossimo anno chiamassero Chiara Ferragni.
https://www.huffingtonpost.it/2018/05/02/le-polemiche-per-il-pullover-da-325-euro-di-ambra-angiolini-ecco-i-comunisti-sul-palco-del-concertone_a_23425291/
giovedì 3 maggio 2018
IL RINNOVO DEL DOCUMENTO
E se la vostra carta di identità sta per scadere, se per caso possedete un documento in procinto di invalidarsi, correte ai ripari e seguite la mia storia!
Intanto considerate i tempi.
Carta scaduta, mi dirigo mesta presso gli uffici comunali, dove un'impiegata di buon umore mi ha subito aiutata, consultando l'archivio del Ministero per prendere un appuntamento, e sì, perché ormai il cartaceo va a morire sostituito dall'elettronico direttamente dallo Stato, che però ha i suoi tempi... Appuntamento fissato per dieci giorni dopo, nel pomeriggio ora spaccata e senza ripensamenti, perché il cervellone ricorda e non si può tentare una scorciatoia, un appuntamento alla volta o si rinuncia e si riprende.
Mi dimentico di chiedere informazioni in merito alla foto tessera, così la prima mattinata libera torno allo stesso ufficio e trovo la stessa signora, gentile ancora una volta, che mi indirizza con qualche battuta presso uno studio in cui eventualmente potrei usufruire di un aiutino cromatico...
Nello studio: seduta, sguardo fisso in avanti, testa dritta, viso libero dai capelli e senza occhiali, cercadisorridere - dovreidormiredipiù - mesapropriodisì. La fotografa mi fa guardare il risultato sulla macchinetta, mi spavento, sarà colpa delle lampade a ombrello che mi sparano luce bianca ai lati, sembro un'enorme polpetta con le occhiaie, rido e l'altro tentativo viene bene, non che sembri una belle donna, ma nemmeno una cozza.
Pomeriggio in ufficio, fila veloce, mi siedo, con il numero della prenotazione, le quattro foto che mi guardano fisse, portafogli e vecchio documento: dati giusti, premo prima con l'indice destro, poi con il sinistro più volte su una specie di campanello schermato, mi prendono le impronte, se solo il Sistema le volesse... Tocca al ritratto che viene inserito in uno scanner, digitalizzato con un procedimento che mi traccia degli occhialetti rossi sullo schermo del computer dell'impiegato, orribile al cubo e poi foto restituita, ora i quattro quadratini riposano nella borsa, me ne dovrei sbarazzare.
Poi firma su carta, sempre passata allo scanner e quindi riprodotta sul computer, inquadrata e via, sembra che sia tutto andato a buon fine, pago. Il tutto mi è costato una trentina d'euro e ancora una settimana di attesa per ricevere la carta elettronica direttamente a casa, moderna io!
In copertina la mia foto tessera... Avrei dovuto truccarmi, colorarmi un poco, evidenziare gli occhi, invece nel mio giorno libero mi sono lasciata andare all'effetto naturlae, considerate il risultato.
Intanto considerate i tempi.
Carta scaduta, mi dirigo mesta presso gli uffici comunali, dove un'impiegata di buon umore mi ha subito aiutata, consultando l'archivio del Ministero per prendere un appuntamento, e sì, perché ormai il cartaceo va a morire sostituito dall'elettronico direttamente dallo Stato, che però ha i suoi tempi... Appuntamento fissato per dieci giorni dopo, nel pomeriggio ora spaccata e senza ripensamenti, perché il cervellone ricorda e non si può tentare una scorciatoia, un appuntamento alla volta o si rinuncia e si riprende.
Mi dimentico di chiedere informazioni in merito alla foto tessera, così la prima mattinata libera torno allo stesso ufficio e trovo la stessa signora, gentile ancora una volta, che mi indirizza con qualche battuta presso uno studio in cui eventualmente potrei usufruire di un aiutino cromatico...
Nello studio: seduta, sguardo fisso in avanti, testa dritta, viso libero dai capelli e senza occhiali, cercadisorridere - dovreidormiredipiù - mesapropriodisì. La fotografa mi fa guardare il risultato sulla macchinetta, mi spavento, sarà colpa delle lampade a ombrello che mi sparano luce bianca ai lati, sembro un'enorme polpetta con le occhiaie, rido e l'altro tentativo viene bene, non che sembri una belle donna, ma nemmeno una cozza.
