Questa sera sono mogia, già. Riunione pomeridiana con il Capo e tutti i docenti interessati dalle materie INVALSI: si ragiona dei risultati dello scorso aprile, per classi d'insieme, per totale Istituto.
Però queste prove mi destabilizzano, mettono in crisi le mie convinzioni; ci sono certamente mille distinguo da porre, dalla DAD alla quarantena, dalla nazionalità degli alunni alla fattiva consistenza delle famiglie, del gruppo sociale...
La scuola aiuta i ragazzi, li prepara, li guida? Certamente, anzi deve.
La situazione di partenza e il nucleo familiare quanto contano? Parecchio. Allora io insegnante di lettere a cosa servo? A migliorare la comprensione, a intuire l'etimologia dei termini, l'uso del vocabolario, a svelare i trucchi delle risposte esatte?
E se i risultati non sono così esaltanti, così appaganti, se non combaciano con lo sforzo che ogni professore ha infuso nelle proprie ore di lavoro, ci sono delle colpe da espiare?
Raddrizzare il tiro.
Scuotere le spalle.
Guardare all'affetto e al rapporto intrecciato.
Cercare di capire se il percorso intrapreso da ogni ragazzo sia quello fattibile ed esaltante.
Come dice il vice-Capo ho sempre bisogno delle coccole, già. Cerco, è vero, qualcuno che mi dia una pacca sulla spalla e mi confermi che sto andando per la strada giusta.
Verso la sede, distaccata.
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