domenica 14 maggio 2023

INTELLIGENZA ARTIFICIALE, MI SOSTITUIRÀ?

  Il peggiore degli scenari: niente più scuola in presenza, nessuno a cui chiedere un consiglio o un parere, nessun esperto o luminare che spieghi e prescriva la scelta migliore. 

 Già nel 2020 abbiamo assaporato questa amara quotidianità: mail, fotocopie, video, filmati che hanno sostituito il contatto diretto e immediato, un freddo rapporto che si poteva interrompere con un pulsante, un filo staccato, la connessione saltata. File eliminate, solo richieste via rete e tanta solitudine, si ordina da un elenco precostituito e si paga con la mossa di una mano. Non serve altro. Pure la ciccia sintetica, dicono.

 Potrei essere soppiantata da un qualsiasi programma creato appositamente per fornire risposte, che racchiude tutto lo scibile ed è immediato? Potrei essere meno affidabile di un resoconto preciso e puntuale di una cronaca giornaliera? Potrei diventare obsoleta, giurassica, antidiluviana nel lessico, nella conversazione, nella trasmissione dei saperi?

 Io in classe mi commuovo sempre quando parlo di Sacco e Vanzetti, quando ascoltiamo Morricone, quando vediamo la scena del funerale di Peppino Impastato. Seleziono le notizie della rassegna stampa, mi scaglio contro i tifosi violenti e razzisti, recensisco i libri che leggo per convincere i miei alunni a conoscerli: potrei essere meno importante di un futuristico modo di insegnare?

SÌ, purtroppo. 

 Per fortuna che c'è Galimberti a ricordarci che:

"Questi ragazzi bisogna educarli al sentimento per evitare l’analfabetismo emotivo: la base emotiva è fondamentale per distinguere tra bene e male, tra cosa è grave e cosa non lo è. E bisogna farli parlare in classe. Il linguaggio si è impoverito. Si stima che un ginnasiale, nel 1976, conoscesse 1600 parole, oggi non più di 500. Numeri che si legano alla diminuzione del pensiero, perché non si può pensare al di là delle parole che conosciamo. E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero”.

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