Ho appena finito, anzi divorato, questo libro, preso in prestito in biblioteca e ho tanta voglia di parlarvene, come un'adolescente che si confida.
Un libro molto popolare e conosciuto, pubblicizzato: niente che rimarrà nella storia della letteratura, ma comunque accattivante, di quelli che ti prendono e non molli fino alla fine, anche se immagini - o speri - come andrà a finire. Qualche colpo di scena esagerato, scontato: la sfigata, il bello, la migliore amica che tradisce il marito, un pancione, una festa sfortunata... Il genere, quello del Diario di Bridget Jones, diciamo, dove le trentenni faticano a trovare un'identità, seppur indipendenti e autonome dalla famiglia, ma in perenne conflitto con la madre; qui prende vita il fenomeno dell'abbandono volontario di volumi sui mezzi pubblici, in una sorta di scambio e di condivisione del bello della lettura.
Eppure l'ho letto tutto d'un fiato, incuriosita dalle vicende, presa dalla storia d'amore in cui capita di tutto, curiosa di scoprire come il mosaico poi si ricomponesse, perché il lieto fine alla fine risulta scontato. Ma tutti questi bellocci, in carriera e innamoratissimi, dove sono nella vita reale?
Comunque una lettura piacevole, che consiglio alle donne certo, a chi ama il romanticismo misto a goffaggine, in cui tutte ci rispecchiamo perdendoci nella ricerca del Principe Azzurro che ci ami per la nostra spontaneità.
La parte migliore, le continue citazioni da classici di ogni latitudine, alcune a me note, altre praticamente sconosciute e mi sento ignorante, certa che non riuscirò ma a leggere e conoscere tutto il meglio (la letteratura russa, lo confesso, per me è uno scoglio, duro durissimo!)
Dunque, se volete sognare un po', immedesimandovi in una trentenne commessa di libreria, questo è fatto apposta per voi.
Al prossimo libro.
mercoledì 30 gennaio 2019
martedì 29 gennaio 2019
CHIACCHIERE DI PAESE, INOPPORTUNE
Ci siamo incontrate questo pomeriggio, sguardo allarmato e fronte pensierosa: la mia amica nella sala d'aspetto del suo dottore aveva ascoltato involontariamente chiacchiere vuote su una terza persona e il suo lavoro, un'attività bene avviata e fiorente. Come mai le comari stavano discutendo ci crisi, chiusura e altre amenità, a nostra insaputa?
Nulla di vero, nulla di fondato, solo vacue chiacchiere: dare per persa un'azienda, inventarsi un passaggio, una vendita o un cambiamento, ma perché?
Questa mia amica candidamente ha poi ammesso che tempi addietro, durante un lungo e buio periodo di malattia e cure intense, qualcuno, al paesello sempre, l'aveva messa per spacciata, andata, alla resa dei conti. MA STIAMO SCHERZANDO? Come si potrebbero tirare certe conclusioni orribili e nauseanti su una persona sofferente? Quella persona malata ha bisogno di conforto, aiuto, sostegno e incoraggiamento, non di diagnosi spicciole e da mercato.
Abbiamo tanti pregi noi del paesello, ma purtroppo anche tanti difetti, uno in particolare mi scatena la rabbia: tiriamo conclusioni dal niente, arriviamo alla fine prima di partire e - peggio del peggio - non ci accertiamo delle fonti, non indaghiamo a fondo prima di scatenare la lingua.
Questa imprenditrice forte e sicura del suo lavoro, che ha sempre appoggiato le mie manie di grandezza culturale, ha sbandierato uno dei suoi sorrisi più raggianti e sprezzanti: purtroppo le è già capitato di confrontarsi con bricconi e scansafatiche chiacchieroni, ha le spalle grosse lei e continua imperterrita il suo impegno. Ciò che mi sconvolge sta nel vedere che ha deciso di investire molto nel nostro territorio e noi la ripaghiamo in pettegolezzi e giudizi infondati; non si può generalizzare, ma ribadisco il concetto: prima di saltare a facili conclusioni, prima di giudicare senza validi e accertati riferimenti e prove insindacabili, meglio tacere.
Accogliere chi sceglie di vivere e lavorare con noi, non allontanare come appestati; stringere rapporti di lavoro e reciproco miglioramento, non temere il forestiero; mai e poi mai azzardarsi a tirare le somme su una persona che lotta per vivere, che stringe i denti e combatte. Chi siamo noi per arrogarci questo diritto di parole a vanvera?
E poi lamentiamoci dei giudizi che gli altri, i forestieri, affibbiano a noi...
Nulla di vero, nulla di fondato, solo vacue chiacchiere: dare per persa un'azienda, inventarsi un passaggio, una vendita o un cambiamento, ma perché?
Questa mia amica candidamente ha poi ammesso che tempi addietro, durante un lungo e buio periodo di malattia e cure intense, qualcuno, al paesello sempre, l'aveva messa per spacciata, andata, alla resa dei conti. MA STIAMO SCHERZANDO? Come si potrebbero tirare certe conclusioni orribili e nauseanti su una persona sofferente? Quella persona malata ha bisogno di conforto, aiuto, sostegno e incoraggiamento, non di diagnosi spicciole e da mercato.
Abbiamo tanti pregi noi del paesello, ma purtroppo anche tanti difetti, uno in particolare mi scatena la rabbia: tiriamo conclusioni dal niente, arriviamo alla fine prima di partire e - peggio del peggio - non ci accertiamo delle fonti, non indaghiamo a fondo prima di scatenare la lingua.
Questa imprenditrice forte e sicura del suo lavoro, che ha sempre appoggiato le mie manie di grandezza culturale, ha sbandierato uno dei suoi sorrisi più raggianti e sprezzanti: purtroppo le è già capitato di confrontarsi con bricconi e scansafatiche chiacchieroni, ha le spalle grosse lei e continua imperterrita il suo impegno. Ciò che mi sconvolge sta nel vedere che ha deciso di investire molto nel nostro territorio e noi la ripaghiamo in pettegolezzi e giudizi infondati; non si può generalizzare, ma ribadisco il concetto: prima di saltare a facili conclusioni, prima di giudicare senza validi e accertati riferimenti e prove insindacabili, meglio tacere.
Accogliere chi sceglie di vivere e lavorare con noi, non allontanare come appestati; stringere rapporti di lavoro e reciproco miglioramento, non temere il forestiero; mai e poi mai azzardarsi a tirare le somme su una persona che lotta per vivere, che stringe i denti e combatte. Chi siamo noi per arrogarci questo diritto di parole a vanvera?
E poi lamentiamoci dei giudizi che gli altri, i forestieri, affibbiano a noi...
SIATE ACCATTIVANTI
Pomeriggio impegnativo, a scuola, corso di formazione - aggiornamento e, aggiungerei, svecchiamento! - con la dottoressa Spinucci, al secondo appuntamento, sulla didattica "di nuova generazione".
Si parla di digitale, gli strumenti e non il fine dell'insegnamento in tempi social: tutto ciò che serve per far innamorare i ragazzi della scuola, per invogliarli ogni mattina a varcare quella soglia e apprendere; dobbiamo incuriosirli, catturare la loro attenzione, coinvolgerli nella lezione, sperimentare e progettare, impostare il tutto per raggiungere l'obiettivo trasversale.
Ecco, abbiamo imparato tante parole nuove e affrontato concetti: l'importanza del luogo di apprendimento, ad esempio, come organizzare l'aula in cui svolgere il lavoro con spazi appropriati e suddivisi per momenti specifici.
Certo il paragone con altre nazioni più ricche e meno popolose non regge: gli edifici nostrani soffrono di carenze non solo tecnologiche a volte anche basilari, però il corpo docente non teme confronti e ci formiamo anche per questo!
