Aula correzione di lettere, altrimenti ribattezzata "aula di filosofia e mutuo ascolto".
Ogni collega in un angolo legge attentamente gli elaborati dei propri ragazzi, griglia di valutazione alla mano. Poi ci si ferma, si appoggia la schiena alla sedia e si tira un sospiro: di scarico, di ansia, di indecisione o di emozione. Capita di voler sentire un parere degli altri, sia di materia che di discipline affini perché magari hanno una visione diversa "angolare" del candidato sotto mano.
È capitato di ascoltare racconti lunghi, ricchi di dettagli e di pathos, quello che ti fa scendere anche una lacrima. Hai fatto un bel lavoro, pensi, hai portato il tuo alunno o alunna ad un ottimo livello di maturità. O è solo casualità, sorte, fortuna?
E allora cominciano i dibattiti: si parte dallo stile, dalla sensibilità, dalla padronanza lessicale per arrivare a formazione, ascolto dei suggerimenti, spugne che hanno assorbito tutti i particolari rivelati a lezione e raccolto suggerimenti di un certo livello.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che i lettori forti siano anche buoni scrittori, chi più asciutto chi più riflessivo chi descrittivo chi tecnico.
L'insegnante fa la differenza? Rappresenta un nodo focale nel percorso del ragazzo? Chi sa scrivere, un genio matematico, un artista non sarebbero altrettanto "speciali" senza quel tipo di maestro?
Considerati la storia familiare, il substrato sociale, le condizioni economiche, il punto di partenza insomma, fin dove questo ragazzo, o una ragazza naturalmente, può arrivare?
Ci mette del suo, i professori non risultano poi così essenziali perché un adulto può valere quanto un altro?
Non posso pensare di non essere un bene in una classe, non posso credere di valere poco o nulla nella crescita di un alunno, specie se alla linea di partenza i punti negativi sono più "pesanti" dei positivi.
La scuola a cosa serve? A mio parere, a molto: lavoro, impegno, confronto, sacrificio, risultati, traguardi, ma anche delusioni e incomprensioni. Modello a cui ispirarsi o da cancellare, e sia, ma nella quotidianità di un gruppo non si può non considerare il timbro impresso, la materia plasmata, l'arcobaleno delle emozioni tracciato.
Certo un insegnante potrebbe rivelarsi anche insignificante, medio, grigio, scialbo. A quel punto sarebbe un esempio negativo, rallenterebbe la corsa dell'alunno, mortificherebbe il suo nobile animo?
Le mie insegnanti hanno avuto molta presa sul mio essere, mi hanno "illuminato" in diverse occasioni, diversa sarebbe stata la mia vita con una guida non all'altezza.
Non pretendo di sostituire Virgilio, ma certo mi impegno a tirar fuori Dante dall'Inferno.
E voi, che esperienza avete e come la pensate?
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