giovedì 18 dicembre 2014

QUO VADIS?

Questa mattina mi sono fermata a chiacchierare con il mio amico pittore, adoro questi momenti spiccioli di riflessione filosofico-artistica, discorrere con uno del mestiere ti svela sempre lati oscuri dell'arte. Si è partiti dal museo di Burri a Città di Castello per arrivare a noi, poveri paesani. Burri, così come Fontana e Piero Manzoni, ha avuto quell'idea geniale, quel tocco intuitivo, per cui da semplice e sconosciuto artefice si è trasformato in artista di fama, più o meno mondiale poi è da vedersi.
 Cosa determina la differenza di valutazione, quale giustificazione trovare per spiegare tanto successo e tanta notorietà? Addirittura Piero Manzoni intendeva sbeffeggiare i suoi contemporanei, i critici blasonati con le sue realizzazioni e invece proprio per le sue provocazioni è diventato famoso.
 Dove intende arrivare un artista quando si arrovella per concretizzare l'idea che frulla nella sua mente?
 Il mio amico è favorevole ad un percorso artistico tracciabile, come un continuo cantiere in fieri lo stile e la tecnica dell'artefice si evolvono, tendono ad una meta "irraggiungibile", nel senso che il miglioramento e la sperimentazione sono continui.
 Però c'è chi si ferma, chi addirittura regredisce. Si tratta di artisti un tempo innovativi, all'avanguardia che poi si adagiano o addirittura si arrendono. Diventano, per dirla con un termine forte, commerciali, qualunquisti e si accontentano di vendere.
 Mio compito, in quanto critica d'arte, sarebbe quello di denunciare le croste, le ripetizioni, la scarsa tecnica. Magari avessi la capacità intellettuale di farlo!
 Chi ha ragione? L'artista che procede diritto per la sua strada e cerca di imporre il suo modo di lavorare e innovare o colui che pur di rimanere sulla cresta guarda anche al passato?









Nessun commento:

Posta un commento