Pomeriggio in ufficio, fila veloce, mi siedo, con il numero della prenotazione, le quattro foto che mi guardano fisse, portafogli e vecchio documento: dati giusti, premo prima con l'indice destro, poi con il sinistro più volte su una specie di campanello schermato, mi prendono le impronte, se solo il Sistema le volesse... Tocca al ritratto che viene inserito in uno scanner, digitalizzato con un procedimento che mi traccia degli occhialetti rossi sullo schermo del computer dell'impiegato, orribile al cubo e poi foto restituita, ora i quattro quadratini riposano nella borsa, me ne dovrei sbarazzare.
Poi firma su carta, sempre passata allo scanner e quindi riprodotta sul computer, inquadrata e via, sembra che sia tutto andato a buon fine, pago. Il tutto mi è costato una trentina d'euro e ancora una settimana di attesa per ricevere la carta elettronica direttamente a casa, moderna io!
In copertina la mia foto tessera... Avrei dovuto truccarmi, colorarmi un poco, evidenziare gli occhi, invece nel mio giorno libero mi sono lasciata andare all'effetto naturlae, considerate il risultato.
LA LISTA NERA
E parliamo di una categoria poco protetta, poco stimata, ma altrettanto in pericolo, sotto o fuori controllo, dipende dai punti di vista: il maschio Alfa, il Sapiens Sapiens, l'uomo di casa che si occupa della spesa.
Facile, penseranno subito le donne non ammogliate e no! Si tratta di uno dei compiti più duri, difficoltosi e rischiosi che si possano assegnare ad un innocuo, morbido e laconico Uomo, che non vorrebbe essere disturbato e distolto dai suoi pensieri, specie il sabato mattina.
Il Maschio non si arrischia, no, pretende la lista dei desiderata, meglio se tramite messaggino, da consultare sul cellulare, sempre a portata di mano, non come la lista cartacea che potrebbe venire smarrita o lasciata sulla scrivania.
Al supermercato si comincia dalla porta scorrevole, dove di solito sono posizionate le casse d'acqua e via verso mondi conosciuti di corridoio in corridoio, di corsia in corsia, tutto regolare, a tappe ben definite, cercando di non aggiungere qualcosa alla fine che lo costringa a tornare indietro.
Segnare, oltre al nome originale, anche la quantità sempre precisa, che non si dica poi che la scorta sia insufficiente, scarsa o a rischio fine: l'Uomo di solito è anche molto previdente, potrebbe comunque acquistare in quantità industriali qualcosa di cui prevede un consumo esagerato; non si può raccomandare un prodotto, perché l'informazione poi rimane nella memoria del Maschio che, ogni volta ne avrà occasione, comprerà il prodotto, con il rischio di non avere più posto in dispensa.
E vogliamo parlare delle offerte? Il Maschio cade, cede, viene attratto e non ragiona quando capta una magica offerta, un treperdue solo per oggi o una vantaggiosissima confezione famiglia/roba da sfamare i Romani in Gallia: due chili di riso, ventiquattro salsicce, il barattolo di cioccolata enorme...
E quando la Donna chiede qualcosa di sfizioso, senza offrire ulteriori dettagli, l'Uomo trema: cosa avrà voluto dire, cosa le potrebbe piacere, dolce o salato? E niente, alla perfida difficilmente il desiderio sarà esaudito, perché per quanto si arrabatti, l'uomo non è in grado di soddisfare ogni voglia, specie se la Femmina attraversa uno di quei momenti no che vanno dal pre-ciclo al post-ciclo, dalla gravidanza all'allattamento, dalla dieta dissociata al cibo sano e salutare.
E per girare nei negozietti? L'Uomo si reca, anzi si arrischia a trattare solo con commercianti che già conosce, ma che soprattutto conoscono i gusti, le scelte e il volere della Femmina: solo così il Maschio sarà libero di consultare la lista e poi affermare tranquillo e sicuro: "Dammi quello che prende sempre lei, così non sbaglio..."
Povero lui...
Facile, penseranno subito le donne non ammogliate e no! Si tratta di uno dei compiti più duri, difficoltosi e rischiosi che si possano assegnare ad un innocuo, morbido e laconico Uomo, che non vorrebbe essere disturbato e distolto dai suoi pensieri, specie il sabato mattina.
