domenica 7 giugno 2015

8 GIUGNO 1953 - 8 GIUGNO 2015

 Ho trentanove anni e qualche mese, i miei figli sono ancora piccoli, hanno bisogno delle mie attenzioni, delle mie cure, dei miei rimproveri. Mia madre alla mia età andava al colloquio con i professori del liceo, ero già grande, fidanzata, con il ragazzo che tanti anni dopo sarebbe diventato mio marito.
 Quando ho compiuto diciotto anni, mia madre avrebbe dovuto pensare ai suoi quaranta e invece non l'ha fatto, non ha mai pensato alla sua vita, alla sua esistenza, alle sue esigenze. Prima e sempre le figlie, quel poco che avanzava in casa dello stipendio, di guadagno dal raccolto della campagna era sempre destinato a noi, al corredo nuziale, ai libri scolastici e a tutto il resto.
 La guardo e vedo una donna stanca, provata nel fisico e nello spirito, ma ancora tanto battagliera, fiera dei nipoti, orgogliosa della figlia in Spagna e persa nelle mani di Dio. Si è ingobbita, il suo lavoro, l'amato lavoro di una vita, l'ha deformata: cuce da quando aveva quindici anni, confeziona, stringe, allarga, modifica, senza mai stancarsi o lamentarsi della sua occupazione.
 Mia madre non è una cuoca perfetta, meticolosa per i dettagli della tavola, non si dedica neanche alla pasticceria, ma i suoi pranzetti fatti con il cuore, con l'attenzione propria delle nonne, hanno un qualcosa di speciale, di saporito, di unico, come la pasta fatta in casa, con il ragù di carne fresca di macelleria, le polpette...
Come tutte le donne, però, cucina ciò che piace a lei, soprattutto, e se qualcuno si azzarda a pronunciare qualche complimento di troppo, lo fa a suo rischio e pericolo, perché poi la mamma si sente autorizzata a riproporre il piatto ogni giorno.
  Mia madre è rimasta vedova ancor giovane e indifesa, ha perso il compagno scelto per la vita dopo neanche ventitré anni di matrimonio: aveva solo quarantaquattro anni, io ventidue e mia sorella era ai primi passi del liceo linguistico. La nostra esistenza è cambiata per sempre, stravolta direi: ci siamo ritrovate sole, noi tre, a combattere battaglie quotidiane, ad arrangiarci per vivere dignitosamente, continuare gli studi, accantonare un gruzzolo per l'organizzazione di un matrimonio, la vita insomma di ogni famiglia, ma senza il capo. Lei non ci ha mai fatto mancare nulla del necessario, ma il superfluo a casa nostra non è mai entrato, né noi lo abbiamo mai chiesto, inutile.
 Grazie Adalgisa.



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