giovedì 28 dicembre 2017

COSA PUBBLICHIAMO OGGI?

 Resta il presupposto che ognuno scrive, pubblica, condivide e mostra ciò che vuole, come e quanto gli aggrada, pagandone poi le conseguenze o raccogliendone i frutti.
 Ad ognuno il suo giudizio, ad ognuno il suo pensiero, ma...

 Ieri pomeriggio ho trovato un filmato in rete che mi ha sconvolto, mi ha turbato, di cui nessuno può dirsi fiero, credo: quanto dobbiamo spettacolarizzare la nostra vita, la nostra esistenza? Quanto dobbiamo aprirci agli altri, quanto possiamo osare in fatto di intimità, di dolore e di morbo? Mi ha colpito perché ho riconosciuto i vari "attori": riprendere una persona malata, indifesa, stanca e spossata e poi divulgare le immagini, non credo sia un atto culturale, scientifico, coraggioso o fondamentalmente insopprimibile; meglio spegnere, abbracciarsi e piangere senza altri occhi indiscreti, senza mostrarsi agli altri e venire giudicati. Questa mattina ho fatto un poco di compagnia ad una persona di famiglia avanti con gli anni, stanca e vulnerabile, ormai incapace di difendersi o di decidere della sua vita, della sua esistenza e "nelle mani" dei dottori: da giovane tanto grintosa forte lavoratrice quanto ora abbandonata spossata disperata; come riprenderla nella quotidianità del dolore e della sofferenza, come poter pensare di condividere immagini di nosocomio scialbo e anonimo, in cui ogni creatura cerca sollievo alle sofferenze e parole di speranza e incoraggiamento?
 Che si facciano foto, video, autoritratti, scatti impensabili in qualsiasi posa o profilo, ma si lascino in pace la pena e le lacrime degli altri, che magari non possono neanche decidere se autorizzarne o meno la diffusione; riprendiamoci la nostra quotidianità, stiamo lontani dalle visualizzazioni che inquinano solo il nostro vivere affetti e amore, amicizia e confidenza. Vogliamo accrescere la nostra fama, raccogliere commenti, sfilare una reazione?
 Essere protagonisti non equivale ad un pollice recto, almeno non nella vita reale.

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