Si descrive lo spazio flessibile dunque, ma in alternativa possiamo usufruire di laboratori esterni, in cui spostare gli alunni: si tratta di organizzare i tempi di lavoro, di pausa, di produzione e di ascolto, sempre cercando di stupire chi abbiamo davanti, ma al contempo producendo una lezione di cui andare fieri. Uscire dall'aula insoddisfatti, convinti di non aver raggiunto lo scopo che ci eravamo prefissati equivale ad una sconfitta e ad una perdita di tempo prezioso.
Strutturare la lezione in aula LIM, uno strumento certamente importante, ma non fondamentale, perché si può conquistare l'attenzione dei discenti attraverso qualsiasi espediente, per colpirli e lasciarli ragionare; un dibattito, un esperimento di cui registrare i vari passaggi, ma anche la proposta di diverse soluzioni per un problema; dividere la classe tra chi possiede i requisiti giusti per continuare a seguire e magari mandare fuori chi non li ha.
Come un artigiano che teneva a bottega il garzone, così la scuola del futuro: meglio fornire un esempio, mostrare come si procede, piuttosto che ripetere lo stesso concetto teorico fino allo sfinimento, meglio visualizzare e memorizzare, passare dalla teoria alla pratica: un momento condiviso e collaborativo, che certo aumenta la percentuale di riuscita e di immagazzinamento del sapere.
Alla base delle nuove metodologie scopriamo allora il costruttivismo, flipped classroom ad esempio, classe capovolta: sono tutte strategie lontano dal libro di testo e dalla lezione frontale, in cui il docente è comunque il regista, decide cosa-come-dove, ma i ragazzi sono partecipi in prima persona per il lavoro che viene loro richiesto, l'elaborazione e la presentazione ai compagni.
Una piccola comunità di pratica: il mondo cambia, cambia la scuola, perché gli alunni devono sentire il desiderio di scoprire e conoscere, stare bene e uscire felici, come i loro insegnanti del resto.
Si parla di digitale, gli strumenti e non il fine dell'insegnamento in tempi social: tutto ciò che serve per far innamorare i ragazzi della scuola, per invogliarli ogni mattina a varcare quella soglia e apprendere; dobbiamo incuriosirli, catturare la loro attenzione, coinvolgerli nella lezione, sperimentare e progettare, impostare il tutto per raggiungere l'obiettivo trasversale.
Ecco, abbiamo imparato tante parole nuove e affrontato concetti: l'importanza del luogo di apprendimento, ad esempio, come organizzare l'aula in cui svolgere il lavoro con spazi appropriati e suddivisi per momenti specifici.
Certo il paragone con altre nazioni più ricche e meno popolose non regge: gli edifici nostrani soffrono di carenze non solo tecnologiche a volte anche basilari, però il corpo docente non teme confronti e ci formiamo anche per questo!
Si descrive lo spazio flessibile dunque, ma in alternativa possiamo usufruire di laboratori esterni, in cui spostare gli alunni: si tratta di organizzare i tempi di lavoro, di pausa, di produzione e di ascolto, sempre cercando di stupire chi abbiamo davanti, ma al contempo producendo una lezione di cui andare fieri. Uscire dall'aula insoddisfatti, convinti di non aver raggiunto lo scopo che ci eravamo prefissati equivale ad una sconfitta e ad una perdita di tempo prezioso.
Strutturare la lezione in aula LIM, uno strumento certamente importante, ma non fondamentale, perché si può conquistare l'attenzione dei discenti attraverso qualsiasi espediente, per colpirli e lasciarli ragionare; un dibattito, un esperimento di cui registrare i vari passaggi, ma anche la proposta di diverse soluzioni per un problema; dividere la classe tra chi possiede i requisiti giusti per continuare a seguire e magari mandare fuori chi non li ha.
Come un artigiano che teneva a bottega il garzone, così la scuola del futuro: meglio fornire un esempio, mostrare come si procede, piuttosto che ripetere lo stesso concetto teorico fino allo sfinimento, meglio visualizzare e memorizzare, passare dalla teoria alla pratica: un momento condiviso e collaborativo, che certo aumenta la percentuale di riuscita e di immagazzinamento del sapere.
Alla base delle nuove metodologie scopriamo allora il costruttivismo, flipped classroom ad esempio, classe capovolta: sono tutte strategie lontano dal libro di testo e dalla lezione frontale, in cui il docente è comunque il regista, decide cosa-come-dove, ma i ragazzi sono partecipi in prima persona per il lavoro che viene loro richiesto, l'elaborazione e la presentazione ai compagni.
Una piccola comunità di pratica: il mondo cambia, cambia la scuola, perché gli alunni devono sentire il desiderio di scoprire e conoscere, stare bene e uscire felici, come i loro insegnanti del resto.
HO CONOSCIUTO TUTTE LE FATINE...
...E qualche stregone!
Bene bene, sono appena tornata da una di quelle riunioni decisive, importanti, di sostanza, in cui si organizza, si pianifica e si decide la strategia.
Tavolo rettangolare lungo lungo, a cui sono sedute persone di età diversa, occupazione, studi, impegni, credo politico e religioso dei più disparati: ed è giusto così, per proporre tante idee, per lanciare provocazioni e critiche costruttive, per accaldarsi e spaccare il capello in quattro parti, come si dice.
Tutti però, uomini e donne, accomunati da una grande forza, un desiderio nobile, uno scopo meraviglioso - quanto mi piace questo aggettivo! - fare del bene, portare aiuto, raccogliere fondi, seguire i casi difficili, sostenere gli oppressi, in una parola altruismo senza secondi fini.
Mi hanno convocata, non mi sono intrufolata, giuro.
Hanno pensato a me - e non me lo merito - per i miei scritti, qualche consiglio, un po' di lettura: cullano grandi propositi per raggiungere i bimbi soffrenti e le loro famiglie, per divulgare informazioni, per rimanere vicino a chi ha bisogno e chiede una mano, sì quella famosa mano che può concretizzarsi in buoni pasto, un macchinario specifico, giochi per i piccoli ricoverati e tanto tanto altro. E poi ci sono i figli sani da supportare, quelli che non soffrono nel fisico ma nello spirito per la lontananza dei genitori, per la situazione critica del fratellino, per il domani difficile della sorellina, perché vogliono le coccole, ma non possono lamentarsi come gli altri.
Quanto c'è da impegnarsi, quante frasi occorrono, quante riunioni? Le FATINE lo stanno attuando, con tante iniziative, un calendario fitto di lavori manuali e incontri, spettacoli teatrali e divulgazione letteraria.
Sono un esempio questi genitori per la comunità tutta, una ricchezza di energia e forza combattiva, un esempio da seguire e da imitare.
Mi hanno coinvolto, ne sono lusingata, spero di creare qualcosa di buono: di mio ci metto qualche parola, loro tutto il resto, li ringrazio così intanto, poca cosa per grandi persone.
https://www.facebook.com/lefatinedelsorriso.onlus/
Bene bene, sono appena tornata da una di quelle riunioni decisive, importanti, di sostanza, in cui si organizza, si pianifica e si decide la strategia.
Tavolo rettangolare lungo lungo, a cui sono sedute persone di età diversa, occupazione, studi, impegni, credo politico e religioso dei più disparati: ed è giusto così, per proporre tante idee, per lanciare provocazioni e critiche costruttive, per accaldarsi e spaccare il capello in quattro parti, come si dice.
Tutti però, uomini e donne, accomunati da una grande forza, un desiderio nobile, uno scopo meraviglioso - quanto mi piace questo aggettivo! - fare del bene, portare aiuto, raccogliere fondi, seguire i casi difficili, sostenere gli oppressi, in una parola altruismo senza secondi fini.
Mi hanno convocata, non mi sono intrufolata, giuro.
