domenica 2 aprile 2017

COSA HO CAPITO

 Tanto per non abbandonare il filo rosso diretto che ci unisce - che unisce me a voi - miei affezionati lettori (vi adoro!), vi propino subito, a caldo, le mie sensazioni, quelle a pelle, le riflessioni nate da due giorni di Festival viterbese su educazione - empatia.
 Intanto nessuna situazione é facile da affrontare, nessuna si presenta così com'è: molto si capisce in fieri, molto si aggiusta o si complica strada facendo, ma senza la collaborazione non si arriva da nessuna parte, senza l'appoggio degli altri poco si conclude.
 Adulti, primo punto, non può essere altrimenti per il discernimento, l'attenzione, l'intervento tempestivo, la serietà della situazione e l'evolversi dei fatti.
 Rispetto delle regole certe, di regole ferree seguite da tutti, punizioni giuste e adeguate alla gravità del caso, senza sottovalutare o prendere sottogamba il comportamento della classe. E già la classe, proprio lì dove il bullo opera meglio, per esaltarsi, per mettere in mostra qualità altre, per schernire chi é "diverso" dal gruppo, chi si distingue o non prende parte alle scene.
 Il disagio della vittima, che perde l'autostima, che si isola, che nel peggiore dei casi abbandona la scuola: questa a mio modestissimo parere, é la peggiore sconfitta per la comunità, l'allontanamento di chi ha già sofferto tanto, troppo, chi ha perso i punti fermi, chi credeva di avere amici sinceri o compagni di classe leali. Chi sa deve parlare, chi vede deve riferire, chi può aiutare deve mettersi in gioco anche a discapito del programma e delle ore di lezione - la Schiralli le ha chiamate Lezioni di vita, molto più importanti per la giusta atmosfera.
La vittima non dimentica, le sue sono ferite che non si cicatrizzeranno mai: infatti chi ha subito, chi ha sofferto, chi non era in linea con il branco, ricorderà per sempre le parole taglienti come spade, gli apprezzamenti maligni, la perfidia subdola dello scherzo innocuo.
 C'é soluzione: che gli adulti affrontino il tema, che capiscano i segnali, che non sottovalutino il malessere, che intervengano rigidamente, che non ridano, non si girino dall'altra parte, che collaborino con la famiglia, che la famiglia non sia abbandonata alle intemperie delle emozioni, che si vada tutti nella stessa direzione, per unire le forze. Allora bisogna esserci, bisogna approfondire, elaborare, scrivere e aprirsi a chi puó aiutare, oltre la lezione, oltre la cattedra, oltre il pregiudizio.

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