giovedì 21 aprile 2016

MA COME TI PERMETTI?

 Stavo pensando a quanto sia importante oggi nel nostro Paese il pezzo di carta, quel famoso pezzo di carta per cui ora certi genitori spenderebbero - e molti spendono -  anche i soldi che non hanno, fatto che ai miei tempi accadeva raramente, perché alla fine delle medie chi non era portato per lo studio procedeva verso un qualsiasi onorevole incarico.
 Il lavoro te lo puoi inventare? Una qualifica nasce solo dal curriculum studiorum o, come dire, te la costruisci sul campo?
 Dunque, chi sono io per pontificare da questo blog su chicchessia e solodiolosa?
 Non sono in crisi, anzi mi sento forte e combattiva, so quel che scrivo, ve ne faccio quotidianamente partecipi e, sembra, che se ne siano accorti in molti. Parlo, anzi digito col cuore prima che con la mente, se e quando sbaglio lo ammetto e lo riporto.
 Ma può definirsi questo un lavoro, un impiego, un'attività? Rispondo con un'altra domanda, pratica sbagliata, ma ugualmente mi sia permesso: "Perché no?".
 In effetti, trascorro gran parte delle ore diurne in sane e robuste attività, che mio marito gentilmente definisce C I A N C E, ma non lo sono, si tratta di scambi di vedute e di opinioni, scelte di posizione, spiegazioni, opzioni etc etc, che poi riverso per iscritto nelle ore notturne, alternando lavori intellettuali ai più semplici e onerosi lavori domestici.
 Vi sto scocciando?

Immagine: "Saltainmente" di Monari e Peluso

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