Hanno pensato a me - e non me lo merito - per i miei scritti, qualche consiglio, un po' di lettura: cullano grandi propositi per raggiungere i bimbi soffrenti e le loro famiglie, per divulgare informazioni, per rimanere vicino a chi ha bisogno e chiede una mano, sì quella famosa mano che può concretizzarsi in buoni pasto, un macchinario specifico, giochi per i piccoli ricoverati e tanto tanto altro. E poi ci sono i figli sani da supportare, quelli che non soffrono nel fisico ma nello spirito per la lontananza dei genitori, per la situazione critica del fratellino, per il domani difficile della sorellina, perché vogliono le coccole, ma non possono lamentarsi come gli altri.
Quanto c'è da impegnarsi, quante frasi occorrono, quante riunioni? Le FATINE lo stanno attuando, con tante iniziative, un calendario fitto di lavori manuali e incontri, spettacoli teatrali e divulgazione letteraria.
Sono un esempio questi genitori per la comunità tutta, una ricchezza di energia e forza combattiva, un esempio da seguire e da imitare.
Mi hanno coinvolto, ne sono lusingata, spero di creare qualcosa di buono: di mio ci metto qualche parola, loro tutto il resto, li ringrazio così intanto, poca cosa per grandi persone.
https://www.facebook.com/lefatinedelsorriso.onlus/
sabato 26 gennaio 2019
SCRIVERE O NON SCRIVERE
In questi giorni regna una strana quiete: le mie idee sembrano non farsi sentire all'esterno, un silenzio irreale delle mie parole scritte, commentate, condivise, lette e snobbate; già sto producendo poco, all'apparenza.
Invece non è così, fortunatamente.
Però non tratto più di Beni Culturali propriamente detti, questo sì, allora non maturo più idee artistiche, i miei studi sono sepolti, non sono più capace di esprimermi in campo estetico, forse mi sto abbrutendo? Chissà, forse un giorno riprenderò, spero quanto prima, per deliziarvi ancora.
Avrei voluto campare di critica d'arte, ma i miei lavori non erano considerati, valutati, in poche parole non pagati e andare avanti con apprezzamenti e complimenti di stima gratuiti non ti permette di tirare il carretto per una famiglia in crescita, pagare il mutuo o saldare le bollette. Meglio cercare un lavoro serio, retribuito allora, che ti lasci respirare a pieni polmoni e non rimanere col fiato corto.
O forse quei miei articoli non erano valutati perché indegni, insulsi, banali, scontati; mai dire mai, certo, ma ho cambiato rotta, ho virato verso altri lidi, splendidi assai, interessanti e condivisi.
Adoro leggere, oltre che produrre, lo sapete; dunque ora che occupo un posto di lavoro buono, posso dedicarmi al volontariato, ai miei passatempi, al prossimo senza rimpianti o crisi esistenziali e coltivare la passione letteraria; lo so che valgo poco, comunque; ma ci metto tutta me stessa: in ogni progetto che intraprendo tanto impegno e lavoro.
Scrivo, sempre, non farlo equivale a non respirare per me, anche se poi sono poca cosa, quisquilie letterarie; scrivo e invio a chi legge e valuta in silenzio, a chi culla grandi progetti di alto valore morale, cerco di aiutare nel mio piccolo con quanto sono abile a realizzare. Ho elaborato qualcosa che è stato ritenuto buono, nella testolina mi frullano tanti pensieri dolcissimi, lacrime e dolore da mettere nero su bianco.
Non pretendo grandi meriti o riconoscimenti, ma posso contare su splendide creature dalla mia parte: spero proprio di essere all'altezza delle loro grandi aspettative.
Intanto leggo e curo i miei interessi, come la pagina social di lettura, il volontariato in biblioteca, corro dalle mie amiche maestre e da chi mi vuole quando mi chiamano ad alta voce... E poi un giorno scriverò quel famoso libro per bambini che mi consacrerà, per poi aprire una libreria come si deve. Nel mio paesello, di più di ottomila abitanti, non esiste neanche una cartolibreria in cui ordinare i testi scolastici, mio marito è nettamente contrario a investire le nostre forze in un'impresa del genere, ma io...
https://www.facebook.com/criticaleora.blogspot/?modal=admin_todo_tour
Invece non è così, fortunatamente.
Però non tratto più di Beni Culturali propriamente detti, questo sì, allora non maturo più idee artistiche, i miei studi sono sepolti, non sono più capace di esprimermi in campo estetico, forse mi sto abbrutendo? Chissà, forse un giorno riprenderò, spero quanto prima, per deliziarvi ancora.
Avrei voluto campare di critica d'arte, ma i miei lavori non erano considerati, valutati, in poche parole non pagati e andare avanti con apprezzamenti e complimenti di stima gratuiti non ti permette di tirare il carretto per una famiglia in crescita, pagare il mutuo o saldare le bollette. Meglio cercare un lavoro serio, retribuito allora, che ti lasci respirare a pieni polmoni e non rimanere col fiato corto.
O forse quei miei articoli non erano valutati perché indegni, insulsi, banali, scontati; mai dire mai, certo, ma ho cambiato rotta, ho virato verso altri lidi, splendidi assai, interessanti e condivisi.
Adoro leggere, oltre che produrre, lo sapete; dunque ora che occupo un posto di lavoro buono, posso dedicarmi al volontariato, ai miei passatempi, al prossimo senza rimpianti o crisi esistenziali e coltivare la passione letteraria; lo so che valgo poco, comunque; ma ci metto tutta me stessa: in ogni progetto che intraprendo tanto impegno e lavoro.
Scrivo, sempre, non farlo equivale a non respirare per me, anche se poi sono poca cosa, quisquilie letterarie; scrivo e invio a chi legge e valuta in silenzio, a chi culla grandi progetti di alto valore morale, cerco di aiutare nel mio piccolo con quanto sono abile a realizzare. Ho elaborato qualcosa che è stato ritenuto buono, nella testolina mi frullano tanti pensieri dolcissimi, lacrime e dolore da mettere nero su bianco.
Non pretendo grandi meriti o riconoscimenti, ma posso contare su splendide creature dalla mia parte: spero proprio di essere all'altezza delle loro grandi aspettative.
Intanto leggo e curo i miei interessi, come la pagina social di lettura, il volontariato in biblioteca, corro dalle mie amiche maestre e da chi mi vuole quando mi chiamano ad alta voce... E poi un giorno scriverò quel famoso libro per bambini che mi consacrerà, per poi aprire una libreria come si deve. Nel mio paesello, di più di ottomila abitanti, non esiste neanche una cartolibreria in cui ordinare i testi scolastici, mio marito è nettamente contrario a investire le nostre forze in un'impresa del genere, ma io...
https://www.facebook.com/criticaleora.blogspot/?modal=admin_todo_tour
giovedì 24 gennaio 2019
LA TUA VITA IN UN ACRONIMO
ACD
Queste tre lettere in stampato maiuscolo stanno per displasia alveolo capillare, una sigla medica, un responso, una possibile soluzione al mistero della morte.
Ho appena finito di leggere un libro, consigliatomi da mia cugina che ha vissuto sulla sua pelle di mamma questa diagnosi; un libro difficile, un pugno allo stomaco direi.
Quando la tua vita piena e soddisfacente si sgretola, perché ti informano che un tumore nel tuo cervello deve essere rimosso, perché appena quindici minuti dopo il parto di tua moglie si sono verificate delle complicazioni: comincia la via crucis della coppia, comincia la via crucis di una famiglia.
Un libro che è un inno alla Vita e all'Amore: per la donna che è rimasta al tuo fianco durante il calvario dell'operazione e delle terapie, ma non riesce ad emergere dall'abisso della perdita del piccolo appena arrivato al mondo, per la figlia che chiede attenzioni e cure, per la famiglia d'origine roccia a cui aggrapparsi quando gli altri credono che non sei neanche in grado di superare il primo degli ostacoli, ritornare al tuo posto di lavoro e riprendere i ritmi di un tempo.
