sabato 23 gennaio 2016

QUANDO E' IL MOMENTO GIUSTO?

 Oggi al mercato ho incontrato quattro generazioni di donne che passeggiavano teneramente, belle loro, tutte giovani, anzi giovanissime, da invidiare, quasi.
 Quando è il momento giusto per diventare mamma, per procreare, per dare alla luce una creatura che avrà continuamente bisogno della madre, per tutta la vita? Perché poi in ogni momento dell'esistenza si cerca la  presenza dei genitori, si ha bisogno di aiuto, si chiedono buoni consigli, parole di conforto e la famiglia nei frangenti di sconforto è fondamentale, fenomenale, insostituibile.
 Capisco il desiderio di maternità, forse è il miglior passo che abbia provato, capisco la solitudine e il buio di un futuro senza eredi, senza figli, senza futuro, però...
 A tutti i costi?
 A dispetto della natura e del ciclo della vita?
 A dispetto delle forze che poi vengono sempre meno?
 Diventare mamma ti cambia per sempre, scuote i tuoi pensieri, rovescia le tue convinzioni, rinnega le tue promesse e ti lascia vedere il mondo da altri mille punti di vista, molto più in basso del tuo raggio d'azione.

Dolce attesa di G. Klimt
 La tela è di formato quadrato, tipica degli anni della maturità dell’artista, come tipico è il fondo d’oro puntinato, che annulla la percezione dello spazio fisico reale ponendo la figura in un’ambientazione “cosmica” che verrà utilizzata anche nel celebre Bacio dello stesso periodo. La figura della madre è in posizione centrale, unica protagonista, in un atteggiamento di sospensione: il volto di profilo, lo sguardo abbassato sul ventre, i seni scoperti ma il corpo avvolto da preziosi tessuti arabescati, un mosaico composto di tasselli preziosi che denunciano l’incontro con gli ori e le paste vitree dei mosaici ravennati. La mano destra è leggermente sollevata, quasi a scandire con gesto misurato le parole di un dialogo silenzioso fra madre e figlio. L’oro dello sfondo, la cromia accesa, l’atteggiamento dolce e meditativo della madre sono quanto di più lontano possa esserci dalla prima versione di questo tema: fra gli arabeschi dell’abito tre figure femminili, in atteggiamento di dolente preghiera, a capo chino, ad occhi chiusi, con le mani alzate a prendersi il volto. E ancora, risalendo sul ventre della madre, ecco che si scopre inopinatamente un teschio sospeso, appena appoggiato, per così dire, ridotto a pura decorazione ma evidentissimo. La figura, costruita in gran parte dall’incastro di tasselli con motivi floreali stilizzati, non perde la sua solidità e soprattutto la sua dimensione psicologica, di meditazione compunta. Una visione della maternità dunque meno disperata, meno inquietante, ma pur sempre pervasa dall’oscura presenza di un destino ineluttabile, di un presagio incombente, di una bellezza malata e struggente in cui le “malinconiche armonie dei colori spenti, cinerei, perlacei” (Argan) si mescolano al vividi bagliori dell’oro, dell’argento, delle gemme, degli smalti. Arte preziosa, pagana, simbolica, quella di Klimt, che incrocia la splendida ed esangue arte bizantina in una stagione ai limiti della fine di un’epoca, dopo la quale saranno le Avanguardie a tracciare il percorso di una nuova civiltà. Esposta nel 1909 alla Kunstschau accanto ad alcune opere di Egon Schiele, Speranza II mostrò agli osservatori il suo apparentamento con le figure femminili di quest’ultimo, brune, pallide e smunte, evidenziando la forza del dialogo fra i due protagonisti indiscussi della Secessione Viennese.






Nessun commento:

Posta un commento