giovedì 16 febbraio 2017

COME QUANDO IL BANCOMAT

 Tutto era grigio, in quel paesello abbarbicato in alto, grigi i muri, grigi i tetti e grigi i volti delle persone, ma soprattutto buio il visino dei bambini: camminavano senza alzare lo sguardo, fissi gli occhi sui loro tristi macchinari dei giochi, sempre concentrati mai a briglia sciolta. No, i bimbi di quel paesello non si rincorrevano, non si nascondevano per essere cercati, non si bendavano gli occhi pensandosi un insetto. Gli adulti avevano serrato strette le ali della loro fantasia con quegli affari ultrapiatti, sempre in tasca, sempre carichi, sempre a portata di mano.
 Quei piccoli non sentivano mai il bisogno di riunirsi, di sedersi a cerchio e guardarsi negli occhi, parlarsi e confrontarsi: pensavano fossero tutti noiosi e quasi stupidi, nessuno interessante con cui dialogare, no meglio un avversario virtuale di cui non si conoscessero i lineamenti, i limiti e i successi. Solo numeri, una classifica e i trucchi per scalarla, un continuo mettersi alla prova, sfidare un altro giocatore dall'altra parte del mondo virtuale.
 Non sentivano il bisogno di riunirsi, perché i genitori non li avevano mai abituati a cercare i coetanei, a scambiarsi sguardi d'intesa, a lanciarsi occhiatacce per poi far pace, non era mai il momento della pace per loro. Non puoi fare la pace, stringere la mano del nemico se prima non avete litigato, non vi siete azzuffati, guardandovi in cagnesco.
 Proprio loro che erano un inno alla vita, alla gioia delle esperienze, loro fanciulli non si erano mai bagnati i piedi in una pozzanghera, chiudendo la bocca della fontanella con la mano e schizzando i vicini.
 Quei piccoli poi non frequentavano la biblioteca: i grandi l'avevano lasciata andare in rovina, non che non ci fosse un bell'edificio ampio e comodo nel paesello, ma gli adulti l'avevano sempre trascurato, evitato quasi snobbato, fino al momento di lasciarlo morire di inedia, di noia, di solitudine.
 Non era conveniente lasciar respirare la biblioteca, non si potevano spendere soldi inutili per il suo mantenimento, non volevano i grandi liberare la fantasia bambina, che chiede sempre e mette in difficoltá: piccoli cittadini controllati diventeranno grandi cittadini mansueti e poco riflessivi.
 I libri si potevano ancora prendere in prestito, ma solo in alcuni giorni stabiliti, per alcune ore: in fila, davanti ad uno sportello come in banca, digitando un numero, in silenzio. Ognuno poi con il libro infilato nella sporta di stoffa anonima, tornava a casa e s'immergeva nel suo volume, in cameretta, lontano da occhi indiscreti e commenti inopportuni: mai che un genitore prendesse in mano il volume per empatia nei confronti dei pargoli.

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