Giovedì 18 aprile, Teatro San Leonardo di Viterbo gremito già un'ora prima dell'inizio, incontro per caso la mia amatissima professoressa del liceo e ci sediamo vicine per aggiornamenti, complimenti nei miei confronti - anche troppi prof! - e tante coccole culturali.
Attendiamo tutti Galimberti, che non si fa aspettare, puntuale ed elegante sale sul palco, si spoglia del giaccone e rimane in piedi; veloce presentazione di chi ha organizzato l'incontro, i dottori Schiralli e Mariani, che seguo da tempo con grande attenzione.
Dopo vari tentativi di illuminazione pubblico, perché il professore vuol guardare negli occhi i suoi interlocutori, si comincia con voce calma, rilassata, profonda.
Riporto alcuni stralci di intervento, che ha abbracciato tutti i gradi di scuola e formazione, rivolgendo anche rimproveri forti ai docenti, senza risparmiare il modo di reclutare chi ha il compito di formare il futuro: la scuola non ha bisogno di professionisti falliti, di chi fa il conto dei gironi mancanti alla pensione come la fine del servizio militare, di chi si accontenta di un magro stipendio sicuro però per tutta la vita.
Gli argomenti toccati da Galimberti sono molteplici e ben conosciuti: l'educazione dei bambini, sin dai primi istanti di vita, fino al dodicesimo anno, quando poi decade l'autorità genitoriale per le pulsioni sessuali. Quale il male più grande per i nostri figli? La mancanza di futuro, che certo aspettava i loro nonni alla fine degli studi, al momento della scelta di vita; ora i giovani laureati sanno che non troveranno facilmente lavoro per quello che hanno studiato, la banca non erogherà loro un mutuo senza garanzie.
La motivazione: non andiamo avanti perché qualcuno ci spinge, ma perché qualcosa ci attrae: manco lo scopo dice Nietzesche, manca la risposta la perché. Quando un giovane non ha interessi, nessun tipo di desiderio, chi gli ha ucciso il desiderio? Il desiderio è la mancanza che ti fa muovere a cercare l'oggetto, la soddisfazione di tale desiderio, ma se il bambino o il ragazzo ha già tutto prima, perché si dovrebbe dare da fare.
Educazione significa seguire i ragazzi nei loro processi evolutivi dalla pulsione alle emozioni, ai sentimenti: lo fa la scuola? No, anche perché le classi dovrebbero essere di 12/15 persone, non si può educare se non si segue ogni alunno.
Una volta la sessualità faceva la sua comparsa intorno ai quattordici/quindici anni, ora intorno ai dieci/dodici anche prima; la sessualità non si aggiunge alla struttura mentale e affettiva dei bambino, la comparsa della sessualità determina una radicale rivisitazione della propria visione del mondo, cioè è una roba mentale. Il problema non è insegnare la sessualità ai ragazzi delle medie - a parte che sanno tutto dal giorno che hanno il telefonino. Alle medie devi seguire che cambiamento ha la loro visione del mondo, educare è questo: vedere in che modalità ricompongono le idee, ricompongono la visione che essi hanno degli stimoli del mondo.
Freud, 1909, dice che la scuola deve fare qualcosa di meglio che indurre i giovani al suicidio, si vede che già allora andava come oggi! I ragazzi, a loro stessa insaputa, subiscono un lavoro psicologico pazzesco che consiste nel cambiamento radicale del loro modo di vedere il mondo. Gli adolescenti vanno spesso in crisi, parola greca che vuol dire giudico.
Bisogna consultare libri di antropologia culturale per vedere che in tutte le tribù primitive si distingueva il sacro dal profano, il puro dall'impuro, il totem dal tabù: queste cose vanno acquisite. I Greci avevano collocato nell'Olimpo gli dei che in realtà erano i rappresentanti di sentimenti e passioni umane: Zeus, il potere; Atena, l'intelligenza; Afrodite, la sessualità; Apollo, la bellezza, Ares, l'aggressività; Dioniso, la follia. Queste cose le impari, oggi non possiamo più ricorrere ai miti, ma abbiamo quei serbatoi dove puoi imparare quei sentimenti possibili e immaginabili in tutte le loro forme, invenzioni e declinazioni che si chiama letteratura, perché la letteratura dice cos'è il dolore in tutte le sue forme sia tragiche che malinconiche, ti insegna cos'è l'amore, la speranza, l'angoscia, la disperazione, il suicidio, la noia, la tragedia, lo spleen... Nelle scuole abbiamo bisogno di letteratura, non di computer.
Se hai poche parole, pensi poco non che il pensiero si serve della parola per esprimersi.
Raffaele Simone, dall'intelligenza sequenziale all'intelligenza simultanea. Sequenziale è quell'intelligenza che serve per leggere e per scrivere, come si fa a leggere? Si passa da sinistra a destra, poi a capo, di nuovo da sinistra a destra. In questo passaggio continuo succede che fai lavorare il cervello in una maniera pazzesca e velocissima, il quale cervello è costretto a tradurre un segno grafico in un'immagine. Simultanea: quando guardi un quadro con un colpo solo lo vedi. Oggi non abbiamo più l'homo sapiens, abbiamo i ragazzi videns, che sviluppano solo l'intelligenza simultanea, quella sequenziale no.
Un fiume in piena di esortazioni a mettersi in gioco con i ragazzi, ricorrendo anche a corsi di teatro per accattivarseli, se serve ad appassionarli alla Divina; non punire, ma andargli incontro, stimolarli alla curiosità di imparare, di conoscere, di crescere, i ragazzi amano il docente prima ancora della materia, si ricorderanno per sempre di chi li ha fatti innamorare: perché come afferma Platone "la mente non si apre se prima non si è aperto il cuore". Empatia da ritrovare, da non dimenticare, da esprimere proprio come i bambini piccolissimi che piangono se l'amichetto a fianco piange, che da grandicelli gli portano caramelle o lo abbracciano per farlo calmare.
E in tutto questo discorso ho avuto al mio fianco proprio quell'insegnante che mi ha permesso di appassionarmi alla parola, alla letteratura, alla lettura...