Corso di formazione autoregolazione comportamentale ed emotiva del bambino; questo il titolo del corso di formazione organizzato dall'insegnante Cinzia Mechelli nei locali dell'Istituto Comprensivo, aperto a tutti i docenti. Il primo di dieci incontri pomeridiani di tre ore ciascuno a cadenza bisettimanale si è svolto nel migliore dei modi: le ore sono volate, come si suol dire, tra esempi e rimandi, battute e parole difficili, tecniche e diagnostiche, della dottoressa Falzone.
Mi piace e anche parecchio formarmi, seguire una conferenza informale, semplice nei modi ma molto impegnativa quanto a concetti di base, presentazione dei problemi e diverse soluzioni.
La strada per arrivare a capire e aiutare un bambino non è semplice né che si tratti di un alunno di qualsiasi ordine e grado né se si tratti del proprio figlio.
Ci si mette in gioco, si viene messi di fronte a problematiche, realtà nude e crude e la dottoressa illumina il cammino, offre i tanti punti di vista e ogni possibile strada per la soluzione del nocciolo duro. Nessuno afferma che sia semplice, nessuno si azzardi a parlare di colpe.
Compito degli insegnanti è educarsi, quello dei genitori formarsi: nessuno nasce imparato, questo lo sappiamo e oggi più che mai - ribadisce spesso la dottoressa - serve consapevolezza, presa di coscienza del disturbo, della realtà da configurare a sé stessi come insegnanti, poi alla famiglia e alla comunità.
Bisogna operare di comune accordo, in un percorso tanto difficile e tortuoso, non perdendo mai di vista la personalità e la forza dei bambini; la parola d'ordine è regole, chiare e ferme, semplici e sempre ribadite, condivise da tutti gli adulti: solo le regole permettono di viaggiare al bimbo sul giusto binario, di non sbilanciarsi, di non perdere mai la rotta, serve la sicurezza dei riti, delle tradizioni; il piccolo non deve scegliere perché non è nelle sue facoltà, non lo si giudica né si impongono precetti negativi.
Servono positività e fermezza, enunciati brevi ma propositivi che rimangono impressi nella mente del bambino, che non presenta facoltà di astrazione, usa modi e tempi verbali "sbagliati" per raccontare la sua realtà, pratica in special modo il gioco simbolico per comunicare qualcosa di importante all'adulto, che deve essere pronto a osservare per cogliere il significato, diverso dal significante.
Allora ognuno dei presenti nel fiume di parole ha assorbito qualcosa per la propria esperienza lavorativa, per comunicare con i genitori, farsi ascoltare dagli alunni, imporsi come educatore, rimanere costante e credibile come genitore, nel lungo percorso per arrivare a saper destreggiare momenti critici, affiancare le famiglie che incontrano handicap/ostacoli sulla strada del figlio, in tormentati momenti, tristi incontri e presa di coscienza della realtà, senza mortificarsi, credersi spacciato, sentirsi solo e sperduto.
E mi sono accorta così della mia pochezza come insegnante - lunga la strada per migliorare - ma non che come madre vada meglio...
http://www.centroceral.com/sandra-falzone.html
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