Incontro di parole e di emozioni oggi pomeriggio al corso di formazione dell'Istituto Comprensivo, aula magna della Primaria di Soriano nel Cimino.
La dottoressa Falzone questa volta ci esorta a riflettere e a prendere sul serio i sentimenti, gli stati d'animo, il malessere/benessere dei bambini che ci vengono affidati quotidianamente, per almeno cinque ore, da settembre a giugno: sta alla scuola, o meglio alle insegnanti monitorare l'alunno, educarlo alle regole del gruppo, contenerlo in caso di bisogno e formare la cosiddetta competenza emotiva, ovvero l'abilità di comprendere e gestire le proprie e altrui emozioni.
Ma andiamo con ordine, perché ogni incontro risulta sempre ricco di spunti, consigli pratici e suggerimenti, ma anche esortazioni al confronto sul campo: quali problematiche si riscontrano in aula, quali tecniche sono state utili, quali difficoltà si vivono ai colloqui con i genitori, quando è il caso di allarmare la famiglia, cominciare un percorso specifico di aiuto o quando invece sbaglia il docente nella propria convinzione errata.
Prima un rapido ripasso sui virus mentali, tanto per non perdere di vista da quali pensieri prende il via lo stato d'animo dell'alunno: si parte da un fatto anche semplice, insignificante, che però fa scaturire il ragionamento e di conseguenza la reazione e la somatizzazione del malessere.
I piccoli sono perfettamente in grado di "congetturare", cioè di aprirsi a raccontare cosa provano, cosa pensano e perché hanno reagito in un determinato modo in un determinato contesto.
Il grande compito degli adulti, in questo caso insegnanti di ogni ordine e grado - e siamo tutti chiamati in causa - è procedere alla ristrutturazione cognitiva, quindi chiarire il fatto, razionalizzare il dove e il quando, cercare spiegazioni, motivazioni senza sminuire il pathos né esagerare con il coinvolgimento, altrimenti si scade in altri pericoli.
Se il bambino sta ragionando in modo errato, va veicolato e ricondotto all'accettazione della realtà, a trovare strategie giuste per superare la crisi e, soprattutto, a capire di non essere al centro dell'universo ma neanche ai margini del gruppo classe o della famiglia.
La seconda parte della lezione, invece, è stata una rivelazione per me che adoro le parole e comunicare per iscritto: in quanti modi diversi possiamo definire il nostro stato emotivo? Si tratta di semplice rabbia, felicità e tristezza? Certo che no!
Per ogni emozione un lungo elenco di sinonimi, solo per sottolineare ancora una volta quanto sia complicato e allo stesso tempo meraviglioso il mondo di un bambino: non possiamo mica fermarci all'emozionato o all'euforico, all'agitato o annoiato, al cupo o al deluso...
Simulazioni, esempi concreti, casi particolari nelle nostre classi: quante difficoltà si incontrano lezione facendo? Il vocabolario deve essere arricchito, perché coraggioso non è colui che non prova paura, ma colui che affronta i pericoli e supera le avversità. Non esistono emozioni giuste o sbagliate, così come è fondamentale che si tiri fuori la rabbia, la frustrazione o il senso di inadeguatezza, perché una volta chiamato per nome il problema, una volta individuato sarà più semplice affrontarlo e superarlo, intervenire nel modo adeguato.
Le emozioni vivono dentro al bambino, ma anche al di fuori; esistono anche gli altri, si chiama prospettiva altrui: sentiamo noi, ma anche chi ci sta intorno, le parole per quanto fondamentali vanno comunque pronunciate in un certo tono, con una determinata modulazione, accompagnata dalla particolare mimica facciale.
Un altro intenso confronto, una prospettiva altra, un nuovo punto di vista quello della dottoressa: emozioni con un nome specifico e tante sfumature diverse, mai scontate.
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