Ci siamo, in aula magna, tutti armati di portatile, ognuno stravolto a suo modo dalle corse, dal pranzo veloce, dalla lezione lontano; qualcuno ostenta sicurezza, qualche altro mostra un'espressione placida ma guardinga. Tutti pensiamo allo stesso modo: siamo davanti ad una potenziale figuraccia, magari si scrive qualche stupidaggine e tutti se ne accorgeranno.
Si tratta di una lezione particolare per potenziali insegnati che di fatto ogni mattina entrano in classe per espletare il proprio compito, praticamente i precari, col contratto a termine che viaggiano da un capo all'altro della provincia da diversi anni, su più fronti.
Dopo un primo incontro pomeridiano chiarificatore con le Presidi in cattedra a sollecitare e consigliare, l'appuntamento con le parole scritte è arrivato: mettiamoci in gioco, produciamo; bisogna concretamente elaborare per iscritto cosa si intende trasmettere del pensiero di un poeta, quali metodologie usare per illuminare le menti, quali percorsi intraprendere per essere civili, quali libri consigliare per una lettura di pari opportunità.
Bene, ma non benissimo.
Attenzione a scrivere con la tastiera, non pigiare qualche tasto sbagliato che poi il testo scompare, dosa bene il tempo, perché 125 minuti per cinque quesiti volano, specialmente se poi devi tirare fuori dal cilindro una UDA interessante e originale, accidenti a me!
E poi il blocco...un attimo di smarrimento sui volumi da consigliare a tema, il vuoto. IO che di mestiere dovrei conoscere e argomentare, per una frazione lunghissima non sono riuscita a visualizzare alcun titolo interessante, capita.
E allora si consegna, anzi si invia il modulo, senza tanti ripensamenti.
Ora si attende la correzione collettiva, punti forti e meno forti della prova, prima simulazione andata.
E a fine serata arriva il messaggio della destinazione, regionale, puntuale, lontana, agognata ma temuta. Che il Cielo ci assista, che il Covid giri alla larga e che il giorno sia straordinario.
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