lunedì 25 aprile 2016

RAGIONIAMO DI GLOBALIZZAZIONE

 Premesso che non sono né una politicante né una filosofa, il tutto nasce da semplici considerazioni personali a seguito della visita al Festival dell'Oriente, grande macchina da soldi e apparenze e poca consistenza.
 Non mi sento cittadina del mondo, se questo significa non avere radici politiche, linguistiche o peggio rinnegarle;
rispetto ogni nazione, ma non mi immedesimo in nessun'altra;
mangio tutto e assaggio di gran gusto, ma quando cucino io, sono mediterranea;
non credo nella superiorità di un popolo rispetto ad un altro quanto a cultura-lingua-tradizioni-usi e costumi, ma pretendo rispetto profondo per la mia cultura, la mia lingua e la mia storia nazionale;
sono una donna italiana di scarsa cultura, limitata già dall'ignoranza delle lingue straniere;
rispetto la tua meditazione, il tuo Karma, il tuo idolo, la tua forza, il tuo dio, ma non chiedermi di rinnegare il mio o di non pregare davanti al crocefisso.

 Detto ciò, la globalizzazione è sentirsi occidentali in ogni parte del globo, capire l'inglese e restare connessi, vestire come il diavolo e usare carta di credito?
 Aiuto! Tutto il bello sta nell'ammirare la diversità della Cultura degli altri, rendere il giusto onore e rispetto, rimarcarne le divergenze e per questo stringere amicizia.
 Mi sento più vicina agli altri, più simile agli altri in Piazza San Pietro, ad ascoltare un omelia papalina, a prendere la comunione da un padre africano o da una suora polacca; tutto questo mi unisce di più, mi fa sentire più parte di un gruppo; la spiritualità e la mia religione mi accomunano e mi aiutano ad entrare in sintonia con gli altri, meglio di tanti fast food.


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