domenica 29 marzo 2020

NON CHIAMATELA DIDATTICA, NIENTE A DISTANZA

 Sono una semplice supplente, niente ruolo propriamente detto, niente posto fisso.
 Sono stata arruolata con un contratto a tempo determinato agli inizi dell'anno scolastico per ricoprire un posto "importante": insegnante di lettere in prima e seconda media, nove ore in classe con i miei alunni sulle trenta totali settimanali, mi sono affezionata. Parecchio.
 In prima media, cinque giorni su cinque alla prima ora ho urlato l'appello, ho controllato le giustificazioni, ho riammesso gli assenti, ho vergato il registro cartaceo, in seconda sempre le ultime.
 E già perché nella scuola in cui ho avuto l'onore di lavorare fino a mercoledì 4 marzo, non c'è altro documento valido se non il registro vecchia maniera, copertina rigida blu; i miei colleghi ed io, o ci appuntiamo le mille note da riportare poi nel pomeriggio a casa oppure apriamo il cellulare, schermo mini e digitiamo.
 E poi arrivano il decreto, il Presidente e mille altri collaboratori e ci esortano, ci intimano, ci pregano, ci illustrano di applicare, adoperare, mettere in campo la didattica quella nuova, quella moderna, quella da casa...
 Ambé, facile.
 Siamo chiusi in casa, tutti: genitori, figli, alunni e insegnanti; ognuno ha bisogno di connettersi, caricare, scaricare, stampare, controllare, condividere, seguire il tutorial, inserire la password, ricordare la password e la video camera? Carta ne abbiamo? Scarseggia il toner, maledetto proprio ora.
 Ma la didattica è questo? Un filo inserito nella spina al muro?
 Il piccoletto con tre schede da sottolineare, riempire e intrecciare di matematica e storia, si tratta di questo? Niente lavagna, i lavoretti di primavera, sta arrivando Pasqua: chi ricorda ai piccoli i simboli del tempo che passa, chi appiccica le rondini nere bifide sui vetri delle grandi finestre e i rami con i fiorellini rosa?
 Certo non tutti avranno avuto la fortuna di apprendere dalla maestra Napoli, ma comunque la trasmissione del sapere, il gusto di imparare, la curiosità di conoscere non passa attraverso una app, no, proprio no. I professori e le loro particolarità, bizzarri al punto giusto, colorati, sorridenti, libri su libri, strumenti per sopperire alla mancanza cronica di materiale degli alunni e della scuola, una biblioteca in divenire, piccola isola del sapere, in un mare di indifferenza culturale.

 Classe, gruppo, confronto, amicizia, sguardi, suggerimenti, matita, temperino, gomma che salta, gesso finito, posso andare in bagno? No, aspetta la campanella! Prendi il libro, l'ho dimenticato a casa, il mio cane l'ha mangiato, mio fratello l'ha tagliato per le banconote false.

 Soffro, nel passare del tempo casalingo, mi nutro di libri di lettura, scorro le pagine social, registro video e audio per i miei alunni, scatto foto agli schemi, ma per piacere non chiamatela didattica, non mi ferite con la scoperta dello smart working, che mi sale l'acido.

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