Domenica mattina presso Palazzo Chigi-Albani, sala conferenze al primo piano, nell'ambito di una rassegna di archeologia e fotografia, il primo appuntamento è con Valentino D'Arcangeli, lo studioso del nostro territorio, il conoscitore assoluto di ogni aspetto della vita del Paesello.
E Valentino non delude mai: ottanta minuti circa per narrarci i cambiamenti, le conquiste, i luoghi di culto e di lavoro, le abitudini dei compaesani nel corso del Novecento, dalle lampade a petrolio, alla ferrovia, dalla villeggiatura ai lavatoi pubblici; la prima notizia però riguarda la sua età e la sua memoria: ottantasei anni e mezzo e qualche giorno, piccole difficoltà fisiche, meglio spostarsi con il bastone.
Alcune immagini sono commoventi, come le donne e le bambine impegnate nel lavare i panni nella struttura comunale; gli spazzini che all'occorrenza diventavano becchini per il trasporto dei morti; la distruzione del bombardamento del '44; altre sbalordiscono per la fitta vegetazione che ricopriva i declivi della collina, gli animali da soma usati per arrivare anche nei punti più impervi e in tante occasioni che oggi sono sparite; altre ancora smuovono la curiosità come le notizie sui servizi igienici e l'etimologia di alcuni vicoli.
Grande interesse riesce sempre a suscitare Valentino, per la passione che mette nella ricostruzione, nella ricerca e nell'impegno a tramandare notizie, fatti e testimonianze; studiare la storia, conoscere il proprio passato non solo ci offre fondamenta salde da cui partire, ma anche la chiave di lettura per affrontare il futuro. Se esistono certe realtà, se ci confrontiamo ogni giorno con una determinata mentalità, c'è una spiegazione storica, c'è un preciso punto di partenza e di sviluppo.
Conoscere chi siamo stati, come vivevano i nostri bisnonni, come affrontavano le difficoltà quotidiane, non può che arricchirci come persone e come cittadini; solo conoscendo il valore di ciò che ci circonda potremmo mantenerlo e tramandarlo, altrimenti il rischio sta nel sottovalutare, nel dimenticare, nel perdere identità.
E la colpa sarebbe solo nostra, non di chi arriva dall'esterno.
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