Dunque, si parte al mattino presto, al primo chiarore pimpanti perché dedicarsi a qualcosa che interessa, coinvolge, corrisponde al tuo sentire è fonte di energia e positività.
Poi lungo la strada che porta anche alla fermata dell'autobus offri un passaggio a chi sta a piedi, on ritardo, si affretta ad arrivare alla coincidenza.
Bene, parole di saluto e qualche semplice considerazione sul meteo, di solito.
Invece ieri mattina ho offerto un passaggio ad una signora già un poco accigliata, innervosita e sul piede di guerra contro l'azienda dei trasporti, i ritardi, i ragazzi che per raggiungere il capoluogo e quindi le scuole superiori viaggiano in piedi, ammassati, stretti stretti.
Non c'è rispetto, non c'è religione, non ci sono più le mezze stagioni...Poi abbiamo anche rallentato fino a fermarci per aspettare il ritiro del riciclo, consistente e pesante, del vetro. Apriti cielo, contro chi non si sbriga, svolge il proprio lavoro per passatempo senza riguardi per chi invece non ha tempo da perdere e altre simili figure retoriche...
Ho assorbito il pieno di negatività, l'ansia e l'agitazione della signora tanto da rimanere con il broncio e l'espressione corrucciata per tutto il tragitto che mi ha portata a scuola. Non si fa.
Abbiamo bisogno di parole serene, distensive, positività, guardare il lato ottimista, il bicchiere mezzo, la gioia di ciò che possediamo o otteniamo con i nostri sforzi giornalieri.
Lamenti, querule, lacrimuccia, piagnistei, vibrazioni negative, ma come ci ridurrebbero? Per fortuna che lavoro con i ragazzi, semplici immediti e spontanei, anche nel descrivere i loro bisogni. Diretti ma felici.
O sbaglio?
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