Questa mattina una lezione di storia particolare, intensa ed emozionante a scuola, nell'aula magna davanti ai bambini delle quinte della primaria e davanti ai ragazzi delle seconde e delle terze della secondaria.
Un ragazzo, un ragazzo di novantatré anni lucido e commosso a ricordare la sua formazione, gli studi, le punizioni, il ruolo di macchinista e la resa alle truppe tedesche dopo l'armistizio: un susseguirsi di commozione.
Introdotto dalla docente Monica Lecchini, il signor Salvatore Federici classe 1925, in un elegante completo giacca e cravatta ha parlato in piedi per quaranta minuti ai nostri ragazzi assorti e presi dalle parole e dai ricordi di un uomo forte che ha pronunciato la promessa di testimoniare gli orrori della guerra e dell'internamento.
Un militare italiano in forza nella Marina del Regno, che insieme a tanti compagni più maturi di lui è stato catturato e trasferito in Germania: erano gli IMI, i traditori secondo i Tedeschi, tra gli Stalag in quanto sottufficiale.
Momenti concitati, ordini impartiti in tedesco, il rischio di essere giustiziato in caso di tentata fuga, la ricerca di un filo d'erba da mangiare, la pagnotta di pane da dividere prima in sei uomini, poi in otto per farli morire di stenti.
Non concetti astratti, non ideologie, ma la verità, le sofferenze e le lacrime di un uomo che ha rischiato di non tornare più ad abbracciare i genitori e quando è riuscito a rivederli pesava solo trentotto chili.
I documenti veri, che i ragazzi hanno ammirato a lungo: lettere, foto, il numero inciso sulla placca, per cui si veniva indicati una volta prigionieri, quando perdevi la tua identità e la tua storia, per trasformarti in un corpo spogliato, affamato e sofferente, la vista dei corpi senza vita di amici e nemici.
Accanto al signor Federici la figlia Simona che lo accompagna e lo sostiene nella sua testimonianza itinerante nelle scuole, nelle occasioni ufficiali perché le giovani generazioni capiscano l'importanza di vivere in democrazia, in una repubblica, in cui vige la libertà della persona.
Durante il racconto, il Signor Federici si è più volte commosso nel ricordare il padre convocato perché il figlio aveva oltraggiato il Duce con una battuta, rischiando di venir radiato da ogni scuola del Regno; nel richiamare alla memoria gli altri Italiani che non sono riusciti a sopravvivere nel campo; i corpi dei tedeschi che ha dovuto seppellire dopo un scontro.
Momenti atroci che ricorda con lucidità, date e nomi, immagini indelebili e da oggi testimonianza per gli studenti dell'Istituto, che alla fine della conferenza si sono alzati, hanno circondato Salvatore e gli hanno stretto la mano.
http://alboimicaduti.it/page/5/i-lager-degli-italiani
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