Cosa c'è di importante nella nostra quotidianità, quella di cui tutti ci lamentiamo? Alessandro scrive più di duecentocinquanta pagine per raccontarcelo: i fiori innanzi tutto, una giornata al lago, le favole da cui capire come affrontare il mondo.
Un uomo sicuro e padrone di ciò che ha realizzato, che si ritrova con un buco alla testa, un turbante che chiude il tutto e ricomincia ad assaporare la sua casa e le sue donne, quella moglie e quella figlia per cui vale la pena lottare; un figlio maschio in arrivo: la sua lotta personale e la vita che cresce nella pancia di Federica.
La coppia: una lunga lettera d'amore all'unicità della sua compagna di vita, di cui adora ogni minimo dettaglio del carattere come del corpo; uscire dal buio della depressione, cercare Dio a cui chiedere il conto di tanta sofferenza. Già la quotidianità, il risalire la china, affrontare le visite di cortesia imbarazzanti, le parole sussurrate per non offendere, il negozio per il corredino: quando tutto perde di significato, quale sapore afferra la vita?
Nessuna spiegazione logica, razionale, scientifica, umana: il piccolo Edoardo nonostante tutti i parametri normali non riesce a vivere, di passaggio su questa terra, ma "in trenta minuti ho cambiato te e mamma e i nonni, ho fatto di voi persone migliori, sensibili, vive. Sono stato una scintilla, come un arcobaleno o una stella cadente o un'eclissi. Bisogna essere bravi a cogliere il momento giusto, ma se la vedi cambia tutto. La mia missione era aprirvi gli occhi in soli trenta minuti e l'ho fatto: ora avete occhi aperti per vedermi, papà. Per vedervi."
Un libro ostico, di non facile lettura, molto profondo, per chi cerca spiegazioni, per chi soffre, per chi vuole assaporare l'esistenza goccia a goccia, non dando nulla per scontato.
https://www.acd-association.com/
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/02/24/nel-nome-della-madre-di-alessandro-greco-un-estratto/
Queste tre lettere in stampato maiuscolo stanno per displasia alveolo capillare, una sigla medica, un responso, una possibile soluzione al mistero della morte.
Ho appena finito di leggere un libro, consigliatomi da mia cugina che ha vissuto sulla sua pelle di mamma questa diagnosi; un libro difficile, un pugno allo stomaco direi.
Quando la tua vita piena e soddisfacente si sgretola, perché ti informano che un tumore nel tuo cervello deve essere rimosso, perché appena quindici minuti dopo il parto di tua moglie si sono verificate delle complicazioni: comincia la via crucis della coppia, comincia la via crucis di una famiglia.
Un libro che è un inno alla Vita e all'Amore: per la donna che è rimasta al tuo fianco durante il calvario dell'operazione e delle terapie, ma non riesce ad emergere dall'abisso della perdita del piccolo appena arrivato al mondo, per la figlia che chiede attenzioni e cure, per la famiglia d'origine roccia a cui aggrapparsi quando gli altri credono che non sei neanche in grado di superare il primo degli ostacoli, ritornare al tuo posto di lavoro e riprendere i ritmi di un tempo.
Cosa c'è di importante nella nostra quotidianità, quella di cui tutti ci lamentiamo? Alessandro scrive più di duecentocinquanta pagine per raccontarcelo: i fiori innanzi tutto, una giornata al lago, le favole da cui capire come affrontare il mondo.
Un uomo sicuro e padrone di ciò che ha realizzato, che si ritrova con un buco alla testa, un turbante che chiude il tutto e ricomincia ad assaporare la sua casa e le sue donne, quella moglie e quella figlia per cui vale la pena lottare; un figlio maschio in arrivo: la sua lotta personale e la vita che cresce nella pancia di Federica.
La coppia: una lunga lettera d'amore all'unicità della sua compagna di vita, di cui adora ogni minimo dettaglio del carattere come del corpo; uscire dal buio della depressione, cercare Dio a cui chiedere il conto di tanta sofferenza. Già la quotidianità, il risalire la china, affrontare le visite di cortesia imbarazzanti, le parole sussurrate per non offendere, il negozio per il corredino: quando tutto perde di significato, quale sapore afferra la vita?
Nessuna spiegazione logica, razionale, scientifica, umana: il piccolo Edoardo nonostante tutti i parametri normali non riesce a vivere, di passaggio su questa terra, ma "in trenta minuti ho cambiato te e mamma e i nonni, ho fatto di voi persone migliori, sensibili, vive. Sono stato una scintilla, come un arcobaleno o una stella cadente o un'eclissi. Bisogna essere bravi a cogliere il momento giusto, ma se la vedi cambia tutto. La mia missione era aprirvi gli occhi in soli trenta minuti e l'ho fatto: ora avete occhi aperti per vedermi, papà. Per vedervi."
Un libro ostico, di non facile lettura, molto profondo, per chi cerca spiegazioni, per chi soffre, per chi vuole assaporare l'esistenza goccia a goccia, non dando nulla per scontato.
https://www.acd-association.com/
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/02/24/nel-nome-della-madre-di-alessandro-greco-un-estratto/
domenica 20 gennaio 2019
LE RUGHE DELLE DONNE
Niente di più vero, di più vissuto e autentico.
Quanto abbiamo lottato per ammirarle allo specchio, quanto in fondo siamo cadute per poi risalire: ogni mattino una nuova battaglia, ogni sera la conta delle ferite, ogni notte un cuscino bagnato.
Linee disegnate sul volto di chi vive intensamente ogni istante, ragazze di ieri donne di domani.
Guardo la mia amica seduta al mio fianco, poi mi giro verso i nostri figli davanti a noi, sorridenti beffardi, soddisfatti: quante rughe abbiamo guadagnato per permettere ai loro sorrisi di decorare quelle faccette; quante lacrime abbiamo versato per colpa degli abili incantatori di serpenti?
Rughe di gioia, la mezzaluna intorno alle labbra.
Rughe di disperazione e di lotta contro la quotidianità, la rabbia di una lite, il lavoro, i colleghi, la febbre e il braccio di ferro per i compiti, soliti quotidiani grattacapi, tutto sulla fronte, righe orizzontali ogni giorno più profonde, evidenti, pastose.
Rughe di vittoria, ai lati di occhi brillanti e vivi, ansiosi e assetati dei movimenti e dei gesti sempre più autonomi e sicuri dei figli, decorati con quelle V di vittoria: sul tempo che passa, sui discorsi ansiosi, sui consigli mai seguiti, sulla dieta rincorsa, sull'amica splendida, sugli sbagli usati come trampolino di lancio.
Passa il tempo e lascia un ricordo, ne siamo orgogliose; ogni ruga una conquista, non chiediamo di meglio che dimostrare al mondo quanto ci costano l'instabile equilibrio della nostra esistenza, la forza del parto, l'amicizia sincera, la buona salute, i risultati del lavoro, le passioni condivise.
Niente di più vero, di più vissuto e autentico.
Quanto abbiamo lottato per ammirarle allo specchio, quanto in fondo siamo cadute per poi risalire: ogni mattino una nuova battaglia, ogni sera la conta delle ferite, ogni notte un cuscino bagnato.
Linee disegnate sul volto di chi vive intensamente ogni istante, ragazze di ieri donne di domani.
Guardo la mia amica seduta al mio fianco, poi mi giro verso i nostri figli davanti a noi, sorridenti beffardi, soddisfatti: quante rughe abbiamo guadagnato per permettere ai loro sorrisi di decorare quelle faccette; quante lacrime abbiamo versato per colpa degli abili incantatori di serpenti?
Rughe di gioia, la mezzaluna intorno alle labbra.
Rughe di disperazione e di lotta contro la quotidianità, la rabbia di una lite, il lavoro, i colleghi, la febbre e il braccio di ferro per i compiti, soliti quotidiani grattacapi, tutto sulla fronte, righe orizzontali ogni giorno più profonde, evidenti, pastose.
