Sono uscita presto, come al solito, per un primo allenamento su circuito cittadino, vorrei non appesantirmi troppo, non ci riuscirò me lo sento, ma almeno ci provo.
Mio marito è andato al lavoro, si è spostato in macchina verso un altro Comune, come sempre, come ogni giorno, perfetta normalità la sua. Così i commercianti, che hanno alzato la loro saracinesca, hanno disinfettato il bancone, hanno lucidato la vetrina, hanno esposto la merce, hanno avviato la musica e acceso la cassa.
Ho fatto il mio giro delle botteghe che conosco e che frequento, non ho riscontrato differenze, anzi un miglioramento con guanti usa e getta, pulizia e ambiente profumato e disinfettato, areazione e attenzione a far entrare non più di due clienti alla volta.
Saluti, sorriso e scambio di battute, certo il discorso poi cade sul corona, ma sarebbe impossibile non parlarne, ci ha cambiato le abitudini in poco tempo, ha messo in discussione il nostro modo di essere e comportarci dal saluto agli assembramenti, dalla fila dal dottore al caffè al bar, alla pacca sulla spalla.
Il Paese apre, si attiva sin dalle prime ore della giornata: forni, bar, macellerie, alimentari, detersivi e profumerie, abbigliamento, accessori e via via, siano generi di prima necessità e non che servizi e salute. Bene, anzi benissimo.
In più un aiuto fondamentale, un contributo a rasserenare gli animi, soprattutto di chi pensa di non riuscire a uscire, a portare pesi: i commercianti hanno pensato di offrire un ulteriore servizio, con la spesa consegnata a domicilio, ottima decisione.
Teniamone conto quando tutto sarà un lontano ricordo: volti noti, tranquilli, al loro solito posto di lavoro e disponibili a girare per il Paese a recapitare buste e pacchi, perché devono portare avanti la famiglia, perché amano il loro lavoro e il contatto con il pubblico, anche se ora ad almeno un metro di distanza.
Nessun commento:
Posta un commento