E allora stavo pensando: ma quanto stavamo bene da piccoli? A correre dietro alle galline del nonno, a dar da mangiare alle pecore, a raccogliere le uova nel gallinaio prima di chiedere la porticina per la notte? E poi quelle riunioni intorno alla tavola imbandita, le zuppiere di pasta fatta in casa, le frittelle, la pizza nel forno a legna... Il sole sugli occhi, nascondino e toppa, suonare ai campanelli di tutti appena scoccate le quattro del pomeriggio, le vecchie agli scalini a rimbrottare tutte le femminucce poco femminili.
Se penso a quante lacrime ho versato per i dispetti, le liti e i musi lunghi eppure a ripensarci ora sono stati momenti intensi, di crescita, di scoperta dei sentimenti forti, delle emozioni e delle reazioni, a volte anche esagerate.
Ma perché durano tanto poco certi istanti di fanciullezza?
E poi ti ritrovi un corpo che cambia, una parola che stenta ad uscire, le guance rosso fuoco, gli occhiali orribili, i brufoli... Non vedi l'ora di frequentare le medie, di essere libera di passeggiare con le amiche e non accompagnata dai tuoi e poi noti quello che ti guarda, lo ritrovi a scuola, passa con il motorino.
Diventare grandi, responsabili per scegliere la scuola superiore o la strada del lavoro e poi è un attimo, ci ritroviamo adulti assillati da problemi di salute, economici, di lavoro, sentimentali che non possiamo demandare a nessuno; riusciamo a complicarci la vita in modo assoluto, fenomenale e la colpa è solo nostra, perché le decisioni spettano solo a noi e certe volte proprio non le vorrei avere queste responsabilità, il privilegio della risoluzione ultima e finale.
E guardiamo i nostri figli, il nostro futuro, affamati di esperienze, assetati di novità, alla ricerca del loro posto nel mondo, timidi con l'altro sesso, spavaldi con gli amici, teneri in cerca di coccole la sera in un momento di confidenza tutto nostro e "DOVE DOVEVAMO ARRIVARE?"
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