Rughe di vittoria, ai lati di occhi brillanti e vivi, ansiosi e assetati dei movimenti e dei gesti sempre più autonomi e sicuri dei figli, decorati con quelle V di vittoria: sul tempo che passa, sui discorsi ansiosi, sui consigli mai seguiti, sulla dieta rincorsa, sull'amica splendida, sugli sbagli usati come trampolino di lancio.
Passa il tempo e lascia un ricordo, ne siamo orgogliose; ogni ruga una conquista, non chiediamo di meglio che dimostrare al mondo quanto ci costano l'instabile equilibrio della nostra esistenza, la forza del parto, l'amicizia sincera, la buona salute, i risultati del lavoro, le passioni condivise.
Niente di più vero, di più vissuto e autentico.
COME GUERRIERI
Domenica mattina piovosa, uggiosa, nebbia fitta sulla strada per Viterbo, ma il dovere calcistico chiama e i nostri eroi non si fermano, nonostante la serata da leoni...
Appuntamento al campo per l'ora della colazione, praticamente, per raggiungere Pianoscarano, quartiere di Viterbo e il campo di terra nera.
Sonno, occhietti cisposi e poche parole, i ragazzi sembrano provati dalla levataccia, figuriamoci gli adulti, che appena arrivati infatti si fiondano al bancone del bar per un primo giro di caffè.
Mamme volenterose alla scoperta del quartiere storico, qualche foto, giro turistico interessante, ma deserto, come stupirsi?
Fischio d'inizio ore 9:00 e piove, una pioggerella fastidiosa costante...
Un ottimo primo tempo per i nostri ragazzi, che termina con un pareggio improvviso, nel senso che in un minuto segnano i nostri e gli avversari, così al volo!
Nella pausa ci ritroviamo di nuovo per un altro caffè caldo, ripararci dalla pioggia e rimanere un poco al coperto, gli spalti inumidiscono le ossa.
I problemi, le scorrettezze, il nervoso cominciano nel secondo tempo: le squadre sono abbastanza equilibrate, si va anche in vantaggio, questione che inalbera non poco quelli di casa, i quali tanto dicono, tanto sgomitano, tanto sgambettano che alla fine di un lunghissimo recupero pareggiano.
Samuele azzoppato, sempre uno dei migliori in campo: se ne va in panchina saltellando su un piede, abbracciato ad un adulto; una nota di merito per Rino, ottima partita per lui.
Ci si rimane male, non lo nego, quando ti prepari a tifare per ragazzini che adorano lo sport, giovanissimi che fanno gruppo, di domenica mattina lontano dagli impicci domestici e ti accolgono con un gioco scorretto, qualche parolaccia di troppo, animato qualcuno da atteggiamento spocchioso.
Sarà pure il calcio, l'agonismo e il voler primeggiare o comunque non essere sottomessi alla sconfitta casalinga, ma certi atteggiamenti degli "sportivi" di casa oggi proprio non li ho digeriti, no.
Appuntamento al campo per l'ora della colazione, praticamente, per raggiungere Pianoscarano, quartiere di Viterbo e il campo di terra nera.
Sonno, occhietti cisposi e poche parole, i ragazzi sembrano provati dalla levataccia, figuriamoci gli adulti, che appena arrivati infatti si fiondano al bancone del bar per un primo giro di caffè.
Mamme volenterose alla scoperta del quartiere storico, qualche foto, giro turistico interessante, ma deserto, come stupirsi?
Fischio d'inizio ore 9:00 e piove, una pioggerella fastidiosa costante...
Un ottimo primo tempo per i nostri ragazzi, che termina con un pareggio improvviso, nel senso che in un minuto segnano i nostri e gli avversari, così al volo!
Nella pausa ci ritroviamo di nuovo per un altro caffè caldo, ripararci dalla pioggia e rimanere un poco al coperto, gli spalti inumidiscono le ossa.
I problemi, le scorrettezze, il nervoso cominciano nel secondo tempo: le squadre sono abbastanza equilibrate, si va anche in vantaggio, questione che inalbera non poco quelli di casa, i quali tanto dicono, tanto sgomitano, tanto sgambettano che alla fine di un lunghissimo recupero pareggiano.
Samuele azzoppato, sempre uno dei migliori in campo: se ne va in panchina saltellando su un piede, abbracciato ad un adulto; una nota di merito per Rino, ottima partita per lui.
Ci si rimane male, non lo nego, quando ti prepari a tifare per ragazzini che adorano lo sport, giovanissimi che fanno gruppo, di domenica mattina lontano dagli impicci domestici e ti accolgono con un gioco scorretto, qualche parolaccia di troppo, animato qualcuno da atteggiamento spocchioso.
Sarà pure il calcio, l'agonismo e il voler primeggiare o comunque non essere sottomessi alla sconfitta casalinga, ma certi atteggiamenti degli "sportivi" di casa oggi proprio non li ho digeriti, no.
venerdì 18 gennaio 2019
SULLA STRADA DELLA LEGALITÀ
Si incontrano ottimi esempi, anche a scuola!
Dopo l'incontro con don Coluccia, illuminante per capire la forza e la determinazione di una persona che vuole aiutare chi è in difficoltà, questa mattina i nostri ragazzi divisi per classi parallele hanno avuto modo di interagire con la Legge, che qui al paesello è la divisa del maresciallo dei carabinieri Lonero.
Più di un'ora di consigli, di leggi, di esempi estrapolati dalla vita vera, quotidiana, dall'attività sul territorio del Comandante e del suo gruppo. Quali sono i problemi da affrontare, i reati che interessano questi ragazzi che stanno per compiere quattordici anni? Sicuramente l'uso e lo spaccio di sostanze - e badate bene di non distinguere tra droghe leggere e pesanti, perché gli effetti neurologici alla lunga sono comunque devastanti - l'uso e l'abuso di alcool; assuefazione e dipendenza, i veri drammi del nostro tempo.
Cosa significhi spaccio, ora è più chiaro; non si tratta di agire da spia o di rivelare il nome di un amico, ma si parla di veleno, di morte e dell'enorme giro di denaro illecito: arrivano enormi quantitativi di sostanze sul territorio nazionale, difficile da conteggiare, la domanda è molto alta, perché c'è grande richiesta già a partire dalla giovanissima eta e questo non è un primato di cui andare fieri né da sottovalutare; il Comandante porta esempi pratici agli studenti, come i casi di overdose in una percentuale altissima nel nostro piccolo Comune.
Cosa indica la Legge? I ragazzi devono rendersi conto della differenza tra reato amministrativo e penale: quello legato alla droga rimane nella nostra vita per sempre, come una macchia, come un segno indelebile. Da grandi, accedere ad un lavoro statale potrebbe rivelarsi impossibile, perché tanti giovani vincitori di concorso vengono respinti se in famiglia risultano segnalazioni penali anche a carico di un fratello, ad esempio.
Vivere nella legalità, essere educati al rispetto delle regole: si comincia dalla famiglia, si affianca la scuola, quindi le altre agenzie educative come le società sportive: questa è la vita dei nostri figli, dove ruota quotidianamente la loro esistenza; nessuno si senta escluso, nessuno demandi ad altri certi rimproveri, ognuno di noi adulti è tenuto a fornire il famoso buon esempio; altrimenti a che servirebbero certi incontri? Un seme lanciato tra le rocce e non su terreno fertile.
martedì 15 gennaio 2019
QUANDO PENSI AL FUTURO
Tutto quello che leggerete in questo articolo di blog non è frutto delle mie capacità né della mia sensibilità; si tratta di alcuni pensieri che una mamma mi ha rivelato, aprendo il suo cuore nel cercare aiuto per un argomento difficile, anzi quasi tabù, perché si tratta di parlare, discutere e accettare un gesto d'amore, che presuppone anche la perdita del nostro tesoro più grande.
