Con questo semplice mio scritto notturno non pretendo certo di definire e chiudere un argomento tanto vasto quanto relativo al sentire di ognuno di noi, però come al solito conto di suscitare una piccola riflessione corale.
Il discorso è nato con mia sorella e mia madre: ognuna con un proprio punto di vista, ognuna con una spiegazione. Mia sorella afferma di non provare invidia per nessuno, si sente appagata e soddisfatta di ciò che è e di ciò che possiede, in ciascun ambito pubblico e privato.
Invece io devo confessare che provo disagio in determinate situazioni di mancanza o inferiorità: la teoria come sempre è chiara e lineare, poi nella pratica scado nel peccato! Lo confesso, non provo certo invidia per un guardaroba sterminato, per le macchine lussuose o per gioielli da capogiro, ma di una certa regolarità e tranquillità familiare sì, benevolmente si intende, ma anch'io soffro per una situazione che ho vissuto per tanti anni e che ora i miei figli non vivono, come la mancanza di mio padre/nonno, una campagna in cui scorrazzare e sporcarsi di fango, amici a quattro zampe liberi di correrti dietro...
Ogni uomo ha la propria storia, la propria strada da percorrere, meglio non guardare il tragitto altrui, la teoria la conosco, però...
Poi c'è il rovescio della medaglia: le energie negative - come le definisce mia sorella dopo il corso Yoga - che ti sfiniscono, ti esautorano, di chi ti guarda storto per qualcosa che ti contraddistingue e ti caratterizza rispetto alla massa, di chi ti considera beato per qualcosa in più, di cui magari neanche ti rendi conto, in fin dei conti.
Strana la vita!
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