Martedì, piove, lo sapevo che sarebbe andata a finire così... E invece?
Avrei volentieri passato il mio giorno libero in compagnia del cambio corredo, aria profumosa per casa, di fresco e bianco pulito, anche a basse temperature, magari scaldata dai vapori roventi di quel ferro che mi intriga sempre più.
Avrei potuto godere della fresca corrente delle finestre aperte sul mondo del quartiere, di giorno praticamente regno dei cani lasciati a guardia delle case vuote, qualche vecchietto che passeggia, le solite macchine sempre di corsa, che ti salutano con un colpo, o ti voglio scansare?
Avrei visto i raggi del sole entrate attraverso le macchie di calcare dei vetri, coperti dalla tendine ferme e buone, che tanto coprono e aiutano lo spirito.
Avrei anche dedicato qualche minuto alla conversazione balcone a balcone con le arzille vicine, quelle che ti tengono d'occhio e non ti lasciano andare se prima non hanno terminato l'interrogatorio.
Avrei speso qualche minuto in più a controllare a luce radente la polvere posata sui mobili, accumulata, perseverante, cocciuta ospite indesiderata dalla libreria agli armadi, dagli scaffali ai lampadari, in un giro vorticoso di stracci, spruzzo e tecnica-pulisci-termosifoni.
Pace, ho impiegato il tempo in commissioni per il dolce maritino, lavoretti imprescindibili da denaro liquido e figli da accompagnare da nord a sud e ritorno.
E i dolci?
Quelli li mangio, caldi caldi appena sfornati da Tatina e la nonna, santa donna!
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