Questa Mamma dopo aver affrontato il calvario in terra, a pochi giorni dalla nascita del figlio e per ventitré mesi di ricovero, il ritorno a casa e tanti problemi quotidiani, sa cosa significa attendere la telefonata giusta, quanto si prega per cercare conforto, ma anche la fine della tortura.
La famiglia lontana e sparpagliata, il desiderio continuo di trovarsi in un luogo diverso, l'impossibilità di sottrarsi alla realtà, di fuggire o svegliarsi al mattino pensando di fuggire.
Il suo piccolo, pur nelle mille difficoltà quotidiane, ora sta bene, cresce e si conquista la sua fetta di pubblico affezionato per la simpatia e la gioia di vivere che esprime - se Dio vuole; ma ha subito un trapianto, un cuore nuovo per ricominciare a vivere, un cuore che gli è stato donato da due coraggiosi genitori che hanno perduto il loro bimbo indifeso, piccolo e tenero.
Questa Mamma con l'acqua alla gola, con la tremenda paura di affondare e perdere per sempre il suo piccino, lo ha visto operato, steso su un letto in camera intensiva riprendere vita, riconquistare le forze e raggiungere grandi traguardi, solo grazie al gesto d'amore assoluto e incondizionato di una coppia di genitori favorevoli all'espianto.
Non è facile scrivere di questo argomento, figurarsi parlarne di persona, interrompere qualche chiacchiera condita di risate per stringere il discorso sul tema della morte, del trapianto di organi per salvare altre vite umane, di rigetto e compatibilità.
Chi crede, chi non crede, chi preferisce tacere, chi piange nella solitudine della notte, chi soffre per sé e per la situazione di un proprio caro: tutti nella disperazione cercano la soluzione ai mali, alle difficoltà e alla stallo di una quotidianità buia. La soluzione c'è per alcuni casi, ma costa tanto, richiede un sì che pesa come un macigno, ma che permette ad altri che soffrono di trovare sollievo, di sperare nel futuro.
Cosa poi ci attenderà, impossibile scriverlo: ogni giorno un nuovo giorno, ogni momento la sicurezza che non sarebbe potuto mai accadere e invece è successo, un miracolo sceso in terra, la gioia della vita, nonostante tutto.
Ho la fortuna di conoscere questa Mamma che mi ha chiesto di scrivere di trapianto, di speranza e del domani; difficile affermare se con le parole si riesca a cambiare il modo di pensare del mondo, a migliorare gli uomini e a renderli veramente fratelli. Ci proviamo.
CHE ABBIAMO LETTO
Sono arrivata in biblioteca armata di tanto entusiasmo nella convinzione di trovare qualcuno interessato ai libri e alla lettura che mi stesse aspettando per discutere e trovare un accordo di incontro e condivisione per i dolcissimi diavoletti, invece nessuno.
Ho cercato dei testi adatti ai miei prossimi impegni, tematici, li ho presi in prestito, gli ultimi rimasti perché tanti sono andati a ruba, molto bene.
Poi mi sono seduta ai divanetti colorati, in compagnia di un libro portato da casa, che ho interesse a leggere compatto, in attesa di qualche anima pia, che mi facesse compagnia...
Per fortuna sono arrivati Simone e la sua mamma, poi il mio piccoletto: abbiamo cominciato a interpretare due libri in versi, filastrocche colorate divertenti che hanno tenuto alto il morale.
Poi via via si sono aggiunti amichetti, chi di passaggio, chi appassionato ma impegnato, chi curioso e in cerca di testi precisi su ordine della maestra, bene!
Si è costituito un gruppo bello tosto, di piccoli lettori senza tanta vergogna che si sono alternati alla guida ad alta voce di storie scelte da loro stessi, sempre meglio!
Sono così passati tanti minuti preziosi, in compagnia della strega Rossella, del lupo Toni Mannaro, dell'orso Ota, del coccodrillo Cornelio e di tanti altri nuovi personaggi; vi consiglio:
Ho cercato dei testi adatti ai miei prossimi impegni, tematici, li ho presi in prestito, gli ultimi rimasti perché tanti sono andati a ruba, molto bene.
Poi mi sono seduta ai divanetti colorati, in compagnia di un libro portato da casa, che ho interesse a leggere compatto, in attesa di qualche anima pia, che mi facesse compagnia...
Per fortuna sono arrivati Simone e la sua mamma, poi il mio piccoletto: abbiamo cominciato a interpretare due libri in versi, filastrocche colorate divertenti che hanno tenuto alto il morale.
Poi via via si sono aggiunti amichetti, chi di passaggio, chi appassionato ma impegnato, chi curioso e in cerca di testi precisi su ordine della maestra, bene!
Si è costituito un gruppo bello tosto, di piccoli lettori senza tanta vergogna che si sono alternati alla guida ad alta voce di storie scelte da loro stessi, sempre meglio!
Sono così passati tanti minuti preziosi, in compagnia della strega Rossella, del lupo Toni Mannaro, dell'orso Ota, del coccodrillo Cornelio e di tanti altri nuovi personaggi; vi consiglio:
- Toni Mannaro se volete affrontare un solido discorso sui sogni e i desideri che devono essere inseguiti e perseguiti con tenacia, per far capire al mondo che esisti e vuoi mostrare le tue capacità.
- Cornelio invece è un coccodrillo che non rimane pancia a terra, che si alza in piedi e addirittura migliora in modo impressionante con l'aiuto di una scimmietta, nonostante tutti gli altri continuino a ripetergli che non c'è nulla di particolare in ciò che ha imparato a fare. Per chi si eleva al di sopra della media, per chi non si accontenta e vuole cambiare il gruppo, la comunità.
Ancora una volta, abbiamo capito che certi testi per bambini sono ottimi strumenti di insegnamento e fonte di passione, con poche pagine, semplici parole e colorate illustrazioni.
I MOSCHETTIERI DEL RE, IL FILM ITALIANO
Pomeriggio domenicale madriefiglipiccoli, benissimo; appuntamento al multisala dove ci aspetta un film uscito da qualche tempo, di cui ci hanno parlato tanto bene, una favola dicevano.
Tutti in fila seduti comodi, passa la pubblicità e si comincia.
Uno spasso, un vero divertimento per me e la mia dolce amica alla mia destra, ma per i pargoli le battute non sono poi così comprensibili a partire dalle emorroidi a "figlio di una sveltina", e per fortuna aggiungo io...
Qualcosa ci chiedono, si alzano, perché noi continuiamo a ridere lacrime agli occhi per il doppio senso, la parlata di D'Artagnan o la poesia sconnessa durante il banchetto, ma per fortuna si arrendono, ad un certo punto.
Un film che a noi adulti è piaciuto molto, per trascorrere un ottimo pomeriggio lontano dai pensieri di lavoro; era da tempo che non ridevo di cuore per i tanti giochi di parole, per la canzone di Celentano abbinata all'entrata in scena dei soldati scelti e per gli sbagli di dizione.
Interessante inoltre il paesaggio mozzafiato come si dice, tutto italiano ho scoperto poi a casa, lucano per essere precisi: quando dici che il nostro Paese non ha nulla da invidiare ai cugini francesi, neanche la vasta campagna in cui si muovono i cavalieri o i monti su cui si arrampicano.
Il finale a sorpresa mi ha spiazzato, molto interessante considerare il gioco del bimbo nell'assegnare i ruoli, il capire come si muovono i parenti e quali magagne si evidenziano in famiglia: i figli leggono bene le dinamiche, afferrano i disagi, vedono e sentono più di quello che pensiamo noi, purtroppo.
Da sottolineare la bravura di Savino, per me un grande; tutti gli altri non sono da meno, ma secondo la critica nostrana il film non ha convinto, perché troppo vecchio nelle idee, scontato il finale poco originale; non sono d'accordo, troppo intellettuali questi critici.
