Quest'oggi ho incontrato la madre di un ex alunno, avrei voluto fermarla e chiederle notizie novità impressioni. Invece la signora mi ha guardata imbarazzata, un veloce saluto più ostico di un carbone ardente e si è allontanata, distante e scostante.
Mi ha raggelata, bloccata, ferita.
Capita qualche volta di raccogliere antipatie, di non risultare appropriata, di venire giudicata inadeguata, specie dopo un voto non propizio una valutazione decisamente bassa o non veritiera, secondo i familiari.
Avvengono scambi di opinioni, qualche rimbrotto, rimostranze ai piani alti, nella ferma convinzione di essere stati sottostimati.
Oggi però non sospettavo minimamente della signora, non immaginavo certo di meritare l'indifferenza di estranea, dopo la quotidianità scolastica, i colloqui, i collegamenti, i messaggi...
Eppure questo è capitato, neanche lo sguardo ha alzato, non mi ha guardata negli occhi ed è scivolata via.
E allora via alle mie infinite supposizioni, ai giri di parole, scuse e scusanti, ritornare indietro nel tempo per fermarsi a considerare dove avessi potuto sbagliare per meritare cotanto trattamento.
E niente, probabilmente voti e votazioni, non ho trovato altra via d'uscita, però.
Non svolgo bene il mio lavoro, non mi spendo abbastanza, non mi impegno, non sono una valida professionista, affidabile e convinta di quel che porto avanti? La reputazione, la gratificazione e l'educazione nei confronti della mia persona da cosa dipendono?
Quale delusione mai avrò causato io, quale colpa mi si addossa, quale reato dovrò scontare?
E pensare che per un attimo ho creduto di meritare una stretta di mano, una pacca sulla spalla, un grazie. E niente, forse mi aspettano altri lidi, potrei essere più fortunata.
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