Il Maschio non si arrischia, no, pretende la lista dei desiderata, meglio se tramite messaggino, da consultare sul cellulare, sempre a portata di mano, non come la lista cartacea che potrebbe venire smarrita o lasciata sulla scrivania.
Al supermercato si comincia dalla porta scorrevole, dove di solito sono posizionate le casse d'acqua e via verso mondi conosciuti di corridoio in corridoio, di corsia in corsia, tutto regolare, a tappe ben definite, cercando di non aggiungere qualcosa alla fine che lo costringa a tornare indietro.
Segnare, oltre al nome originale, anche la quantità sempre precisa, che non si dica poi che la scorta sia insufficiente, scarsa o a rischio fine: l'Uomo di solito è anche molto previdente, potrebbe comunque acquistare in quantità industriali qualcosa di cui prevede un consumo esagerato; non si può raccomandare un prodotto, perché l'informazione poi rimane nella memoria del Maschio che, ogni volta ne avrà occasione, comprerà il prodotto, con il rischio di non avere più posto in dispensa.
E vogliamo parlare delle offerte? Il Maschio cade, cede, viene attratto e non ragiona quando capta una magica offerta, un treperdue solo per oggi o una vantaggiosissima confezione famiglia/roba da sfamare i Romani in Gallia: due chili di riso, ventiquattro salsicce, il barattolo di cioccolata enorme...
E quando la Donna chiede qualcosa di sfizioso, senza offrire ulteriori dettagli, l'Uomo trema: cosa avrà voluto dire, cosa le potrebbe piacere, dolce o salato? E niente, alla perfida difficilmente il desiderio sarà esaudito, perché per quanto si arrabatti, l'uomo non è in grado di soddisfare ogni voglia, specie se la Femmina attraversa uno di quei momenti no che vanno dal pre-ciclo al post-ciclo, dalla gravidanza all'allattamento, dalla dieta dissociata al cibo sano e salutare.
E per girare nei negozietti? L'Uomo si reca, anzi si arrischia a trattare solo con commercianti che già conosce, ma che soprattutto conoscono i gusti, le scelte e il volere della Femmina: solo così il Maschio sarà libero di consultare la lista e poi affermare tranquillo e sicuro: "Dammi quello che prende sempre lei, così non sbaglio..."
Povero lui...
mercoledì 2 maggio 2018
UNO STATO FONDATO SUL LAVORO
E quest'anno ha un sapore diverso il 1 maggio: sono sotto contratto, a tempo determinato ma che arriverà all'estate; ho uno stipendio - e il mutuo non fa più paura; esercito una delle professioni più importanti per la società civile, dal mio modesto punto di vista e ne sono fiera; cerco di onorare l'impegno, come meglio riesco, ma non sempre torno a casa soddisfatta di quello che ho dato ai miei ragazzi; mi sto formando perché sono incompleta e studio per capire dove non devo sbagliare e dove è obbligatorio migliorarsi.
Insegno, il che significa che ogni mattina davanti a me trovo centoventi occhi che mi squadrano dagli occhiali alle scarpe, sessanta giovani menti che vorrebbero stare altrove, meglio se distese e con le cuffie alle orecchie; vorrebbero scrivere - e lo fanno - come parlano, magari con farcitura di termini dialettali, senza il minimo riguardo per la consecutio temporum.
I miei ragazzi ancora non hanno deciso chi diventeranno da grandi, ma sicuramente sanno cosa non faranno, insegnare per esempio.
Ho l'ingrato compito di giudicarli per come si esprimono, per quanto si ricordano, per come hanno parafrasato un'ottava di Ariosto, quando vorrebbero loro recarsi sulla Luna e magari restarci, fino all'ora degli allenamenti.
Li torturo con l'analisi grammaticale, logica o del periodo, poi mi consegnano la verifica e scuotono mesti la testa se non ci hanno capito niente; odiano i verbi e sbagliano le forme del passato remoto, ma sanno inventarne certe che è una meraviglia.
Ho l'obbligo di educarli al rispetto delle regole, alla convivenza civile e a chiedere la parola alzando la mano non solo per andare in bagno; sono teneri e innamorati i più grandi e mentre spiego i concetti ermetici guardano fuori dalla finestra e ascoltano il cinguettio pascoliano, ammirano il panorama leopardiano e si sentono siccome immobili...
