Vesto comoda, troppo comoda, sono orrenda.
Questa zona rossa tendente all'arancione mi ha distrutto quel poco di entusiasmo che serbavo alla mattina, al risveglio, al momento di aprire l'armadio e scegliere i vestiti.
Tuta scolorita, all'occorrenza anche macchiata di candeggina, felpone morbido e rigorosamente non abbinato in materiale e colore con il resto dell'evidente.
Scarpe vissute, da allenamento urbano, che hanno assunto la forma del mio alluce.
Eccomi, così mi potete incontrare per le strade del paesello mio, presto mentre raggiungo il bardimamma o quando giro per i negozi in missione approvvigionamento cibo/vestiti/libri biblioteca.
Non solo i materiali, la cromia, la consistenza, anche la lunghezza, asimmetrica io.
E il brutto è che mi piace, sono anonima, indifferente attraverso la folla delle mascherine.
Ma poi chi si ferma alle apparenze, chi crede che non sia da prendere in considerazione o che non sia una brava persona di cui fidarsi? Sembro un poco tonta, dissociata, ragazzetta non cresciuta o sciatta forse.
Non mi piaccio, forse.
Oppure aspetto, in silenzio, in attesa di colpire con i miei modi, le parole, il trucco e il parrucco quando torno a vestire i panni della perfida insegnate, ma anche della presentatrice o della promotrice di cultura. Peccato che passi più spesso inosservata, oscura, dimenticata, inutile ancilla deae sapientiae, fortuna che mi hanno scoperta in altri luoghi, lidi, spazi, altre persone a me care, che mi coccolano, mi viziano di complimenti e di messaggi, pubblici e privati.
Io sono qui, attendo.
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