domenica 5 febbraio 2023

L'INTERVENTO DI VALENTINO D'ARCANGELI: SEMPLICE, COMPLETO ED EMOZIONANTE

  Valentino D'Arcangeli mi ha affiancato in questo pomeriggio tanto importante per me quanto difficile in Biblioteca Comunale con un suo discorso ricco di ricordi, emozioni e notizie storiche precise, accurato come solo lui può essere.

 Trascrivo in questo articolo le sue parole per ringraziare lui e i suoi figli della vicinanza che sempre mi hanno dimostrato, vicinanza e affetto che vanno ben oltre i miei meriti.

Educare deriva dal latino, e-ducere, tirar fuori, vale a dire tirar fuori dall'educando le sue capacità e la sua personalità, ossia favorirne lo sviluppo, senza forzature e condizionamenti, conformemente alle sue potenzialità, indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche di appartenenza. I principi educativi che ispirano i criteri indicati per la Scuola Elementare e per il successivo triennio scolastico dell'obbligo sono stati emanati con decreto dallo Stato italiano nel 1955, il cosiddetto Decreto Ermini, li ritroviamo in don Milani e nella sua Scuola di Barbiana.

 Il Liceo Classico di Viterbo è una scuola glorioso, intitolato a Mariano Buratti giovane e bravo professore di filosofia nello stesso liceo. Fu il primo ispiratore della Resistenza viterbese contro i nazisti, subito dopo l'8 settembre '43. Arrestato a Roma presso Ponte Milvio, all'alba del 12 dicembre 1943 fu condotto nel carcere di via Tasso, torturato e, infine, fucilato, verso la fine del gennaio 1944. Chi ci tramanda le notizie di questo eroe viterbese è un altro grande professore suo collega al Liceo, professor Bruno Di Porto, autore del volume "La Resistenza nel Viterbese"  (1977) che Valentino ha avuto l'onore di conoscere fuori dall'ambiente scolastico.

 Valentino, classe 1932, ha frequentato il Liceo classico - sebbene non fosse né secchione né bravo, afferma lui - ma poi, senza nemmeno "fare" l'università ha subito deciso di prepararsi da solo a sostenere l'esame di Abilitazione Magistrale, sperando di trovare subito un lavoro: si è diplomato il 17 luglio 1955 ed ha iniziato a lavorare come insegnante il primo ottobre dello stesso anno, senza nessuna successiva interruzione fino al pensionamento.

 Ai tempi di Valentino il Classico era una scuola rigida, severa e selettiva riguardo al merito, ma chi lo frequentava era visto dai coetanei con ammirazione ed invidia, quasi fosse una sorta di mostro sacro. Valentino vi era stato indirizzato dai professori delle Medie, che lo ritenevano particolarmente idoneo a studi umanistici, ma in realtà si accorse subito che il latino e il greco erano scogli duri da superare, mentre eccelleva in matematica, fisica, chimica e scienze biologiche. Comunque, ha tenuto duro.

 Le aule scolastiche, nel vecchio edificio in Piazza Dante, non erano dotate di termosifoni. Esistevano, sì, delle stufe a legna, ma le loro canne fumarie uscivano direttamente da buchi praticati nelle finestre, e, quando c'era del vento, il fumo rientrava tutto all'interno dell'ambiente, costringendoci a spegnere la stufa e ad aprire le finestre stesse per cambiare aria: eravamo così costretti ad indossare cappotti e guanti. Fin verso il 1950 le cosiddette "visite di istruzione" si facevano a piedi. Le mete erano: le rovine di Ferento (9 km all'andata ed altrettanti al ritorno), la Villa Lante di Bagnaia (5 Km), l'Abbazia cistercense di San Martino (7 km). Solo più tardi si effettuò una visita a Civita Castellana e alla rovine di Faleri col trenino della Roma Nord e , ancora, un viaggio in autobus ad Orvieto. Infine, solo in terza liceo, il professore di italiano organizzò, per la sola classe, una visita a Siena, con un pullman, che fu richiesto a Valentino di prenotare presso la Ditta Ferri di Soriano.

