La scuola in cui presto servizio dal settembre 2019 è momentaneamente chiusa, sprangata, inaccessibile per leggerezza ed errore umano quasi inaccettabili, dal mio punto di vista. Così sessantacinque ragazzi, una decina di insegnanti e una collaboratrice da lunedì hanno visto "stravolta" la propria quotidianità, fino a ripristino, a detta dell'Amministrazione di riferimento. Nutro forti atroci rabbiosi dubbi.
Fatto sta che si attende di giorno in giorno l'intervento salvifico, il risolvimento del problema, la svolta tanto agognata, nel mentre vivo in una sorta di limbo.
Ho prestato la mia opera culturale in altra sede, primaria, come "esperto" per la mattinata di martedì.
Ho anche partecipato ad un pomeriggio di Consigli di classe, ma certo non è il solito intenso impegno.
E l'ho presa male, malissimo.
Sveglia, famiglia, pasti, registro: tutto a contorno di frenetica attività letteraria che mi appaga, mi dà dignità. E stare fermi non è un sogno né una benedizione: mi sento come catapultata al 2020.
Pulisco, scrosto, cucino, leggo, seguo tutorial, mi sento inebetita, non è una buona sensazione, perché il tempo scorre e i miei alunni latitano. Avevamo i versi infernali da parafrasare, il libro del mese da recensire, il tema in classe da affrontare: tutto fermo, stavo dal fruttivendolo, ho acquistato tutto l'occorrente per il brodo vegetale, il contorno fresco, la vitamina C.
Non è questa la mia vita.
Rivoglio indietro tutto, con i pro e i contro, le difficoltà, le aule e i banchi, gli scaffali della Biblioteca scolastica e il cortile. Ecco.
Forse un momentaneo trasloco.
Saranno sempre i social a rivelarcelo?
Lo scopriremo solo "scrollando".
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