Intanto devo confessare di essermi presentata in ritardo, rispetto all'orario scritto sull'invito, per improrogabili impegni familiari; invece non era ancora cominciato nulla, quindi non posso bacchettare nessuno per la lunga attesa, colpevole anche io.
Poi sono partita da casa con quel preconcetto paesanotto di difficoltà di ascolto e comprensione, timorosa di non essere all'altezza intellettuale di certe espressioni; invece mi sono dovuta ricredere alle prime battute profonde, interessanti ma semplificate per i comuni mortali come me. La diffidenza ha lasciato il posto al piacevole ascolto, all'omaggio alla natura descritta in soli tre versi per un totale di diciassette sillabe di haiku, poesie giapponesi. Tali opere, brevissimi componimenti che non pongono l'accento sull'io poetico al modo occidentale, sono pennellate corpose che delineano un'immagine ben precisa, quella della realtà colta dall'autore.
Gli interventi degli intellettuali sono stati puntuali, incisivi, commoventi in alcuni casi, come la lettura di un brano tratto da "Il sesso inutile" di O. Fallaci e la seguente dissertazione su usi e costumi coercitivi di alcune popolazioni in tutto il mondo.
Per ben due volte abbiamo ascoltato un brano celtico, eseguito con un'arpa celtica; meraviglia anche le poetesse-scrittrici-attrici dalla voce potente.
Ancora una volta un incontro speciale a Palazzo Chigi, complice la mostra in corso Dissimilitudini, un incontro tra arti diverse, ma unite nell'intento di acutizzare il sentire umano, di coinvolgere i sensi, tutta l'umanità in soli tre versi, poche parole, qualche nota, un'immagine.
Anche il pubblico, profano, è stato invitato a leggere dei componimenti, scritti da studenti della scuola dell'obbligo, edotti e appassionati dopo un progetto scolastico.
Da brividi e qualche lacrima.
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