A mio parere un'ottima idea spiritosa, il mettersi in gioco, il beffarsi dei propri limiti, il non arrendersi all'età, agli acciacchi e al fisico decadente.
Un film che consiglio a tutti, ma senza i figli piccoli al seguito.
Tutti in fila seduti comodi, passa la pubblicità e si comincia.
Uno spasso, un vero divertimento per me e la mia dolce amica alla mia destra, ma per i pargoli le battute non sono poi così comprensibili a partire dalle emorroidi a "figlio di una sveltina", e per fortuna aggiungo io...
Qualcosa ci chiedono, si alzano, perché noi continuiamo a ridere lacrime agli occhi per il doppio senso, la parlata di D'Artagnan o la poesia sconnessa durante il banchetto, ma per fortuna si arrendono, ad un certo punto.
Un film che a noi adulti è piaciuto molto, per trascorrere un ottimo pomeriggio lontano dai pensieri di lavoro; era da tempo che non ridevo di cuore per i tanti giochi di parole, per la canzone di Celentano abbinata all'entrata in scena dei soldati scelti e per gli sbagli di dizione.
Interessante inoltre il paesaggio mozzafiato come si dice, tutto italiano ho scoperto poi a casa, lucano per essere precisi: quando dici che il nostro Paese non ha nulla da invidiare ai cugini francesi, neanche la vasta campagna in cui si muovono i cavalieri o i monti su cui si arrampicano.
Il finale a sorpresa mi ha spiazzato, molto interessante considerare il gioco del bimbo nell'assegnare i ruoli, il capire come si muovono i parenti e quali magagne si evidenziano in famiglia: i figli leggono bene le dinamiche, afferrano i disagi, vedono e sentono più di quello che pensiamo noi, purtroppo.
Da sottolineare la bravura di Savino, per me un grande; tutti gli altri non sono da meno, ma secondo la critica nostrana il film non ha convinto, perché troppo vecchio nelle idee, scontato il finale poco originale; non sono d'accordo, troppo intellettuali questi critici.
A mio parere un'ottima idea spiritosa, il mettersi in gioco, il beffarsi dei propri limiti, il non arrendersi all'età, agli acciacchi e al fisico decadente.
Un film che consiglio a tutti, ma senza i figli piccoli al seguito.
lunedì 14 gennaio 2019
QUELLI CHE NON SONO NATIVI DIGITALI, MA INSEGNANO
Un corso di Istituto interessante sul digitale, sulla didattica digitale, cominciato oggi pomeriggio: non solo sono nata dieci anni prima del 1985, ma ho cominciato ad avvicinarmi alla tecnologia molto dopo, tutti punti a mio sfavore. Quindi la questione scottante risulta insegnare - o almeno provarci - a ragazzi che maneggiano strumenti che neanche conosci alla velocitá che neanche ti immagini, nei modi che possano interessarli, intrigarli, non lasciarli in balia della noia e soprattutto raggiungere quegli obiettivi fondamentali senza lasciare alcuno per strada. Il che non mi sembra poco, proprio no!
La lezione della dottoressa C. Spinucci ha spaziato in vari ambiti tutti concernenti certo l'apprendimento e gli obiettivi educativi, competenze - si dice - per affrontare il mondo là fuori, per non rimanere estraniati dalla realtà del lavoro, per farsi trovare pronti come tutto il resto d'Europa.
Quasi tre ore di argomenti importanti, di rimandi ed esempi concreti: la trasmissione della conoscenza oggi non è solo appannaggio del docente, l'autonomia scolastica ha rivoluzionato il modo di intendere il libro abolendo i programmi delle materie. Si parla di competenze trasversali in contesti diversi da quelli scolastici, meglio entrare nell'ottica dell'apprendimento permanente.
Nuovo modo di organizzare la lezione, perché diversi sono i ragazzi e il mondo è cambiato.
I giovani oggi possono aprire un qualsiasi computer e connettersi, digitare una ricerca e trovare in pochi secondi la risposta, sta ai docenti educarli a cercare nel giusto, non cadere nella trappola dei giochi e delle interviste per carpire gusti e poi soffocarti di pubblicità e richieste.
Questo mi ha lasciato pensare molto: le risposte offerte dalla rete sono tutte orizzontali, semplici e non complesse, non consequenziali, mentre il libro offre un percorso verticale, un prima e un dopo nella scoperta degli argomenti e allora si parla di granularità del digitale, dove i contenuti complessi sono ritagliati per avere a disposizione contenuti semplici, da mescolare e utilizzare.
Si sottolinea la resilienza, si suggerisce la lezione a classe capovolta, si chiede ai docenti di assumere il ruolo dei registi nella scelta dei codici, insomma non solo il libro di testo, ma tutte le risorse: cambiano i ragazzi stimolati al sapere in modo differente rispetto all'altro secolo, deve cambiare anche la metodologia didattica, che sia comune in un istituto, che parta dall'Infanzia per giungere alla secondaria, contestualizzando sempre, magari affiancando il libro di testo, ma non solo. Il sapere si trasmette oggi in base anche al gruppo classe, non sono gli alunni a non stare attenti o a distrarsi facilmente, tocca all'insegnante rendere interessante la lezione, lanciare messaggi nel modo giusto, senza lungaggini o giri di parole, dritti al punto, precisi da elaborare ed apprendere, per ottenere il meglio, per ottenere il massimo.
Non facile questione, ma si tratta di educare giovani competenti e competitivi, pronti per il mondo del lavoro, in gioco nella formazione e nell'aggiornamento del sapere: sembra che non possiamo permetterci il lusso di fermare il cambiamento della scuola quando il mondo cambia e i ragazzi ancor di più. Dante non si tocca, gli avvenimenti storici debbono conoscersi nel prima e nel dopo, sta agli insegnanti trovare la modalità migliore per formare gli alunni anche con gli strumenti digitali, pane quotidiano per loro...
LE PAROLE LETTE
Di nuovo un articolo d'invito, un annuncio da non sottovalutare per un appuntamento buono, spero.
Martedì, di nuovo il martedì, presso la Biblioteca Comunale di Soriano incontriamoci e parliamo di lettura, libri e crescita: stavo pensando che potremmo vederci verso le 16:00/16:15 intanto per un confronto di anni ed esigenze e poi cominciare la lettura vera e propria.
Non sono brava né ben preparata ad ogni evenienza, ma la nostra biblioteca è veramente ben fornita, ricca di volumi per lettori esigenti, morbidi e attenti di ogni età, quindi vorrei scambiare qualche impressione anche con adulti che si occupano di bimbi piccoli e piccolissimi, per provare a prendere confidenza con le parole, le pagine e le illustrazioni.
Di solito leggiamo dalle 17:00, per andare incontro ai vari impegni scolastici e sportivi, ma se qualcuno più piccino e curioso volesse venire ad assaggiare i testi in biblioteca, mi volesse conoscere o parlarmi, ne sarei veramente felice!
Dunque, ricapitolando, questa la mia offerta imperdibile:
Dalle 17:00 la vecchia, solita, imperdibile lettura ad alta voce per tutti
Se ci fossero richieste o domande particolari per i lettori piccoli e piccolissimi, se qualche mamma volesse provare la lettura a bassa voce, la scoperta delle parole lette e condivise, sussurrate e accompagnate da un dolce sorriso, io sono disponibile, anzi ne sarei onorata!
Mi potete contattare, possiamo incontrarci, insomma possiamo crescere insieme, in biblioteca si può!
Vi aspetto, martedì 15 gennaio presso la Biblioteca Comunale di Soriano nel Cimino dalle 16:00 in poi...
Martedì, di nuovo il martedì, presso la Biblioteca Comunale di Soriano incontriamoci e parliamo di lettura, libri e crescita: stavo pensando che potremmo vederci verso le 16:00/16:15 intanto per un confronto di anni ed esigenze e poi cominciare la lettura vera e propria.