 Valentino "ripetentaccio" finì con l'essere uno dei più grandi allievi della scuola, perciò quando c'era da prendere qualche iniziativa particolare gliela affidavano sempre; una volta fu incaricato di effettuare una raccolta-fondi per gli alluvionati del Polesine ed entrando in una quarta ginnasio si alzarono di scatto tutti gli alunni che non lo conoscevano e lo avevano scambiato per un professore.

 Valentino riconosce la bravura dei suoi professori che hanno saputo coinvolgerlo attivamente nelle lezioni: in prima liceo la professoressa di scienze naturali gli aveva parlato dei vari tipi di foglie esistenti in natura, Valentino raccolse nel suo giardino e nei dintorni campioni vegetali, li incollò su dei cartoncini scrivendo sotto a ciascuna foglia il tipo di appartenenza e li portò a scuola, con grande soddisfazione da parte dell'insegnante, che poté mostrare dal vero quanto spiegato e mostrare gli esempi anche agli alunni della classe parallela. Dopo la spiegazione dei principi del funzionamento del motore elettrico da parte del professore di matematica e fisica, Valentino costruì a casa in fretta e furia un rudimentale motorino elettrico, che ancora conserva, e ne esibì il funzionamento nel laboratorio scolastico supervisionato dal docente stesso. Sempre in terza liceo il medesimo insegnante, per dimostrare la concretezza della trigonometria piana che ha delle applicazioni pratiche si fece prestare un tele-goniometro a lettura ottica dell'Ist. Tecnico per Geometri, condusse gli studenti sulla collina non ancora urbanizzata Le Casermette, piazzò lo strumento e invitò gli alunni ad effettuare alcune rilevazioni ottiche  e a calcolare le distanze esistenti tra loro e i monti umbri e tra i monti stessi, applicando ai dati rilevati le conoscenze teoriche di trigonometria dei giovani. Tornati a scuola il professore per dimostrare al preside che gli alunni avevano appreso qualcosa di importante chiese proprio a Valentino, che si era dimostrato particolarmente interessato, di stendere una breve relazione di quanto sperimentato, con allegata soluzione del problema di misurazione effettuata. Valentino, presuntuoso e fanatico quale era, a casa costruì un rudimentale tele-goniometro in compensato, col mirino costituito da un semplice forellino praticato su una strisciolina di latta. Inerpicatosi sulle pendici del Cimino effettuò alcuni rilevamenti in maniera ancora più complessa del mattino, con vari calcoli trigonometrici. Nella successiva lezione di matematica ebbe, dice sempre Valentino, la sfacciataggine di esibire al professore il suo rudimentale strumento e lo svolgimento dei problemi.

 Un ricordo particolarmente doloroso, si stavano effettuando delle riparazioni al pavimento della scuola, Valentino non ricorda bene l'anno. I muratori avevano lasciato un piccolo tratto dell'impiantito privo di mattonelle, ma non avevano ritenuto necessario transennarlo, perché il sottostante solaio sembrava integro. Uno studente di Vignanello, durante la ricreazione, vi passò sopra. Inaspettatamente il tratto di solaio cedette e il ragazzo precipitò nel piano inferiore dell'edificio, morendo sul colpo. Naturalmente, nel giorno in cui si svolsero i funerali, fu proclamato il lutto per tutto il Liceo e non si tennero le lezioni, ma tutti quella mattina si ritrovarono a Vignanello spontaneamente e senza alcun preavviso, quasi inquadrati militarmente: preside, professori, alunni, tutti raggruppati secondo la classe di appartenenza. Grande lo spirito di fraterna solidarietà che aleggiava nel piccolo Liceo Classico di Viterbo: uno per tutti, tutti per uno.

 Grazie Valentino D'Arcangeli ogni tuo intervento un grande tesoro per chi ti ascolta.

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