Ogni nuova proposta, ogni impegno, ogni esperimento linguistico li sconvolge e come prima reazione sbuffano, poi però passa e si dimenticano il quaderno a casa, il diario sotto al banco, hanno avuto la febbre e la nonna da ricoverare.
Li forzo a ragionare, a non fidarsi delle immagini e a non credere alle favole social, sportive e di ricchi sfondati youtuber, che trascorrono l'esistenza davanti alla videocamera, ma non molte frecce al mio arco razionale.
Adoro questo mestiere, non sono un granché seduta alla cattedra, ma mi sto impegnando a migliorare... E domani mattina sottoporró ai piú grandi questo testo che ho scoperto per caso:
https://www.poesieracconti.it/poesie/a/costantino-kavafis/itaca
https://www.poesieracconti.it/poesie/a/costantino-kavafis/itaca
martedì 1 maggio 2018
FIGLIO DI...
E quest'oggi ricordiamo i lavoratori, tutti, a tempo determinato, indeterminato, part time verticale o orizzontale, con contratto di solidarietà, a progetto, a partita iva, a provvigione, a percentuale...
E mi piace riflettere con voi sulla Parola ascoltata in chiesa; questo Vangelo mi colpisce sempre, per due motivi: il sottolineare il mestiere del padre come discriminante di riconoscimento e il famoso commento Nemo propheta in patria.
Le proprie origini: niente di più nobile e onorevole, se il lavoro dei genitori assennati è onesto e pulito, di cui andare fieri per spiccare poi il volo della vita adulta, da emulare, da tenere come esempio, da seguire o perpetuare. C'è chi si vergogna di ricordare da dove è partito, chi preferisce rimanere laconico e vago, chi omette di citare la terra natale; chi invece sbandiera ai quattro venti il paesello suo e l'albero genealogico; dipende dalla reddito, dalla dichiarazione, dagli amici che frequenta o dal posto che cerca di occupare nella società?
Ad ognuno il suo comportamento, pace agli uomini di buona volontà.
E poi una delle citazioni evangeliche che prediligo: nessuno è profeta in patria; per invidia, per incomprensione, per inferiorità, per egoismo? Non saprei cosa rispondere, qualche volta si viene esclusi se si rischia di schiacciare il piede agli altri, se si rompono le uova nel paniere altrui, se non si accettano certe condizioni, se...
E allora basta essere coscienti del proprio valore, continuare per la propria strada senza compromessi, rimarcare le proprie convinzioni...?
E non rispondete in modo superficiale, perché la teoria è sempre chiara a tutti, poi nella pratica tra il figlio di un falegname e quello di un notaio...
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. Mt 13, 54-58.
E mi piace riflettere con voi sulla Parola ascoltata in chiesa; questo Vangelo mi colpisce sempre, per due motivi: il sottolineare il mestiere del padre come discriminante di riconoscimento e il famoso commento Nemo propheta in patria.
Le proprie origini: niente di più nobile e onorevole, se il lavoro dei genitori assennati è onesto e pulito, di cui andare fieri per spiccare poi il volo della vita adulta, da emulare, da tenere come esempio, da seguire o perpetuare. C'è chi si vergogna di ricordare da dove è partito, chi preferisce rimanere laconico e vago, chi omette di citare la terra natale; chi invece sbandiera ai quattro venti il paesello suo e l'albero genealogico; dipende dalla reddito, dalla dichiarazione, dagli amici che frequenta o dal posto che cerca di occupare nella società?
Ad ognuno il suo comportamento, pace agli uomini di buona volontà.
E poi una delle citazioni evangeliche che prediligo: nessuno è profeta in patria; per invidia, per incomprensione, per inferiorità, per egoismo? Non saprei cosa rispondere, qualche volta si viene esclusi se si rischia di schiacciare il piede agli altri, se si rompono le uova nel paniere altrui, se non si accettano certe condizioni, se...
E allora basta essere coscienti del proprio valore, continuare per la propria strada senza compromessi, rimarcare le proprie convinzioni...?
E non rispondete in modo superficiale, perché la teoria è sempre chiara a tutti, poi nella pratica tra il figlio di un falegname e quello di un notaio...
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. Mt 13, 54-58.