Discorso serio, argomento sentito, discussione aperta; ne parlavo con la mia amica Francesca: cosa scegliere, quale opzione privilegiare, il lavoro che non ci piace ma ci fa stare tranquilli o la passione sofferta ma soddisfacente?
Certo che in tempi di crisi, quando il lavoro scarseggia non possiamo atteggiarci a sofisticati, insoddisfatti ed eterni mantenuti a scopo culturale, se il lavoro c'è si mantiene, si accetta il sacrificio, si abbassano le penne e non si sputa nel piatto in cui si mangia, dice un vecchio adagio.
Si accettano le condizioni, si accetta il capo, si accetta il triste stipendio che però ci permette di tirare il carretto familiare, pagare il mutuo, qualche cenetta, lo sport dei pargoli e qualche giro per i saldi.
Non possiamo certo attendere il principe azzurro del lavoro dei nostri sogni, non possiamo aspettare la manna nel deserto, non possiamo accontentarci di qualche comparsata: il mutuo, l'assicurazione, i lavori condominiali, le scarpe...
Accidenti, conciliare l'idea e la realtà, il sogno e la vita quotidiana non è certo semplice, a nessuno piace sentirsi il fantozzi della situazione, ma allora dovremmo rinunciare ai nostri sogni?
Chi ha solidi sogni si alza in volo, al di sopra degli altri.
Allora?
Come crescere i figli? Nel sogno e nel desiderio o nella solida realtà e concretezza?
A me piacerebbe vivere delle mie parole, parecchio, non lo nego, però sembra che interessino a pochissimi quando sono a pagamento...
Ho la grande fortuna di aver trovato un lavoro precario, ma statale, che per molti non sarà la fine del mondo, ma a me piace, mi soddisfa, mi aiuta a sentirmi importante ed utile e questo non è poco (ora sono nella fase nella nullità, ma questo è un altro articolo!).
Qualsiasi occupazione nobilita l'uomo, qualsiasi impegno lo eleva all'attenzione degli altri, altrimenti resta in disparte, discosto, inutile al benessere suo e dei suoi cari.
In attesa dell'evolversi della situazione, in attesa di un ricco committente, editore o giornalista che si accorga del mio talento, mi arrangio, mi arrabatto e chiedo venia delle mie chiacchiere notturne, a voi miei cari e affezionati lettori.
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