domenica 28 febbraio 2016

HO CONOSCIUTO UNO SCULTORE...

 Schivo, silenzioso, riflessivo, che parla a voce bassa, che non proclama, non spara sentenze e non minaccia la fine dell'arte, del bello, della validità del messaggio universale.
 Anzi, si dedica anima e corpo, spirito e mente al suo lavoro e crea, soddisfatto del suo arrovellamento alla ricerca della Forma.
 Al riparo da occhi e orecchie indiscreti, lontano dalla folla, dalla musica, dagli adulatori, nel chiuso del suo laboratorio in aperta campagna, elabora un progetto e vi si dedica in un lavoro matto e disperatissimo, nella certezza della sua Idea, della sua felice intuizione, per uno scopo alto, importante, impegnativo, coinvolgente.
 Plasma, modella, dà forma al ferro, gli dà anima e senso d'esistere oltre la materia, sicuro del suo Pensiero, concentrato sul risultato finale, tutto allora è in fieri, in divenire continuo, da vile metallo a materia d'arte, da spunto professionale a provocazione, da curve che si rincorrono a volti, mani, abbracci, corpi umani in cerca di riflessione.
 Arte, insomma, nella forma più pura di lavoro che nobilita ed eleva l'uomo al di sopra del creato, vicino agli dei.


Leopardi, dallo Zibaldone
"...perché in somma io mi sono rovinato con sette anni di studio matto e disperatissimo in quel tempo che mi s’andava formando e mi si doveva assodare la complessione. E mi sono rovinato infelicemente e senza rimedio per tutta la vita, e rendutomi l’aspetto miserabile, e dispregevolissima tutta quella gran parte dell’uomo, che è la sola a cui guardino i più; e coi più bisogna conversare in questo mondo: e non solamente i più, ma chicchessia è costretto a desiderare che la virtù non sia qualche ornamento esteriore, e trovandonela nuda affatto, s’attrista, e per forza di natura che nessuna sapienza può vincere, quasi non ha coraggio d’amare quel virtuoso in cui niente è bello fuorché l’anima..."







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