"IMPRESSIONI DA MOSTRA-RE".
Quando un critico in erba sbarca alla Biennale Internazionale d'Arte
Contemporanea a Firenze.
Dopo poco più di ore di macchina sei catapultato nella città d'arte per
eccellenza, sotto quello stesso cielo azzurro e luminoso che fu di
Brunelleschi e Michelangelo. Entri nella Fortezza da Basso e ti immergi
in materiali, forme, colori, tanti colori che sono espressioni roboanti
del genio artistico globale. Hai così una panoramica mondiale dell'arte
contemporanea nelle sue molteplici realizzazioni; ci trovi di tutto:
creazioni pittoriche, scultoree, istallazioni, fotografia...
Inizi ad ammirare le tele lungo un percorso a destra e a sinistra, ogni
pittore ha avuto a disposizione circa 3 metri quadrati di parete, mentre
le opere tridimensionali "ti vengono incontro", le trovi davanti a te,
sul tuo cammino. Puoi assorbire così le emozioni di più di seicento
maestri di alto livello, di cui solo sessanta sono italiani. Alcuni ti
stregano, ti entusiasmano più di altri, tutti però hanno qualcosa da
dirti, un riferimento da evidenziare, un omaggio da onorare, un enigma
da proporti.
Molti sono gli artefici fisicamente presenti lì davanti alle loro
creazioni: ti guardano, cercano di captare ogni tua espressione del
volto, ogni parola che sia un complimento o un rifiuto e se sorridi si
fanno avanti e ti parlano, ti coccolano di spiegazioni su realizzazione
tecnica e cromatica, ma soprattutto di emozioni e di significati.
Trovi l'artista che ti interroga, perché vuole sapere che cosa vedi nel
suo quadro, come interpreti linee curve, punti e tratteggi in una festa
di colori. C'è una pittrice non più giovane che discute di meditazione e
amore, di una rete di energia che avvolge il nostro pianeta. C'è un
groviglio di fili metallici e tubi flessibili di colore rosso che pende
dall'alto, è accompagnato da un rumore ritmico costante di sottofondo:
un macro cuore umano che batte incessantemente. Conosci la giovane Anca
poliglotta artista romena già con un buon bagaglio di esperienze e di
pubblico, che espone tre tele con lo stesso soggetto: un bambino in
calzoncini che divora dolciumi. Ti spiega allora che si tratta del
fratello minore che adora, perché è naturale e spontaneo: cattura le sue
espressioni fanciullesche quando meno se lo aspetta con la macchina
fotografica per realizzare quindi tanti ritratti, poi però scopri con
disappunto che si intitolano tutti "Obesità infantile". Seduta in terra
l'artista francese continua a schizzare su piccoli fogli di carta i suoi
soggetti preferiti, profili di giovani donne dai capelli corvini, vedi
così realizzarsi in bianco e nero i nudi femminili policromi dei quadri
alle sue spalle.
Ancora, il bianco che non ti aspetti avvolge i ricordi della terra
sudanese, solo un profilo umano si staglia netto in primo piano, dai
colori non naturali ma convincenti. Mentre segui il tappeto blu ti fermi
a considerare quanto è piccolo il mondo, imbattendoti in un maestro del
Viterbese, Bigarelli, che ha nel cuore la calda e dorata terra africana
e presenta un ritratto di donna con due occhi neri che ti guardano
dritti nell'anima.
Inconfondibile emerge il "trittico" dai toni caldi, bruni e arancio di
Giuseppe Rossi, mio caro amico. Sono i tronchi e le cortecce degli
alberi della nostra terra e vedo per la prima volta "Il patriarca",
l'olivo secolare. Rossi ritrae questi particolari con molta maestria, con
grasse pennellate di colore, quasi materiche, che occupano tutta la
tela. Ti fermi davanti a questi quadri e rifletti sul trascorrere del
tempo, sull'importanza del nostro ambiente e soprattutto su questi veri
monumenti naturali che meritano tutto il nostro rispetto e la nostra
attenzione.
Trascorri così un'intera giornata in terra toscana tra questi capolavori
e ne esci inebriato, euforico e ti senti migliore.
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