Questione annosa questa, in casa mia.
Quando si è in cerca di lavoro e la disperazione chiude lo stomaco, si pensa ad ogni possibile soluzione, lecita o poco lecita che sia. Non credo che esista qualcuno nel nostro Paese, che non abbia preso almeno una volta in considerazione questa eventualità.
Sono una partigiana della meritocrazia e sono fermamente convinta che i bravi un giorno trionferanno; intanto però lavorano di più i meno capaci, o comunque quelli che hanno le giuste conoscenze, gli agganci migliori.
La raccomandazione ci sta tutta, a mio parere, nel settore privato, dove un datore di lavoro deve assumere una persona qualificata, competente e si affida anche al parere e al giudizio di amici e colleghi, prima di valutare il curriculum. Si tratta di investire e guadagnare con il proprio denaro.
Invece nel pubblico no, esigo trasparenza, correttezza, concorsi puliti, nessun aiutino o spinta al momento opportuno.
Nel 2011 ho partecipato ad un concorso: non sono bastati la mia laurea con lode e il corso di computer, la commissione che mi ha esaminata, a suo insindacabile giudizio, ha valutato il mio orale appena sufficiente, mentre un neodiplomato poco sveglio ha raggiunto il massimo previsto. Alla fine del colloquio, quando il ragazzo si è alzato, l'esaminatore gli ha stretto la mano e gli ha chiesto di salutare papà.
Quando ti trovi davanti a questi fatti compiuti non puoi che raccogliere i tuoi effetti personali, tornare a casa e disperarti al telefono con una tua amica speciale e il giorno dopo riprendere a spedire curricula.
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