Parolona, abusata in questi giorni di campagna elettorale: come se per guidare una nazione, e che nazione, bastasse saper comunicare, tenere il microfono davanti ad una folla oceanica festante e sventolante bandierine, spararne di grosse, sempre più grosse, ammaliare l'elettore medio e convincerli tutti di essere nel giusto, di lavorare per il bene del popolo e di avere come unico obiettivo la felicità nazionale... Chi mi ricorda? Mi ricorda più di qualcuno, historia magistra vitae...
Comunicare, cosa significa? Siamo nell'era della comunicazione, praticamente comunichiamo al mondo ogni nostra mossa, decisione e pasto consumato, giorni di partenza e ritorno, ciclo, ritardo, controlli...
C'è chi comunica con uno scatto, chi con un disegno, un olio su tela, un acrilico, chi con una scultura, chi a gesti, chi riesce con il corpo e chi con le parole senza fronzoli: il punto non è lanciare il messaggio, tutti lo facciamo, il punto è farsi capire e trasmettere emozioni, quelle giuste.
Chi tiene una conferenza può parlare per ore e non seminare niente nella testa di chi gli è seduto di fronte; chi conosce tutte le regole grammaticali di sintassi non è detto che lasci la scia di conoscenza ai suoi piedi; ci vuole ben altro per emozionare, scaldare il cuore, muovere a riflettere, accendere la fiamma del pensiero e il lume della ragione.
Beato colui che non passa inosservato, colui che sa cogliere le sfumature dell'animo umano e far scendere una lacrima lungo la guancia; beato colui che viene ricordato per i suoi versi immortali, colui che scatena brividi con i suoi colori; beato chi sa riprodurre un tramonto per sempre; beato chi scrive una domanda e suscita una risposta; beato chi ama e fa amare.
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