Ed io che sono nata a Piazza Macello, cresciuta al Pisciarello e quindi mi sento sangiogese, non posso che applaudire e rendere onore alla Nobile.
Non tornavo al Campo Giannotti da tanti anni; me lo ha chiesto il piccoletto che non aveva mai assistito alla disfida: solo noi due e tutto un fiume di persone dalla piazza al campo, cavalli e cavalieri, tamburi e chiarine.
Giro e tiro con l'arco di prova, tre possibilità ognuno, ma non c'è stata storia e quando Simone Montanari dalla regia chiedeva il silenzio si formava come un unico respiro d'attesa, un lungo trattenere il fiato di trenta secondi scarsi, contare gli anelli strappati all'asta e gioire, applaudire all'unisono.
Perché è un giovane sorianese, poco più che ventenne.
Perché è figlio d'arte e il padre ha spesso dominato, anche se con altri colori.
Perché ama il suo cavallo, lo accarezza, ci parla e insieme vincono in modo naturale.
Perché non sembra un galoppo, ma un soffio di vento e un'onda amaranto.
Perché si dedica con amore alla sua passione, la coltiva da sempre e riesce in modo naturale ad affrontare la pista.
Perché gareggia in modo onesto, cerca la vittoria e poi torna dietro le quinte a smaltire l'adrenalina.
Perché è un piacere vedere come lancia il cavallo alla conquista del terreno.
Perché alla partenza il padre gli porge l'asta e gli ricorda gli ultimi avvertimenti e il ragazzo ascolta, va e vince.
Perché la passione si tramanda, si trasmette, si insegna e si impara, ma senza la costanza e l'esercizio non arriva nulla.
Perché chi vince il Palio è il migliore e Fabio lo dimostra da quatttro anni a questa parte.
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