lunedì 20 settembre 2021

LASCIAMOLI SOGNARE

  Immancabile, come ogni inizio di terza media, la discussione circa l'anno in fieri, l'ultimo, il più difficile/imprevedibile/ansiogeno/temuto... e la scelta dell'indirizzo superiore, da compiersi a breve.

 Già perché ai ragazzi tredicenni si chiede di concretizzare la pre-iscrizione tra dicembre e gennaio, di compiere il giro degli istituti, soppesare proposte, valutare offerte e corsi, insomma programmare il proprio futuro, o almeno indirizzarlo.

 Le emozioni più gettonate dell'ora di discussione di oggi sono state ansia, paura, timore, angoscia: insomma nulla di positivo se non la certezza - per loro - di cambiare aria, di chiudere una parte della loro esistenza. Bene, anzi male.

 Scegliere la strada non è cosa facile: che sia la scuola voluta dai genitori, magari da loro frequentata trent'anni prima, che sia uno scartare il peggio per cercare il meglio - come si fa con le foglie di carciofo - che sia la considerazione del presente, dello stipendio, della possibilità di trovare un lavoro... Non tutti i ragazzi sono pronti, anzi dalle loro parole sembra che non lo sia nessuno.

 Passione, inclinazione, forte sentire, predisposizione, abnegazione, tecnica, carisma: a mio modesto parere queste sono le voci da tenere in considerazione per una valutazione "superiore", non l'attualità dell'ufficio di collocamento o i movimenti bancari.

 Un liceo già ti ammazza se sei cosciente, un istituto tecnico pretende una certa dimestichezza, così come una professione o l'estro creativo: che sia almeno il sacro fuoco della passione a spingerci giù dal letto ogni mattina, a muovere i fili del discorso, a manovrare dispositivi, almeno proviamoci.

 Che un figlio di dottore diventi dottore quando in cuor suo vorrebbe curare un roseto, che un ingegnere abbia più dimestichezza con la crema pasticcera che con i materiali edili: ne va della vita delle persone, dei malati, dei fruitori del servizio. E non possiamo neanche ricercare lo stipendio, perché ho portato questo esempio: nessuno potrebbe mai essere operato da una come me che si impressiona con il sangue, neanche dietro la promessa di uno stipendio milionario, le professioni sanitarie non fanno al caso mio, quale che sia la retribuzione. Magari c'è chi mi compatisce per la scelta dell'insegnamento, poco considerato o sottopagato, troppe responsabilità o scarsa stima sociale, non so cos'altro.

 Ultima questione: la dignità e l'unicità di una persona non dipendono dal suo lavoro, ma dall'onestà con cui opera, con il sorriso che porta, con la fierezza di esserci; un professionista disonesto, un impiegato fannullone, un venditore altezzoso sono il male della società, il motivo di certi disservizi, niente di cui vantarsi.



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