Festa di S. Antonio abate, doppio appuntamento per la benedizione degli animali domestici, domenica mattina nella piazza centrale del paese e il pomeriggio presso il convento di S. Eutizio frazione.
Avevamo già deciso di portare i pargoli ai due appuntamenti, per assistere alla festa e sopratutto per ammirare gli animali il più vicino possibile.
Sono cresciuta trascorrendo ogni estate in campagna, nella casa-fattoria del nonno paterno, a contatto diretto con le bestiole, invece i miei figli vivono in paese, in un appartamento, un po' signorini.
Nonno Angelo allevava le galline, che all'imbrunire dovevano essere convinte a rientrare nelle casette del pollaio, le pecore, che radunava con il suo potente fischio, le mucche nella stalla, cani da caccia e da guardia, gatti di tutte le taglie e colori, conigli, oche e papere, piccioni, tacchini e naturalmente maiali. Ho visto tosare, mungere, puntare una preda, macellare, governare, curare, ma sempre fuori casa, ognuno al suo posto; un animale era un animale, per noi nipoti anche un prezioso compagno di giochi.
Da qualche anno, a mio modesto parere, siamo andati un po' troppo oltre, stiamo confondendo ruoli e affetti e non sono d'accordo con chi mi confessa che sente un cane come un figlio, chi lo vizia con filetto magro e altre prelibatezze, lo fa dormire sul proprio letto.
Durante la festa pomeridiana, ha commentato bene padre Aldo, quando ha affermato che gli animali non possono essere accostati agli uomini avendo la sola anima ferina, ma di sicuro molti uomini si avvicinano di più alle bestie, in certi atteggiamenti animaleschi.
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