mercoledì 2 maggio 2018

UNO STATO FONDATO SUL LAVORO

 E quest'anno ha un sapore diverso il 1 maggio: sono sotto contratto, a tempo determinato ma che arriverà all'estate; ho uno stipendio - e il mutuo non fa più paura; esercito una delle professioni più importanti per la società civile, dal mio modesto punto di vista e ne sono fiera; cerco di onorare l'impegno, come meglio riesco, ma non sempre torno a casa soddisfatta di quello che ho dato ai miei ragazzi; mi sto formando perché sono incompleta e studio per capire dove non devo sbagliare e dove è obbligatorio migliorarsi.
 Insegno, il che significa che ogni mattina davanti a me trovo centoventi occhi che mi squadrano dagli occhiali alle scarpe, sessanta giovani menti che vorrebbero stare altrove, meglio se distese e con le cuffie alle orecchie; vorrebbero scrivere - e lo fanno - come parlano, magari con farcitura di termini dialettali, senza il minimo riguardo per la consecutio temporum.
 I miei ragazzi ancora non hanno deciso chi diventeranno da grandi, ma sicuramente sanno cosa non faranno, insegnare per esempio.
 Ho l'ingrato compito di giudicarli per come si esprimono, per quanto si ricordano, per come hanno parafrasato un'ottava di Ariosto, quando vorrebbero loro recarsi sulla Luna e magari restarci, fino all'ora degli allenamenti.
 Li torturo con l'analisi grammaticale, logica o del periodo, poi mi consegnano la verifica e scuotono mesti la testa se non ci hanno capito niente; odiano i verbi e sbagliano le forme del passato remoto, ma sanno inventarne certe che è una meraviglia.
 Ho l'obbligo di educarli al rispetto delle regole, alla convivenza civile e a chiedere la parola alzando la mano non solo per andare in bagno; sono teneri e innamorati i più grandi e mentre spiego i concetti ermetici guardano fuori dalla finestra e ascoltano il cinguettio pascoliano, ammirano il panorama leopardiano e si sentono siccome immobili...
 Ogni nuova proposta, ogni impegno, ogni esperimento linguistico li sconvolge e come prima reazione sbuffano, poi però passa e si dimenticano il quaderno a casa, il diario sotto al banco, hanno avuto la febbre e la nonna da ricoverare.
 Li forzo a ragionare, a non fidarsi delle immagini e a non credere alle favole social, sportive e di ricchi sfondati youtuber, che trascorrono l'esistenza davanti alla videocamera, ma non molte frecce al mio arco razionale.
 Adoro questo mestiere, non sono un granché seduta alla cattedra, ma mi sto impegnando a migliorare... E domani mattina sottoporró ai piú grandi questo testo che ho scoperto per caso:
https://www.poesieracconti.it/poesie/a/costantino-kavafis/itaca

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