giovedì 13 agosto 2015

E COSI' SIA

 Come spesso capita, quest'articolo nasce a seguito di una conversazione telefonica con mia sorella, lontana, migrante soddisfatta e autonoma, autosufficiente quanto a sentimenti e rapporti: riesce, lei, a vedere e comprendere là dove io invece mi ostino a non capire, o almeno così sembra.
 Tra le due sono io l'insoddisfatta sempre in cerca di consensi, attestazioni di affetto, amore, amicizia e stima; in pratica non riesco a capire che si può vivere, e vivere bene, anche in altri contesti, con altri atteggiamenti.
 Non posso costringere le persone, che mi vogliono bene e per questo mi sopportano, a comportarsi come a me sembra giusto e onesto: se mio figlio ha scelto un gruppo di amichetti, un nuovo ambiente di gioco per lui ottimali e tranquilli, non posso io forzarlo ad agire altrimenti, confrontando la mia pubertà con la sua, il mio mondo infantile con quello attuale. Chiaro ma difficile da accettare.
 Divento intransigente in fatto di feste comandate e ricorrenze: impossibile non organizzare riunioni familiari, banchetti della serie "tutti insieme appassionatamente", ma non tutti la pensano così, non tutti sono disponibili e disposti alla rimpatriata. Molto difficile da recepire.
 Ho uno splendido rapporto personale con un'amica speciale, un "noi due" che mi piace assai, ma preferirei diventasse un "noi famiglie"; quasi impossibile da realizzare: mi ostino e mi incaponisco fino allo struggimento - termine foscoliano che adoro - senza risultati evidenti, naturalmente.
 Unica conseguenza, malumore mio.

 Ecco allora il consiglio sororale: "Accetta l'evidenza, fattene una ragione, vivi e gioisci della realtà, non puoi cambiare le persone a tuo modo, è così e basta!".
 Proverò, giuro mi impegnerò.


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