Non sono brava né ben preparata ad ogni evenienza, ma la nostra biblioteca è veramente ben fornita, ricca di volumi per lettori esigenti, morbidi e attenti di ogni età, quindi vorrei scambiare qualche impressione anche con adulti che si occupano di bimbi piccoli e piccolissimi, per provare a prendere confidenza con le parole, le pagine e le illustrazioni.
Di solito leggiamo dalle 17:00, per andare incontro ai vari impegni scolastici e sportivi, ma se qualcuno più piccino e curioso volesse venire ad assaggiare i testi in biblioteca, mi volesse conoscere o parlarmi, ne sarei veramente felice!
Dunque, ricapitolando, questa la mia offerta imperdibile:
Dalle 17:00 la vecchia, solita, imperdibile lettura ad alta voce per tutti
Se ci fossero richieste o domande particolari per i lettori piccoli e piccolissimi, se qualche mamma volesse provare la lettura a bassa voce, la scoperta delle parole lette e condivise, sussurrate e accompagnate da un dolce sorriso, io sono disponibile, anzi ne sarei onorata!
Mi potete contattare, possiamo incontrarci, insomma possiamo crescere insieme, in biblioteca si può!
Vi aspetto, martedì 15 gennaio presso la Biblioteca Comunale di Soriano nel Cimino dalle 16:00 in poi...
domenica 13 gennaio 2019
PUR SE PERDONO
Un minuto di silenzio rispettoso per quelle mamme che la domenica mattina si chiudono alle spalle la porta di casa e tutti gli ingombranti lavori domestici per seguire i loro campioni Giovanissimi 2004 nella partita di campionato.
Ore 9:30 convocazione al campo di gioco - paesello mio! - un primo viaggio per gli adulti che portano il proprio campione, per poi ritrovarci tutti un'ora dopo al fischio dell'arbitro.
Come sempre, due tempi da trentacinque minuti, cielo grigio, qualche accenno di sole, c'è chi si riscalda con il caffè e chi con due chiacchiere.
Aggiornamento classifica immediato: il nostro avversario detiene due punti in più, quindi non c'è grossa differenza di bravura, penso io... Ma poi che ci capisco? Vedo solo le due squadre in campo, una fila di verdi contro blu e il mio ragazzotto tra i titolari, ringalluzzisco; neanche il tempo di raccapezzarsi però, che la palla entra nella "nostra" porta, peccato ma il dispiacere non deve prevalere. E infatti sono forti i nostri ragazzi che recuperano e vanno in vantaggio, il piccoletto che segna salta in braccio di nuovo all'allenatore, ci piacciono: dagli spalti molti complimenti per le azioni continue e i lanci, dalla panchina ognuno che tocca palla viene incoraggiato per nome e dietro di me un tifoso nostrano porta avanti una telecronaca tutta in dialetto.
Poi qualcosa salta, forse non si capiscono bene: in squadra ci sono buoni giocatori, si distinguono, crediamo in loro, ma forse non comunicano abbastanza e il sorpasso avviene a pochi minuti dalla fine. Purtroppo ai tre fischi consecutivi si contano tre reti a due e i giocatori di casa escono nervosi, inquieti e con qualche parolaccia di troppo.
Calma. È domenica, ci aspetta un buon pranzo, siete tutti amici, coetanei, compagni di scuola dalla nascita; il lavoro per migliorare quello non deve mancare, ma scatti d'ira o rispostacce, non fanno bene a nessuno e gli allenamenti pomeridiani serviranno a chiarire la situazione.
Il gioco è divertimento, confronto e un pizzico di fortuna, o sfortuna dipende da dove entra la palla...
Ore 9:30 convocazione al campo di gioco - paesello mio! - un primo viaggio per gli adulti che portano il proprio campione, per poi ritrovarci tutti un'ora dopo al fischio dell'arbitro.
Come sempre, due tempi da trentacinque minuti, cielo grigio, qualche accenno di sole, c'è chi si riscalda con il caffè e chi con due chiacchiere.
Aggiornamento classifica immediato: il nostro avversario detiene due punti in più, quindi non c'è grossa differenza di bravura, penso io... Ma poi che ci capisco? Vedo solo le due squadre in campo, una fila di verdi contro blu e il mio ragazzotto tra i titolari, ringalluzzisco; neanche il tempo di raccapezzarsi però, che la palla entra nella "nostra" porta, peccato ma il dispiacere non deve prevalere. E infatti sono forti i nostri ragazzi che recuperano e vanno in vantaggio, il piccoletto che segna salta in braccio di nuovo all'allenatore, ci piacciono: dagli spalti molti complimenti per le azioni continue e i lanci, dalla panchina ognuno che tocca palla viene incoraggiato per nome e dietro di me un tifoso nostrano porta avanti una telecronaca tutta in dialetto.
Poi qualcosa salta, forse non si capiscono bene: in squadra ci sono buoni giocatori, si distinguono, crediamo in loro, ma forse non comunicano abbastanza e il sorpasso avviene a pochi minuti dalla fine. Purtroppo ai tre fischi consecutivi si contano tre reti a due e i giocatori di casa escono nervosi, inquieti e con qualche parolaccia di troppo.
Calma. È domenica, ci aspetta un buon pranzo, siete tutti amici, coetanei, compagni di scuola dalla nascita; il lavoro per migliorare quello non deve mancare, ma scatti d'ira o rispostacce, non fanno bene a nessuno e gli allenamenti pomeridiani serviranno a chiarire la situazione.
Il gioco è divertimento, confronto e un pizzico di fortuna, o sfortuna dipende da dove entra la palla...
IL PRESEPE DI TARQUINIA, UNA SETTIMANA FA
Domenica scorsa, giorno dell'Epifania e ultimo di vacanza, siamo andati a gustare il presepe vivente di Tarquinia, uno dei più interessanti della Tuscia a mio modesto parere.
Un cordone umano lungo lungo per le vie del centro, in attesa di entrare dalla porta della chiesa e poi la visita intensa, calda, simpatica e buona - zuppe, bruschetta, focacce, caldarroste, formaggi...
I bambini entusiasti e meravigliati della presenza dei legionari, dei cammelli, dell'asino che girando in tondo muoveva la ruota per la molitura delle olive; il prezzo del biglietto soddisfacente anche perché abbiamo pagato solo noi adulti.
tanti animali nei recinti, a portata di mano e di leccata, entusiasmo dei figuranti e dolcissima in fondo la Natività con il piccolo paffuto di neanche due mesi nei panni del Bambinello, roba sa pelle d'oca.
Negli ultimi anni non eravamo più intervenuti in questo imperdibile appuntamento delle feste natalizie, abbiamo apprezzato le novità e siamo tonati a casa tardissimo, molto stanchi per essere rimasti per almeno quattro ore in piedi tra la folla, ma felici, veramente.
https://www.facebook.com/PresepeViventediTarquinia/
Un cordone umano lungo lungo per le vie del centro, in attesa di entrare dalla porta della chiesa e poi la visita intensa, calda, simpatica e buona - zuppe, bruschetta, focacce, caldarroste, formaggi...
I bambini entusiasti e meravigliati della presenza dei legionari, dei cammelli, dell'asino che girando in tondo muoveva la ruota per la molitura delle olive; il prezzo del biglietto soddisfacente anche perché abbiamo pagato solo noi adulti.
tanti animali nei recinti, a portata di mano e di leccata, entusiasmo dei figuranti e dolcissima in fondo la Natività con il piccolo paffuto di neanche due mesi nei panni del Bambinello, roba sa pelle d'oca.
Negli ultimi anni non eravamo più intervenuti in questo imperdibile appuntamento delle feste natalizie, abbiamo apprezzato le novità e siamo tonati a casa tardissimo, molto stanchi per essere rimasti per almeno quattro ore in piedi tra la folla, ma felici, veramente.
https://www.facebook.com/PresepeViventediTarquinia/