martedì 18 settembre 2018

FACCIAMOLI CHIUDERE

 In giro per il paesello mio, una triste desolazione in alcuni punti, una punta d'orgoglio in altri, una spinta al rinnovamento in altri ancora.
 E ci siamo accorti solo al momento di ordinare i testi scolastici a giugno che non disponiamo più di una libreria, una; in tempi andati, ce n'erano addirittura due per reperire libri, quando poi l'obbligo scolastico si fermava alla terza media, oggi che tutti proseguono, bisogna raccattare in giro, nei vari super/iper/stra mercati o via web, ma di acquistare per la lettura, per il puro piacere di imparare e confrontarsi, niente, ma si sa in Italia non si accultura più nessuno.
 I bar stanno cadendo uno ad uno, come i moscerini si diceva una volta, si sta assottigliando la popolazione che gusta la colazione con cornetto e cappuccino, son cambiate le abitudini o si cerca di far economia e di risparmiare sul superfluo? Non saprei cosa rispondere, fatto sta che in piazza e in zone limitrofe ci son sempre meno luci, sedie e tavoli accoglienti.
 Nessun ottico, no, da noi tutti vedono bene, nitidi, nessuno che abbia bisogno di lenti, montature o schermature contro il sole; l'unico cruccio che il negozio di ottica quando svendeva i modelli era strapieno: prima lo abbiamo costretto ad abbassare la serranda, poi ce ne siamo accorti.
 Idem per un negozio di calzature bimbo, impresa che hanno affrontato diverse persone, ma tutte tornate sui propri passi.
 Sembra che anche l'abbigliamento non se la stia passando proprio bene; per non parlare di pizza al piatto.
 Per fortuna, si tentano altre imprese, altre forze stanno per entrare in campo: bisogna ingegnarsi, inventare, offrire, scontare, trovare un campo e un settore che invogli gli abitanti del paesello a non tentare di uscire, di portare i guadagni altrove per non lasciare morire i commercianti, gli artigiani e le attività commerciali. Un centro abitato senza servizi al cittadino, con un'offerta minima in fatto di scelta, materiali, colori, forme o prezzo è destinato a breve vita, schiacciato dal nulla, dalla noia e dall'apatia mentale.
 Non fermiamoci alla simpatia o all'antipatia; non giudichiamo per sentito dire; facciamo caso anche al rapporto qualità - prezzo; aumentiamo il volume d'affari del piccolo negozio, non pretendiamo di prendere la macchina e fare un salto al capoluogo o chissà dove, chiusi nel traffico, spersi nel parcheggio, in balia di un carrello impazzito che si riempie inevitabilmente di schifezze e calorie raccogliciccia.
 Chi chiude perde il lavoro, costretto ad altri lidi, si interrompe l'indotto, toglie ossigeno alla vita paesana, vogliamo trasformarci in un centro dormitorio in cui ritrovarsi la notte per riposare le ossa stanche per impieghi svolti altrove? E gli immobili quanto verrebbero svalutati, se una volta in piazza non ci fossero negozi in cui spendere?
 Ma perché: concorrenza, sonno, prurito, intolleranza, allergia, invidia, stanchezza, fine di un ciclo?
 E un giorno o l'altro parleremo di luoghi della Cultura. Che tristezza.

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