Sabato pomeriggio appuntamento a Ronciglione per iniziare ad organizzare l'evento, sono emozionata e preoccupata: mi si chiede una grande partecipazione e un impegno che non sono sicura di onorare. Ci sediamo ad un tavolo, carta e penna a portata di mano: ognuno propone la sua, idee tante che richiedono tempo e fondi adatti, si comincia dal materiale pubblicitario, relazione e poi inviti. Bene, molto bene: lavoro avviato, nero su bianco, così le intuizioni si trasformano in parole, quindi in movimento e lavoro per tutti, scultore in primis naturalmente.
L'artista ha un grande ardore, quel furor che lo spinge ad intere giornate di lavoro, perché il progetto è impegnativo e ambizioso, un entusiasmo che non mi capita di incontrare spesso, perché gli adulti sono sovente spenti, stanchi, appagati dalla agognata pensione e riflessivi. Non tutti evidentemente, ho la fortuna di essere stata ingaggiata da uno bravo e ancora non pago delle sue sperimentazioni artistiche, fortunata io.
Mi dimostro un poco intimorita, tentennante, indifesa direi, perché temo di non essere all'altezza, magari non soddisfo le aspettative, realizzando solo un flop. Invece...
Invece raccolgo complimenti e parole di incoraggiamento, di stima e soprattutto mi si incita alla lotta, cioè all'affermazione della mia personalità e delle mie capacità. Perché per impormi, ricevere importanza, devo dimostrarmi io convinta di quanto valgo, sicura del mio talento.
Chi l'avrebbe mai detto, in terra oltremontana cotanta soddisfazione!
Anche amici e parenti mi incoraggiano e si complimentano, ma ho sempre pensato che fossero troppo buoni e magari troppo di parte, mi vogliono bene, non possono essere imparziali!
Che sia veramente la volta buona?
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