mercoledì 25 dicembre 2013

Il dendronaturalismo

Da alcune settimane ormai il mio amico pittore Giuseppe Rossi mi ha mostrato con una certa soddisfazione l'ultima pubblicazione che lo vede protagonista, o meglio che vede protagonisti il suo modo di dipingere e i suoi particolari soggetti. Nell'agile libretto si trovano diversi contributi interessanti e la pagina 9 è occupata da un mio intervento critico intitolato: "L'aedo del dendronaturalismo" che qui di seguito vi ripropongo.

Se vi capita di discorrere in privato con Giuseppe Rossi, artista cinquantenne originario della provincia di Roma, ma naturalizzato viterbese, vi dirà che il suo elemento primo, quello che rigenera le sue energie e gli permette di continuare ad apprezzare il mondo e gli uomini è l'acqua. Quando sente forte il bisogno di evadere per ricaricare le sue “batterie umane e lavorative” si tuffa in mare e si immerge
lontano da tutti. Visitando invece una sua mostra o scorrendo il suo catalogo vi renderete conto che
nulla di tutto questo emerge dalle sue tele. Anzi. Giuseppe Rossi è il cantore del dendronaturalismo, cioè della forza e della vitalità degli alberi; con le sue tele di piccole e grandi dimensioni è lì a ricordarci che la
natura che ci circonda può e deve essere ammirata, studiata, compresa, vissuta, assorbita. La sua non è un'arte di denuncia della periferia cittadina degradata, della disumanità della società incivile, di rassegnazione alla violenza umana, ma è un inno al ritorno alle origini ancestrali, alle radici ataviche della propria terra. È una pittura di intima ricerca, di personale attenzione agli alberi secolari, muti testimoni di tante imprese umane, eroiche ma non solo, che si sono susseguite nel corso dei decenni. I suoi quadri presentano pastose pennellate di colore, che abbracciano un ampio spettro del visibile, dai toni bruni e caldi fino al bianco glaciale, terreo, pallido. È una sintesi cromatica di forme morbide e fluide, linee curve, annodate, avviluppate,
aggrovigliate su se stesse. Non sono preponderanti i chiaroscuri, ma forti contrasti su primi piani, in un continuo lavorio su albero, tronco, corteccia. Ecco allora, bisogna fermarsi a considerare quale insegnamento possono offrirci Il Patriarca, L'olivo di Cosa e tanti altri, quale lezione possiamo noi trarre da alberi di
castagni e ulivi che, accada quel che accada, rimangono ben saldi piantati nel loro terreno.



www.giusepperossipittore.it

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